Oggi, sulla ABC, va in onda la prima puntata dell'ultima stagione di Lost, la sesta.
Quel che è stato Lost negli ultimi anni, è facile da riassumere: il più grande e diffuso culto televisivo mondiale.
Le prime stagioni di Lost erano baciate da una scrittura pazzeschissima e dall'allestimento di un cast molto esteso e carismatico. Le puntate erano zeppe di roba, strati su strati di roba, di metafore e allegorie di circa centonovantamila aspetti della società contemporanea. Al tempo stesso, la concezione del racconto tutto decostruito e sbozzato produceva misteri ed enigmi appassionanti e tirascemo, che gli spettatori recepivano con mandibole scollegate dalla bocca e occhi rimbalzanti sul pavimento. Solitamente poi, la soluzione di uno di questi misteri otteneva effetti concretizzati in espressioni vocali tipo: "Aaaaaaaaaaaaah! Adesso ho capitoooooo!"
Almeno fino a tutta la terza stagione, la serie di quel mattacchione di J.J. Abrams ci ha regalato diverse mezzore di grandezza artistica davvero notevole.
Poi è arrivata la quarta stagione, un po' fiacca, che verso la fine ha saltato lo squalo (leggere qui per scoprire cosa significhi l'espressione).
Dopo la quarta, è arrivata la quinta, molto deludente.
La sensazione è che gli autori siano rimasti aggrovigliati a un intreccio che troppo raramente hanno ritenuto di dipanare, accumulando enigmi e porte aperte invece di chiuderle. Spesso, per di più, la soluzione di un mistero si rivelava per essere la matrioska di altri due: e allora mambo.
Anche a livello di genere, sono rimasti per molto tempo in sospeso fra l'horror, la fantascienza e il thriller cospirazionista, irrorando il tutto -e questo è normale- con qualche intrigo sentimentale.
E va bene l'ibridazione dei generi e il postmoderno e la ceppa di Roland Barthes, ma a un certo punto una svolta decisa e definitiva andava presa. Quando l'hanno presa, il certo punto era dalle parti di casa di dio.
Io e qualche amico mio abbiamo viste tutte e cinque le stagioni -io ci ho scritto anche un buon pezzo della mia tesi di laurea, su Lost e compagnia- e vedremo anche la sesta in liturgica compagnia, che i riti sono i riti.
Personalmente, parto molto scettico. Gli autori hanno troppa roba storta e poco credibile alle spalle, e una valanga di spiegoni da fornire al pubblico. Se tengono tutto insieme e non ci fanno esclamare un gregoriano, violento e rabbioso "Ma vaffanculo, va!" alla fine dell'ultimo episodio, è già un successo.
Altrimenti, sono stati formidabili per tre stagioni e vecchi amici pirla per altre tre: gente a cui ti affezioni, in ogni caso.
Qui sotto, quando Lost sembrava la cosa-più-incredibile-mai-vista-prima:
Le prime stagioni di Lost erano baciate da una scrittura pazzeschissima e dall'allestimento di un cast molto esteso e carismatico. Le puntate erano zeppe di roba, strati su strati di roba, di metafore e allegorie di circa centonovantamila aspetti della società contemporanea. Al tempo stesso, la concezione del racconto tutto decostruito e sbozzato produceva misteri ed enigmi appassionanti e tirascemo, che gli spettatori recepivano con mandibole scollegate dalla bocca e occhi rimbalzanti sul pavimento. Solitamente poi, la soluzione di uno di questi misteri otteneva effetti concretizzati in espressioni vocali tipo: "Aaaaaaaaaaaaah! Adesso ho capitoooooo!"
Almeno fino a tutta la terza stagione, la serie di quel mattacchione di J.J. Abrams ci ha regalato diverse mezzore di grandezza artistica davvero notevole.
Poi è arrivata la quarta stagione, un po' fiacca, che verso la fine ha saltato lo squalo (leggere qui per scoprire cosa significhi l'espressione).
Dopo la quarta, è arrivata la quinta, molto deludente.
La sensazione è che gli autori siano rimasti aggrovigliati a un intreccio che troppo raramente hanno ritenuto di dipanare, accumulando enigmi e porte aperte invece di chiuderle. Spesso, per di più, la soluzione di un mistero si rivelava per essere la matrioska di altri due: e allora mambo.
Anche a livello di genere, sono rimasti per molto tempo in sospeso fra l'horror, la fantascienza e il thriller cospirazionista, irrorando il tutto -e questo è normale- con qualche intrigo sentimentale.
E va bene l'ibridazione dei generi e il postmoderno e la ceppa di Roland Barthes, ma a un certo punto una svolta decisa e definitiva andava presa. Quando l'hanno presa, il certo punto era dalle parti di casa di dio.
Io e qualche amico mio abbiamo viste tutte e cinque le stagioni -io ci ho scritto anche un buon pezzo della mia tesi di laurea, su Lost e compagnia- e vedremo anche la sesta in liturgica compagnia, che i riti sono i riti.
Personalmente, parto molto scettico. Gli autori hanno troppa roba storta e poco credibile alle spalle, e una valanga di spiegoni da fornire al pubblico. Se tengono tutto insieme e non ci fanno esclamare un gregoriano, violento e rabbioso "Ma vaffanculo, va!" alla fine dell'ultimo episodio, è già un successo.
Altrimenti, sono stati formidabili per tre stagioni e vecchi amici pirla per altre tre: gente a cui ti affezioni, in ogni caso.
Qui sotto, quando Lost sembrava la cosa-più-incredibile-mai-vista-prima:
2 commenti:
citando i simpson, se si comincia a capire che il finale è una cavolata, fingi di aver parlato con il creatore di lost e dimmi "finisce che sawyer da grande sposa te!": faresti la mia felicità!
E' un po' come gli ultimi Dylan Dog. Per 100 pagine non si capisce un cazzo, poi nelle ultime 5 si devono inventare una storia incredibile per dare un senso al tutto. E spesso non ci riescono.
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