-Ehi... mah, tutto bene.
-Sicuro? C'hai una faccia... ancora problemi con quel libro che pensavi di scrivere?
-Sì, inizia a essere un problema.
-Perchè?
-Ho paura che venga accolto nel modo sbagliato, che non venga capito. Sai come sono 'sti puritani...
-Mezzi drogati, mezzi fr..
-Zitto, scemo, che poi ci processano e domattina ci sbattono nel Tamigi. No, il mio problema è che ho inventato una storia e l'ho scritta in prosa. In modo realistico.
-E perchè non l'hai scritta in poesia?
-Mah, non mi andava... poi, sai, tutte queste cronache di viaggi nel nuovo mondo mi ha molto influenzato... hai presente quel Richard Hakluyt?
-Sì, ho letto qualcosa...
-Ecco, io mi sono inventato di questo tizio, Robinson, che rimane vittima di un naufragio e per 28 anni tira a campare su un'isola deserta. Grazie alla sua intraprendenza e alla fede in Dio, naturalmente. Un colpo al cerchio e uno alla botte.
-Non sembra male, ma quindi il problema è che te la sei inventata o che è realistica?
-Entrambe le cose. Sai, ho esplorato un modo nuovo di fare letteratura e non so quali saranno le reazioni.
-Fai una cosa, allora. Fingi la finzione.
-?
-Fai finta che non sia finto, cioè che quello che racconti sia realmente accaduto.
-Ma va, ma ti pare che qualcuno ci crede, che questo qui si è fatto 28 anni da solo su un'isola?
-Mica ci devono credere, si devono divertire, devono trovare in quello che leggono una rappresentazione e una celebrazione dei valori che ispirano il nostro impero.
-Sì, ma... no scusa, cosa intendi per "non ci devono credere"?
-Che fanno finta di crederci ma sanno che non è vero: si chiama sospensione dell'incredulità (così la chiamerà Samuel Taylor Coleridge qualche decennio dopo, ndGeffe), come quando a teatro un attore recita la parte di Giulio Cesare. Quello è non è mica il vero Giulio Cesare, ma nessuno rompe le palle.
-Beh, in effetti...
-Dai, dai. Per fingere la finzione, però, ti servono un paio di cornici belle toste. Come lo intitoli il libro?
-Mah, pensavo con il nome del personaggio: "Robinson Crusoe"
-Troppo vago, dev'essere più dettagliato, deve sembrare più vero: intitolalo, che so, "La vita e le strane e sorprendenti avventure di Robinson Crusoè, che visse ventott'anni da solo in un' isola deserta al largo delle coste dell'America, non lontano dalla foce dell'Orinoco , approdato sulla spiaggia in seguito ad un naufragio dov'erano periti tutti i marinai eccetto lui".
-Ammazza, è bello lungo.
-Sì, ma così almeno non ti possono rompere le palle perchè c'è troppa fiction. Ancora un po' e te lo vedi lì che costruisce un tavolo perchè gli mancano le abitudini della vita che conduceva prima del naufragio.
-...
-...
-Questa del tavolo me la segno.
-Mica ci devono credere, si devono divertire, devono trovare in quello che leggono una rappresentazione e una celebrazione dei valori che ispirano il nostro impero.
-Sì, ma... no scusa, cosa intendi per "non ci devono credere"?
-Che fanno finta di crederci ma sanno che non è vero: si chiama sospensione dell'incredulità (così la chiamerà Samuel Taylor Coleridge qualche decennio dopo, ndGeffe), come quando a teatro un attore recita la parte di Giulio Cesare. Quello è non è mica il vero Giulio Cesare, ma nessuno rompe le palle.
-Beh, in effetti...
-Dai, dai. Per fingere la finzione, però, ti servono un paio di cornici belle toste. Come lo intitoli il libro?
