Non scrivo mai di cose mie nel blog, perché penso che quelle che succedono nel mondo siano molto più interessanti e significative. A volte mi capitano cose divertenti, e allora scrivo un post veloce. Ma molto raramente.
Oggi ho avuto una giornata ricca di piccole minchiatelle. Non c'è niente di appassionante o avventuroso, di per sè, ma è una collezione interessante di piccole cose. Insieme fanno un certo effetto. Almeno spero. Ora le metto nero su bianco. Poi vado a letto perché sono piuttosto stravolto, ma intanto, caro diario:
Stamane, mi sveglio tardi (9:30 passate) accendo l'iCoso e leggo le solite mail recapitatemi nottetempo. Una di queste -l'oggetto è "allarme rosso"- è di una mia amica: chiede di tradurre al più presto una frase in inglese. Le serve sul lavoro. E così, appena sveglio, mi metto a fare una pur breve traduzione dall'italiano in inglese. Le ossa un po' indolenzite e gli occhi incistati.
Dopo colazione e bagno, salgo in auto per andare a Milano. Mi fermo a far benzina e incontro una mia vecchia professoressa del liceo. Mi chiede come sto, cosa faccio, eccetera. Le dico che voglio diventare insegnante di letteratura inglese. Se ne rallegra. Mi dice che è dura. Lei non vede l'ora di andare in pensione. Facciamo due chiacchiere ancora e poi ci salutiamo.
Giunto a Milano, vado a colloquio da un docente per via di un esame che dovrò sostenere fra un paio di mesi. Inizialmente dice che non ci sono problemi, poi si allarma per via di un dubbio regolamentare relativo all'iscrizione di esami singoli. Io gli dico che ho già telefonato in segreteria e non ci sono problemi. Lui sembra molto più preoccupato dagli scrupoli regolamentari che tranquillizzato dalle mie parole. Fa quattro telefonate, una di queste al preside di facoltà: tutti i suoi interlocutori confermano quanto gli ho appena detto, evidentemente. Sto lì fra il divertito e l'incredulo. Lui finisce il giro, e commenta il suo benestare definitivo con le parole "Mi scusi, eh, ma la prudenza non è mai troppa."
Abbandono il colloquio e mentre vado in copisteria a fare delle stampe sento un militante del comitato marxista-leninista della statale che discute con uno studente. Colgo un passaggio come "Ma come fai a dire che si sta meglio oggi?" ed entro in copisteria. La commessa ha appena -appena- detto alla sua collega che è incinta, e c'è un bel clima di festa. Clima a cui non sento di partecipare, purtroppo, perché mi rendo conto di non aver trasferito i documenti che devo stampare né su una chiavetta USB né sulla casella mail. Mi tocca tornare in biblioteca, perché per via di un accidente non ho con me la batteria del Mac e non posso accenderlo lì.
In biblioteca ci sto due minuti. Esco, e mi rendo conto di non aver segnato su un foglio il numero del box in cui ho depositato il mio zaino. Non me lo ricordo. Non me lo ricordo proprio. Una bibliotecaria mi dice che posso aspettare le 18, quando tutti i box vengono aperti dopo la chiusura, o provarli tutti, se mi ricordo almeno il codice, dal display: uno per uno. Sono 155. Scelgo la seconda. Parto dalla 1. Mi fermo alla 48, quella giusta, dopo una buona mezzora. Non avrei mai detto che il mio box era il 48.
Stampo i maledetti documenti, faccio due passi e prendo il tram. Alla fermata successiva, sale il controllore. Mi chiede il biglietto. "Non ce l'ho", dico sorridendo. "Le faccio la multa", mi risponde gentilmente. Mentre compila il suo verbale, vengo colpito da una bizzarra ventata di buonumore. Mi piace essere lì, in quel momento, con un rappresentante dello stato che mi responsabilizza per mezzo di una sanzione economica. Mi rendo conto di quanto abbia senso il sistema, da questo punto di vista. Se fai lo stronzo, paghi. In questo modo, l'abusata e travisata formula "Così impari" assume un significato concreto.
Torno a Rivolta, vado da una ragazzina per le solite ripetizioni. C'imbattiamo in una serie di problemi con dati e soluzioni che non tornano, per via di un errore di stampa che negli ultimi anni ho scoperto non essere così raro. Nel frattempo, mi scrive un'amichetta per ottenere un aiuto tecnico, diciamo così, per ripetizioni che invece sta facendo lei.
Compro due robe al supermercato e torno a casa a preparare la besciamella per le lasagne. Le ho cucinate stasera. Buone. La prossima volta, devo fare più ragù.
In biblioteca ci sto due minuti. Esco, e mi rendo conto di non aver segnato su un foglio il numero del box in cui ho depositato il mio zaino. Non me lo ricordo. Non me lo ricordo proprio. Una bibliotecaria mi dice che posso aspettare le 18, quando tutti i box vengono aperti dopo la chiusura, o provarli tutti, se mi ricordo almeno il codice, dal display: uno per uno. Sono 155. Scelgo la seconda. Parto dalla 1. Mi fermo alla 48, quella giusta, dopo una buona mezzora. Non avrei mai detto che il mio box era il 48.
Stampo i maledetti documenti, faccio due passi e prendo il tram. Alla fermata successiva, sale il controllore. Mi chiede il biglietto. "Non ce l'ho", dico sorridendo. "Le faccio la multa", mi risponde gentilmente. Mentre compila il suo verbale, vengo colpito da una bizzarra ventata di buonumore. Mi piace essere lì, in quel momento, con un rappresentante dello stato che mi responsabilizza per mezzo di una sanzione economica. Mi rendo conto di quanto abbia senso il sistema, da questo punto di vista. Se fai lo stronzo, paghi. In questo modo, l'abusata e travisata formula "Così impari" assume un significato concreto.
Torno a Rivolta, vado da una ragazzina per le solite ripetizioni. C'imbattiamo in una serie di problemi con dati e soluzioni che non tornano, per via di un errore di stampa che negli ultimi anni ho scoperto non essere così raro. Nel frattempo, mi scrive un'amichetta per ottenere un aiuto tecnico, diciamo così, per ripetizioni che invece sta facendo lei.
Compro due robe al supermercato e torno a casa a preparare la besciamella per le lasagne. Le ho cucinate stasera. Buone. La prossima volta, devo fare più ragù.
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