Una delle cose che mi è capitata da quando vivo ad Amsterdam è che -KABOOM!- giro molto in bicicletta. E mentre giro in bicicletta, che faccio, ascolto roba dallo sciaffolino, vale a dire l'iPod shuffle. E per colmare quel senso stupidino di distanza che sento con l'Italia, nemmeno fossi finito a predare alligatori insieme agli aborigeni australiani, sento un sacco di podcast radiofonici. Orfano del vecchio palinsesto di Radio due, ormai ribaltato e -secondo me- impoverito dal direttore insediatosi un paio di anni fa, sento talvolta Linus e Savino su Radio Deejay, quegli ottimi topoloni innamorati del cinema di Hollywood Party su Radio Tre e un sacco di cose -complice l'influenza del mio omonimo che sta qui- da Radio24.
La ascoltavo parecchio anche in Italia, Radio24, ma senza la continuità e l'intenzione costante dell'ascoltatore fidelizzato. Da quando sto qui è a tutti gli effetti la voce principale che mi racconta le cose che accadono in Italia e nel mondo. Mi sveglio alle 7 e c'è la rassegna stampa di 24 Mattino. Poi esco e ho nelle orecchie il podcast de I magnifici destini, de La Zanzara, di La rosa purpurea e de La versione di Oscar. A I magnifici propongono lunghi racconti settimanali a episodi, quasi sempre su protagonisti della storia del rock. Sono monografie ben fatte, leggere e con un bel ritmo. Su La Zanzara c'è poco da dire, ormai: Cruciani e Parenzo lottano come leoni e vivono uno stato di grazia eccezionale. Vista da fuori, questa sembra la fase più soddisfacente della loro carriera. Chissà quanto dura. La rosa purpurea è condotta da Franco Dassisti, persona dalla colossale cultura cinematografica. Il programma non ha niente di innovativo -recensisce le nuove uscite settimanali, sostanzialmente- ma la competenza e il senso della misura del conduttore sono davvero invidiabili.
E poi c'è Oscar Giannino. Oscar Giannino è un liberale d'acciaio, per certi versi ricorda la caricatura tipica del capitalista ottocentesco con la tuba, il monocolo e il personale dipendente a spaccarsi la schiena in miniera: e per ragazzacci "di sinistra" laureati in lingue come me, le sue idee e le sue posizioni sono proprio quelle di un capitalista ottocentesco. Ho iniziato a seguirlo proprio per questo motivo, in realtà: per stare a sentire le ragioni -in ogni caso sempre argomentate e strutturate- della metà campo opposta. Da quando si è insediato il governo Monti, Giannino è incazzato come una belva. Credo che la sua incazzatura abbia molto a che fare con le sue aspettative tradite, con l'occasione a suo dire sciupata di fare la famigerata "rivoluzione liberal-fiscale" da parte di un esecutivo di accademici capaci e orientati più o meno nella sua direzione. Gente con tutte le carte in regola, che tuttavia un po' per la contingenza, un po' per scelte politiche, un po' perché le cose capitano, non ha ridotto le tasse. Anzi, le ha alzate. In un Paese in cui già erano alte, troppo alte, il governo le ha ulteriormente alzate.
Ripeto: di economia so davvero poco, ma mi sembra di capire che la posizione di Giannino stia da queste parti. E come la esprime, questa posizione? In tanti modi. Approfondendo le notizie della giornata, commentando questo provvedimento e analizzando quella proposta di legge. Più spesso, però, dai che sto arrivando al punto, la esprime incazzandosi di brutto. Alza la voce e si scaglia contro il governo, contestandolo con una violenza retorica anche notevole. Non di rado parla di fisco criminale, di despotismo, di vessazioni, di torture economiche e cose di questo tipo. E poi c'è un'altra formuletta, la mia preferita, la numero uno di tutte quante. Il vertice assoluto.
Giannino dice spessissimo questa cosa: stato ladro. Senza scendere nel merito, io è da un po' che mi ammazzo dal ridere ogni volta che la sento. Pedalo su e giù per viuzze e ponti di una città che in quota parte ha dato vita al capitalismo come oggi come lo conosciamo, e quando sento urlare "Stato ladro", vado ai matti dal ridere. Quello che mi schianta ogni volta è la dissonanza che separa forma e contenuto della formula dalla persona che lo esprime: "Stato ladro", così come lo dice lui, risuona nella mia esperienza e nella mia memoria alla stregua della tipica accusa che si fanno i ragazzini quando giocano a calcio o a carte e pretendono di denunciare un abuso subito. Tipo "Giovanni ladro!" Ma "Stato ladro" è al tempo stesso un'accusa a suo modo devastante, una critica radicale e intransigente, una specie di marchio d'infamia sbattuto in faccia all'amministrazione tributaria. E che tutto questo mondo venga rievocato da un colto studioso accademico, da un competente e aggiornato osservatore del mondo economico e finanziario, ecco, a me fa ammazzare dal ridere. Sto anche iniziando a ripetere la formuletta, così, a mò di piccolo tormentone personale. Chissà gli olandesi cosa pensano.
Comunque fra un po' mi passa. Credo.
Update: ho cercato su google la voce "Giannino stato ladro" per linkare almeno una testimonianza dell'inno gianniniano e ho scoperto che a quella chiave di ricerca il mio blog corrisponde come secondo risultato. Vai Oscar!
Update: ho cercato su google la voce "Giannino stato ladro" per linkare almeno una testimonianza dell'inno gianniniano e ho scoperto che a quella chiave di ricerca il mio blog corrisponde come secondo risultato. Vai Oscar!