Quando l'anno scorso ci fu la polemica lavavetri al semaforo, vidi una puntata di Otto e mezzo in cui partecipava il sindaco di Firenze, Leonardo Domenici. Mi sembrò equilibrato, sveglio e competente. Da allora ho di lui un'ottima opinione, confermata nel momento in cui ho letto che si è presentato di sua iniziativa alla sede della procura di Firenze. E' stato interrogato per 4 ore, ha collaborato alle indagini su presunti reati commessi dalla giunta comunale nella realizzazione di alcuni progetti edilizi e poi se n'è andato. Impeccabile.
Oggi Domenici si è incatenato in segno di protesta contro l'articolo pubblicato dall'Espresso, in cui si racconta di diverse inchieste della magistratura che potrebbero trascinare il PD (sezione fiorentina inclusa) in pesanti scandali giudiziari.
Ecco, da qui è facile dirlo, ma Domenici ha fatto una cazzata, incatenandosi. Secondo me ha molto ragione riguardo alla sostanza della sua protesta, ma molto torto sul metodo scelto. E quando ci si muove su terreni di questo tipo, il metodo sposta la bilancia, quasi sempre.
Due cose, ancora.
Primo, qualcuno mi dovrebbe far conoscere quelli che la sinistra ha in mano tutti i giornali, ma solo dopo avermi presentato quelli che la sinistra è immanicata coi giudici. Giusto per capire se viviamo nello stesso mondo, o se dopo aver visto 2001: Odissea nello spazio all'Arcadia di Melzo nell'estate del 2002 sono effettivamente capitato a vivere in un'altra galassia.
Insomma, per fare un nome, vorrei far due chiacchiere col presidente del consiglio, il quale peraltro, come al solito puntuale su ste cose, ha dichiarato che nel PD esiste una questione morale. Che detto da uno con la sua biografia e dall'alto della sua carica istituzionale fa ridere, quando non è vigliacco.
Secondo, che biografia e carica istituzionale a parte, il Cav potrebbe aver ragione. E sull'argomento condivido le parole scritte ieri da uno dei migliori giovani del PD sul suo blog:
"...In tempi recenti avremmo assistito (non solo in Italia ma nelle democrazie contemporanee) a quel fenomeno che va sotto il nome di “statalizzazione dei partiti”. Tradotto significa che la politica (e chi la fa) sempre di più colloca la propria azione (e di conseguenza il proprio status e reddito) dentro il circuito delle istituzioni. Non fuori da esse. Se guardiamo alla nostra esperienza, tra le ricadute del fenomeno vi è una ricerca insistita di un ruolo dentro quella dimensione e a seguire una ferma volontà di non uscirne una volta entrati. L’effetto finale è una coazione a ripetere dove ai partiti spetta un ruolo via via residuale. Sulla carta selezionano (o dovrebbero selezionare) la classe dirigente (delle istituzioni appunto), ma nei fatti vedono sfuggirsi progressivamente questa prerogativa mentre il ceto politico (rigorosamente collocato ai diversi livelli istituzionali) concentra su di sé, nel bene e nel male, l’attenzione pubblica e l’esercizio più o meno esclusivo del potere. Se capisco bene questo riduce gli spazi per una circolazione del sangue (nel senso del ricambio di quel ceto) e finisce col rendere anche meno forti gli anticorpi nei confronti di possibili fenomeni degenerativi. In sintesi direi così: massimo rigore nel valutare i casi (soprattutto quando riguardano noialtri); principio del massimo garantismo ma distinzione tra quest’ultimo e la categoria dell’opportunità; definire una volta per tutte il modello di democrazia verso il quale tendiamo (che ruolo spetta ai partiti?) e su quella base fissazione di procedure e forme diverse dalle attuali per la selezione delle classi dirigenti (almeno per la politica). Non è facile, lo so. Ma avrebbe un senso."
Ecco, da qui è facile dirlo, ma Domenici ha fatto una cazzata, incatenandosi. Secondo me ha molto ragione riguardo alla sostanza della sua protesta, ma molto torto sul metodo scelto. E quando ci si muove su terreni di questo tipo, il metodo sposta la bilancia, quasi sempre.
Due cose, ancora.
Primo, qualcuno mi dovrebbe far conoscere quelli che la sinistra ha in mano tutti i giornali, ma solo dopo avermi presentato quelli che la sinistra è immanicata coi giudici. Giusto per capire se viviamo nello stesso mondo, o se dopo aver visto 2001: Odissea nello spazio all'Arcadia di Melzo nell'estate del 2002 sono effettivamente capitato a vivere in un'altra galassia.
Insomma, per fare un nome, vorrei far due chiacchiere col presidente del consiglio, il quale peraltro, come al solito puntuale su ste cose, ha dichiarato che nel PD esiste una questione morale. Che detto da uno con la sua biografia e dall'alto della sua carica istituzionale fa ridere, quando non è vigliacco.
Secondo, che biografia e carica istituzionale a parte, il Cav potrebbe aver ragione. E sull'argomento condivido le parole scritte ieri da uno dei migliori giovani del PD sul suo blog:
"...In tempi recenti avremmo assistito (non solo in Italia ma nelle democrazie contemporanee) a quel fenomeno che va sotto il nome di “statalizzazione dei partiti”. Tradotto significa che la politica (e chi la fa) sempre di più colloca la propria azione (e di conseguenza il proprio status e reddito) dentro il circuito delle istituzioni. Non fuori da esse. Se guardiamo alla nostra esperienza, tra le ricadute del fenomeno vi è una ricerca insistita di un ruolo dentro quella dimensione e a seguire una ferma volontà di non uscirne una volta entrati. L’effetto finale è una coazione a ripetere dove ai partiti spetta un ruolo via via residuale. Sulla carta selezionano (o dovrebbero selezionare) la classe dirigente (delle istituzioni appunto), ma nei fatti vedono sfuggirsi progressivamente questa prerogativa mentre il ceto politico (rigorosamente collocato ai diversi livelli istituzionali) concentra su di sé, nel bene e nel male, l’attenzione pubblica e l’esercizio più o meno esclusivo del potere. Se capisco bene questo riduce gli spazi per una circolazione del sangue (nel senso del ricambio di quel ceto) e finisce col rendere anche meno forti gli anticorpi nei confronti di possibili fenomeni degenerativi. In sintesi direi così: massimo rigore nel valutare i casi (soprattutto quando riguardano noialtri); principio del massimo garantismo ma distinzione tra quest’ultimo e la categoria dell’opportunità; definire una volta per tutte il modello di democrazia verso il quale tendiamo (che ruolo spetta ai partiti?) e su quella base fissazione di procedure e forme diverse dalle attuali per la selezione delle classi dirigenti (almeno per la politica). Non è facile, lo so. Ma avrebbe un senso."
1 commento:
Brutto colpo per il PD. La sinistra moderata italiana dimostra di non essersi liberata da vecchi e pesanti schemi di partito. E i sondaggi parlano di 28%
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