Era un prof molto preparato e molto consapevole di sè, delle sue eccellenze e di quanto gli andasse stretta la cattedra di un liceo di provincia. Non aveva un metodo didattico chiaro e rigoroso. Ricordo che una volta, nel mezzo di una lezione, s'interruppe e mi chiese: "Fumagalli, ma a te piace -cognome fittizio- Cinciripini?" Cinciripini stava tre file davanti a me, era simpatica e carina. "Mah, sì.." balbettai dopo aver riso, stupito e imbarazzato. Lui registrò l'informazione, espresse il suo consenso e poi proseguì con la lezione sulla Guerra dei trent'anni, o quel diavolo che era. Faceva cose così, e immagino si divertisse molto.
Spiegava con scarsa costanza, liquidava parti cospicue del programma (San Tommaso? Mai nemmeno nominato: da Sant'Agostino alla filosofia moderna in un quarto d'ora, e via) ed era tuttavia capacissimo di appassionare gli studenti alle materie che insegnava. O almeno, di appassionare me. Quei saltuari quarti d'ora di lezioni vere contenevano esposizioni originali, ispirate da un piglio battagliero, lontane da toni e registri da routine quotidiana frequentati da diversi suoi colleghi; erano lezioni molto lucide, del tutto indipendenti dai manuali di testo e zeppe di roba che -e qui sta la principale grandezza- percepivo essere utile e stimolante, roba bella e intelligente: sentivo che mi riguardava, che mi diceva qualcosa. E come accade con i migliori documentari, per una cosa che imparavo, scoprivo di ignorarne due: e le volevo imparare.
Durante quell'anno scolastico, Antonio Scurati aveva in uscita il suo primo romanzo, pubblicato da Mondadori. Per noialtri studenti suoi, abituati alla mediocrità -detto senza toni spregiativi- generale del corpo docenti, era una roba piuttosto affascinante: tant'è vero che alcuni di noi parteciparono alla presentazione del libro e ne uscirono divertiti dal fatto che l'autore stesso -il loro prof!- avesse detto: "La sessualità, nel mio romanzo, è marcatamente pornografica." Anche perché in effetti lo era.
Finito l'anno scolastico, Antonio Scurati se ne andò all'università di Bergamo, e proseguì la sua carriera di scrittore con successi non trascurabili. Sulle scorte della passata ammirazione che nutrivo per lui, ho cercato di seguirlo il più possibile, leggendo tutti i -quattro- romanzi che ha pubblicato: ha vinto qualche premio letterario, ha litigato con Bruno Vespa, si è ritagliato un ruolo di opinionista in diverse trasmissioni Tv e scrive editoriali su La Stampa.
Qualche giorno fa, è uscito La seconda mezzanotte, il suo quinto romanzo. L'ho comprato. E' una cosa di fantascienza distopica, ambientata in una Venezia del futuro comprata da un colosso cinese delle telecomunicazioni a seguito di un'inondazione che ha cancellato le meraviglie del passato serenissimo. Come ormai abbiamo imparato tutti da decenni anni a questa parte, almeno (almeno) da George Lucas in poi, la fantascienza non è roba di astronavi e antennine e iperspazio e raggi laser. La fantascienza guarda avanti e indietro, ed è capacissima di raccontare pezzi delle nostre vite, di farci riflettere sul dove e sul quando e sul cosa mettendo in scena -cazzarola, lo sto scrivendo- intrecci immaginifici. Il primo nome che mi viene in mente: Minority Report. Arrestare uno che non ha commesso l'omicidio, che però ne ha tutta l'intenzione ed è in procinto di farlo. Giusto, sbagliato, perché sì perché no, la tecnologia, il progresso, le responsabilità individuali, le libertà personali, le minoranze, le maggioranze, la ceppa di Darko Suvin, gli eccetera. Si parte dal fantastico e si atterra sul reale, con numerosi gradienti di efficacia e di senso delle cose.
Di La seconda mezzanotte, ho letto un'ottantina di pagine e mi sono stufato. Conto comunque di finirlo, se non altro per parlarne a ragion veduta. L'impressione superficiale è che anche in questo caso il senso delle cose di Scurati tenda ad abbracciare l'enorme, l'evoluzione complessiva, il quadro globale ricorrendo al tono apocalittico, allo sfoggio profetico, alle dotte imbeccate sul declino-della-civiltà-occidentale.
Impressione superficiale. Poi magari mi sbaglio, ma ho il timore che in questo caso il cosiddetto messaggio e le tesi di fondo abbiano preoccupato lo scrittore molto più del piacere di scrivere e di farsi leggere, di sviluppare la narrazione: di raccontare una storia, insomma.
Di La seconda mezzanotte, ho letto un'ottantina di pagine e mi sono stufato. Conto comunque di finirlo, se non altro per parlarne a ragion veduta. L'impressione superficiale è che anche in questo caso il senso delle cose di Scurati tenda ad abbracciare l'enorme, l'evoluzione complessiva, il quadro globale ricorrendo al tono apocalittico, allo sfoggio profetico, alle dotte imbeccate sul declino-della-civiltà-occidentale.
Impressione superficiale. Poi magari mi sbaglio, ma ho il timore che in questo caso il cosiddetto messaggio e le tesi di fondo abbiano preoccupato lo scrittore molto più del piacere di scrivere e di farsi leggere, di sviluppare la narrazione: di raccontare una storia, insomma.
Nessun commento:
Posta un commento