giovedì 30 settembre 2010
I loro piani per il sabato sera
mercoledì 29 settembre 2010
Comunque
giovedì 23 settembre 2010
Downwards is the only way forward
La cosa bella di un film come Inception è che sembra pensato e realizzato con lo scopo di ricordarci che il cinema è una figata totale, che ci si possono raccontare storie con una forza che solo lì, solo con quei mezzi e solo con quelle tecniche produttive.
Poi sì, ci sono tutte le riflessioni a proposito di realtà, sogno, ricordi e desideri in una misura tale che Calderon de la Barca in confronto era un povero scemo. E ci sono ottime scene d'azione, c'è una colonna sonora impeccabile e c'è un montaggio che ti catapulta qua e là senza mai strapparti via. E c'è Leonardo DiCaprio che sparisce nel personaggio, e c'è Ellen Page che funzionerebbe anche se recitasse male. E c'è l'idea abbastanza lynchiana di legare una vicenda gigante e profonda a un semplice oggetto di valore simbolico.
Però la cosa migliore è che quando finisce, mentre sei lì a cercare di capire un finale ********* e §§§§§§§§§§, quando finisce dicevo, da qualche parte ti esce una frase tipo "Una roba così, solo al cinema la puoi vedere."
C'è un botto di roba dentro Inception, e quando scopri che Christopher Nolan ha 40 anni, sorridi pensando alle figate che ancora gli devono venire in mente.
martedì 21 settembre 2010
Dono della sintesi
martedì 14 settembre 2010
Eh
lunedì 13 settembre 2010
Adesso vi racconto la storiella dell'idraulico che deve salvare la principessa...
venerdì 10 settembre 2010
Ma poi mica stava nei Monty Python, Terry Jones?
Comunque, avevo scritto questo:
Che poi non c'è da tirare in ballo i nazisti, ogni volta. Che palle.
Vuoi bruciare un libro? Bene, chissenefrega, e non m'infastidire con la puzza di bruciato.
Vuoi bruciare il Corano? Bravo pirla, ma chissenefrega.
Prima di ricordarti, però, che è un gesto inutile, da sfigati e molto poco lungimirante, e che probabilmente verrebbe apprezzato dai talebani se solo quello non fosse il loro libro sacro, ti suggerisco di guardare questo video.
Ok, questo qui non sembra un dritto di suo, ma mica è facile, bruciare i libri. E attento alle diossine che ti finiscono nel naso.
giovedì 9 settembre 2010
Are you talkin' to me?
Arrivo sul viale, ciao a tutti come va, mollo i DVD sul tetto di un'auto parcheggiata lì, stappo la birra e amen.
E invece amen un paio di palle, perchè quando siamo raggiunti da ulteriori amici e conoscenti sul viale, uno di questi, che il cielo lo strafulmini, ha iniziato a percularmi per la scelta del film di JC.
Da lì in poi, guerra termonucleare globale sul cinema, sul cinema americano e sull'estetica del cinema americano. A stracazzo di cane.
Non sto tanto a sintetizzare le posizioni: vi basti sapere che io avevo ragione e lui torto, che abbiamo fatto molto tardi e che a un certo punto il mio interlocutore se ne è uscito con un "Taxi Driver fa cagare perchè ci sono troppe sparatorie."
Troppe sparatorie in Taxi Driver. Troppe sparatorie in Taxi Driver non significa niente, è come dire che in Ladri di biciclette ci sono troppi fiori sui balconi.
Ma vabbè, è sempre esistita, soprattutto in certe fette dell'estrema sinistra, quest'idea poveretta e sfigata da Manifesto nella tasca della giacca di velluto, da kollettivo studentesko universitario e da non so cos'altro ma sicuramente si tratterebbe di un ambiente pigro, dogmatico e perepepè, quest'idea, dicevo, secondo cui il cinema americano faccia cagare. Perchè è troppo violento, casinista, finto, scemo e vuoto. Che poi si spara un sacco, muoiono tutti, è manicheo, borghese e anche un po' oppio dei popoli, il cinema americano.
Che già uno sano di mente obietterebbe "Ma quale cinema americano?" e la discussione finirebbe lì perchè il cinema americano come entità monolitica non esiste; quasi nulla esiste come entità monolitica, no?
Forse c'è la Juve, perchè fa cagare storto sempre e comunque, che vinca o che perda, che giochi bene o che giochi male, ma il resto del mondo è diverso dalla Juve, per fortuna del mondo.
Insomma, quella sera, fra una sbraitata e l'altra abbiamo fatto, sereni sereni, le due del mattino. Alla fine della discussione, ognuno è rimasto della sua opinione e buonanotte che domani mi alzo presto.
Scrivo questo perchè ieri sono andato al cinema a vedere I mercenari. Naturalmente, è una stronzatona col botto, ma è una stronzatona col botto che fa ridere perchè è pacifica e serena, e soprattutto priva di ambizioni. Nemmeno ci ha provato, Stallone, a raccontare una storia: per tutto il film, c'è gente che muore e roba che salta per aria, e poco altro.
Ecco, su un ottimo blog di cose cinematografiche, ho letto questo post e ho pensato a quella discussione là. E non conosco le ragioni per cui un film così, su Repubblica, sia stato recensito da Curzio Maltese: volendo fare lo schematismo facile, ci aspettiamo allora che sul Corriere Mereghetti butti giù qualche editoriale sulla crisi finanziaria.
Mi viene voglia di telefonare al mio amico e chiedergli scusa. Almeno lui, almeno quello, parlando di cinema americano non aveva tirato in ballo Berlusconi:
mercoledì 8 settembre 2010
Tutta colpa di Terry, o di Christian Rocca: non ricordo bene
Insomma, dopodomani, a Venezia, c'è la prima proiezione del film tratto dal romanzo (pare si concentri molto sulla storia d'amore con Miriam, comprensibilmente); oggi, invece, esce nelle librerie Sulle strade di Barney, di Christian Rocca.
Naturalmente, lo leggerò. Anche perchè se ho deciso di comprarmi il romanzo, qualche anno fa, è solo grazie ai suoi post sull'argomento.
Qui c'è un'intervista all'autore del libro.
Qui sotto c'è un breve estratto:
I was a voracious reader, but you would be mistaken if you took that as evidence of my quality. Or sensibility. At bottom, I am obliged to acknowledge, with a nod to Clara, the baseness of my soul. My ugly competitive nature. What got me started was not Tolstoy's The Death of Ivan Ilyich, or Conrad's The Secret Agent, but the old Liberty magazine, which prefaced each of its articles with a headnote saying how long it would take to read it: say, five minutes and thirty-five seconds. Setting my Mickey Mouse wristwatch on our kitchen table with the checkered linoleum cloth, I would zip through the piece in question in, say, four minutes and three seconds, and consider myself an intellectual. From Liberty, I graduated to a paperback John Marquand "Mr. Moto" novel, selling for twenty-five cents at the time in Jack and Moe's Barbershop, corner of Park Avenue and Laurier in the heart of Montreal's old working-class Jewish quarter, where I was raised. A neighborhood that had elected the only Communist (Fred Rose) ever to serve as a member of Parliament, produced a couple of decent club fighters (Louis Alter, Maxie Berger), the obligatory number of doctors and dentists, a celebrated gambler-cum-casino-owner, more cutthroat lawyers than needed, sundry schoolteachers and shmata millionaires, a few rabbis, and at least one suspected murderer.
Me.