La Terra si fa i cazzi suoi, e a volte se li fa secondo modalità e tempistiche che travolgono la vita delle specie viventi che la abitano. Non c'è niente di eccezionale o di incredibile. E certo, quando c'è un terremoto la gente muore. Ma fermarsi a questa considerazione non basta. Resta da capire se e quanto fossero evitabili le morti, perché lo fossero e perché non lo siano state.
Sulle implicazioni economiche e politiche della vicenda, Gian Antonio Stella ha scritto e ripetuto cose che condivido:
Molto più gravi sono le responsabilità di chi negli anni si è opposto a ogni irrigidimento (norme più facili ma rigide) sulla sicurezza. Nella convinzione che non valesse la pena di infastidire i cittadini e le aziende, obbligati a spendere di più senza essere mai stati informati dei rischi che correvano. Un errore suicida. Per decenni, finché la natura non tornava a ricordare con nuove distruzioni come le catastrofi del passato possano ripetersi, la grande maggioranza degli amministratori nazionali e locali ha preferito costantemente derubricare i rischi sismici, geologici, ambientali di questo e quel territorio piuttosto che affrontare la realtà. C’è un saggio («La classificazione e la normativa sismica italiana dal 1909 al 1984» di autori vari) che spiega tutto: la mappa delle aree pericolose è stata composta di scossa in scossa. Con l’aggiunta via via di Messina e Reggio nel 1908, di Avezzano e della Marsica nel 1915, del Riminese nel 1916, della Val Tiberina nel 1917, del Mugello nel 1919, della Garfagnana nel 1920 e avanti così... Come se lo Stato si rassegnasse a riconoscere man mano, quando era ormai impossibile continuare a negarlo, ciò che non solo gli studiosi ma i vecchi abitanti dei luoghi sapevano. E questo processo, con il rattoppo continuo delle mappe delle zone a rischio, è proseguito fino ai nostri giorni. Senza che mai venisse definita una mappa finale che non fosse una pura accumulazione di variegate mappe precedenti. È una seccatura, finché non crollano il campanile, le case e i capannoni, accettare la definizione di area sismica più o meno esposta al pericolo.
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