-Mah, pensavo con il nome del personaggio: "Robinson Crusoe"
-Troppo vago, dev'essere più dettagliato, deve sembrare più vero: intitolalo, che so, "La vita e le strane e sorprendenti avventure di Robinson Crusoè, che visse ventott'anni da solo in un' isola deserta al largo delle coste dell'America, non lontano dalla foce dell'Orinoco , approdato sulla spiaggia in seguito ad un naufragio dov'erano periti tutti i marinai eccetto lui".
-Ammazza, è bello lungo.
-Sì, ma così almeno non ti possono rompere le palle perchè c'è troppa fiction. Ancora un po' e te lo vedi lì che costruisce un tavolo perchè gli mancano le abitudini della vita che conduceva prima del naufragio.
-...
-...
-Questa del tavolo me la segno.
5 commenti:
Non so chi sia il tuo professore, ma farti credere che Defoe sia il padre della prosa è proprio da cagnaccio infingardo...
Che commento bizzarro: va bene che l'università italiana ha molti problemi, ma credo non ci siano professori tanto incompetenti e studenti tanto scemi da poter configurare il contesto che tu hai implicitamente ammesso nel tuo commento, cioè spiegare che la prosa sia nata nel diciottesimo secolo.
Defoe è considerato un precursore, se non il fondatore, del romanzo moderno. Genere che naturalmente è scritto in prosa, ma anche il vangelo lo è.
Da quale parte del post hai tratto la conclusione?
In sostanza mi dai dello scemo e dell'incompetente. La solita reazione spropositata e arrogante a una provocazione che intendeva semplicemente far notare come avessi colto l'impatto del libro di Defoe sulla prosa moderna (=romanzo). E magari anche discuterne. Non in questi termini di sicuro.
Scemo e incompetente per me è invece chi non capisce che il termine "prosa" nel mio commento si inserisse in un contesto, quello moderno, da te stesso già ben delimitato.
La mia conclusione, da te travisata, è stata tratta dal seguente passaggio:
"No, il mio problema è che ho inventato una storia e l'ho scritta in prosa. In modo realistico.
-E perchè non l'hai scritta in poesia?"
Nich, senza flippare: il giochino per cui si scrivono o dicono cose volutamente alla cazzo per provocarmi lo conosco, e ci casco spesso. Difetto mio, ne sono cosciente, e gira la ruota.
Stavolta, però, il caso è diverso: se tu avessi scritto “padre del romanzo” o della narrativa, o della fiction probabilmente avrei capito la battuta; scemo sì, ma fesso no.
Scrivendo “padre della prosa”, hai giocato la carta dei tarocchi durante una mano di briscola, cioè mi hai confuso un po’.
Intanto perché avresti avuto ragione: un prof che spieghi che Defoe è il padre della prosa è un ubriaco dietro una cattedra. La differenza è sostanziale. Defoe mica è il padre della prosa (penso che nemmeno esista, uno considerato il “padre della prosa”): è il padre del romanzo, semmai, e con tutte le elasticità dovute alla definizione.
Ma soprattutto perchè non capivo come potessi ammettere che ci siano dei prof che spieghino una stronzata simile.
Quindi, sospettando di aver scritto una cosa ambigua, ti ho chiesto da quale passaggio hai dedotto la cosa, e il resto sta scritto qui sopra.
E l'equivalenza fra prosa moderna e romanzo non capisco da dove arrivi, onestamente.
Evidentemente, avrei dovuto intuire che nel tuo commento non avevi inteso “prosa”, ma “romanzo”, e così venire a capo della battuta.
Ma sai come siamo, noi scemi, incompetenti, arroganti e spropositati: per idolo ci siamo scelti Barney Panofsky, mica Sherlock Holmes.
Mi difendevo solo perchè venivo accusato (o meglio insultato) per un'affermazione errata che in realtà non volevo assolutamente pronunciare. So benissimo che non può esitere un padre della prosa, semplicemente perchè la prosa è più antica della letteratura stessa. Cmq ammetto di essere stato poco preciso nelle mie considerazioni (prosa=prosa moderna=romanzo moderno=narrativa, passaggi un po' forzati), la prossima volta peserò meglio le parole per il Panofsky di turno.
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