Che poi bisogna dirselo, a bocce ferme e testa fredda
Il palco di Pisapia ha mostrato come lo stanco, e ormai desueto, spirito degli anni Settanta si sia preso la rivincita sugli anni Ottanta (il bravo Massimo Gramellini oggi sulla Stampa ha preso un abbaglio colossale). Stormy Six e Radio Popolare. Lella Costa e Roberto Vecchioni. Dario Fo e Vittorio Gregotti. Umberto Eco e Gae Aulenti. L’Elfo e il Berchet. Studenti e signore della buona società. Genitori nostalgici dei loro vent’anni e figli allevati con il mito del Sessantotto.
Per errori, colpe e responsabilità degli avversari, a Milano hanno vinto i ventenni degli anni Settanta. Non quelli di oggi. E nemmeno quelli di vent’anni fa. Naturalmente i ventenni degli anni Settanta non sono più i rivoluzionari di allora. Sono moderati, non più maoisti. Sono rispettabili, non sono più convinti che il Pci abbia tradito la rivoluzione. Sanno di aver sbagliato tutto, allora. Sanno di aver perso. Sanno anche che è stato un bene che abbiano perso. Sono solo nostalgici dei bei tempi andati, quando erano giovani, liberi e pronti a fare la rivoluzione. Il ritratto della rivincita di una generazione nel dialogo di un film di Gabriele Salvatores: «Erano anni che non mi divertivo così». «Cos’erano?».«Erano aaanni».
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