Buongiorno, ben svegliati.
Oggi, nel mondo in cui ci capita di vivere, inizia la più grande manifestazione internazionale che si conosca. E' una manifestazione sportiva, è una manifestazione televisiva. E' caratterizzata dallo slancio di apertura globale di uno sport, il calcio, che spalanca i portoni delle sue messe cantate del rione a contrade affollate di persone che, rispetto al mondo del pallone, ogni tre anni e undici mesi smettono di essere estranee, indifferenti, avulse, distaccate e fredde; non sono più persone che io il calcio non lo seguo, non sono più nonni, ragazze, cittadini americani e editorialisti di Repubblica che si reinventano poesia pallonara un tanto all'ora per scrivere qualche articolo di terza.
Sono partecipanti di una manifestazione che tira dentro chiunque, che è gigante e complessa, in cui girano sbarcate di quattrini, tanta retorica, parecchie zanzare e ancor più bevande ghiacciate.
Poi, a finale conclusa, dopo che gli amplificatori dello stadio avranno passato il solito pezzo dei Queen, ognuno di questi convertiti tornerà alle sue faccende private, ma nel frattempo l'effetto prodotto da questa massa di convertiti temporanei produce un approccio che per chi è normalmente appassionato di calcio è sintetizzabile così, ironicamente:
"Guarda hanno segnato ancora! Ah no, è il replay"
"Ma il calcio d'angolo lo batte chi attacca o chi si difende?"
"Ma noi quali siamo?"
"Perché non ha convocato Cassano?"
"Perché i gol in trasferta valgono doppio?"
"Cos'è il fuorigioco?"
"Toldo non gioca?"
"Perché la Cina non partecipa?"
"Quanto dura l'intervallo? Porto in sala i primi?"
"Quello lì si tromba la Seredova?"
"Oggi Cambrotta mi sembra proprio in forma."
Oggi, nel mondo in cui ci capita di vivere, inizia la più grande manifestazione internazionale che si conosca. E' una manifestazione sportiva, è una manifestazione televisiva. E' caratterizzata dallo slancio di apertura globale di uno sport, il calcio, che spalanca i portoni delle sue messe cantate del rione a contrade affollate di persone che, rispetto al mondo del pallone, ogni tre anni e undici mesi smettono di essere estranee, indifferenti, avulse, distaccate e fredde; non sono più persone che io il calcio non lo seguo, non sono più nonni, ragazze, cittadini americani e editorialisti di Repubblica che si reinventano poesia pallonara un tanto all'ora per scrivere qualche articolo di terza.
Sono partecipanti di una manifestazione che tira dentro chiunque, che è gigante e complessa, in cui girano sbarcate di quattrini, tanta retorica, parecchie zanzare e ancor più bevande ghiacciate.
Poi, a finale conclusa, dopo che gli amplificatori dello stadio avranno passato il solito pezzo dei Queen, ognuno di questi convertiti tornerà alle sue faccende private, ma nel frattempo l'effetto prodotto da questa massa di convertiti temporanei produce un approccio che per chi è normalmente appassionato di calcio è sintetizzabile così, ironicamente:
"Guarda hanno segnato ancora! Ah no, è il replay"
"Ma il calcio d'angolo lo batte chi attacca o chi si difende?"
"Ma noi quali siamo?"
"Perché non ha convocato Cassano?"
"Perché i gol in trasferta valgono doppio?"
"Cos'è il fuorigioco?"
"Toldo non gioca?"
"Perché la Cina non partecipa?"
"Quanto dura l'intervallo? Porto in sala i primi?"
"Quello lì si tromba la Seredova?"
"Oggi Cambrotta mi sembra proprio in forma."
Al di là di questo, e anzi forse anche grazie a questo, i mondiali di calcio sono una figata totale, perchè rappresentano automaticamente, con qualche immancabile eccezione, l'eccellenza planetaria in una particolare attività umana. Essendo in questo caso una roba simbolica e appassionante come il calcio, ci sarà da stare allegri.
Buon divertimento.
Buon divertimento.
1 commento:
Sottoscrivo in pieno.
Posta un commento