Nello sconsiderato week-end praghese da cui io e altri 20 scellerati siamo reduci, a un certo punto si è imbastita una discussione piuttosto ubriaca e di scarso livello, da toni e contenuti non facilmente sintetizzabili. Era una discussione piuttosto ubriaca, appunto, e toccava molti ambiti fra loro distanti con eccessiva agilità: dal movimento punk anni '70 a Matteo Renzi alle foibe. Per dire.
Ciononostante, la discussione mi ha lasciato un interessante pensiero nel momento in cui il mio interlocutore ha sostenuto la tesi -del resto parecchio diffusa- per cui le opinioni siano tutte dello stessa dignità e dello stesso valore, e qualsiasi tentativo di stabilirne una gerarchia è automaticamente fascista e/o arrogante.
Coincidenza, oggi pomeriggio ho letto
questo libro di Luca Sofri, in cui -fra le altre- è contenuta la tesi opposta. Ed è una tesi che mi convince parecchio.
Un po' ha a che fare con un ricordo di qualche anno fa relativo a una litigata con mio fratello. Io sono un tipo abbastanza polemico, testardo e saccente quando mi ci metto (e pure a immodestia me la cavo) e quella volta, alla banale accusa "Vuoi sempre avere ragione tu!" risposi: "Perché? Tu vuoi sempre avere torto?"
E per quanto la mia risposta fosse fastidiosa nei toni, mi sembra ancora inattaccabile nei contenuti. Tutti noi vogliamo aver ragione, quando sosteniamo un'opinione. E vogliamo avere ragione per il più ovvio dei motivi: siamo convinti di averla. E quando l'atteggiamento non si trasforma in testardaggine e/o disonestà intellettuale, è molto razionale ed equilibrato. Se abbiamo un'opinione su un tema, una solida opinione almeno, è perché abbiamo individuato dei criteri di orientamento che ci sembrano validi, ci siamo informati sufficientemente, abbiamo documentato le nostre convinzioni e risposto a dubbi e perplessità del caso. Abbiamo motivazioni fondate e consapevolezze approfondite, alla luce delle quali pensiamo che la nostra opinione sia la migliore possibile. Altrimenti non ce l'avremmo, e cercheremmo quella che ci sembri definitivamente migliore. Quando non reprime i necessari dubbi che ognuno porta con sè e qualche rudimentale nozione di buona creanza, questo mi sembra il procedimento più logico che c'è.
Quindi no: non penso che le opinioni siano tutte ugualmente degne e ugualmente valide. Ce ne sono alcune disgustose e orrende. Ce ne sono altre sbagliate e parziali. Ce ne sono altre ancora buone e giuste. Io penso di avere solo quest'ultime. O almeno ci provo.
Avrei voluto dire questo al mio interlocutore, l'altro giorno, e avrei dovuto dire questo a mio fratello, quella volta. Lo scrivo qui che magari sono ancora in tempo.