martedì 24 gennaio 2012

Comunque/2

Mi trovo per un'altra volta molto soddisfatto delle dichiarazioni del Ministro della giustizia, che con un'affermazione laconica ed equilibrata ha ricordato quello che probabilmente è il più ingombrante elemento d'inciviltà dello stato in cui viviamo:
Il carcere è, sì, un luogo di espiazione, ma non deve perdere di vista i diritti dell’uomo. L’uomo in carcere è un uomo sofferente, che deve essere rispettato. Oggi invece il carcere è una tortura.
Tutto qui, quello che c'è da dire. Il carcere è un'istituzione necessaria a qualsiasi comunità, nella misura in cui garantisce la reclusione fisica di chi si è dimostrato inadeguato alle prassi della convivenza quotidiana e pericoloso per l'incolumità del prossimo.
Il carcere in Italia, però, aggiunge alla pena stabilita dal giudice una quantità di pene accessorie provocate dalla negligenza dei poteri competenti e dalla mediocrità delle decisioni prese in materia. La reclusione nelle nostre prigioni, in quanto tale, impone ai condannati vessazioni non sancite dal potere giudiziario che li ha condannati, ma determinate dallo stato di abbandono e deficit strutturale, economico e umano di cui soffrono le nostre prigioni. Il cui scopo, già che ci siamo, è quello di rieducare gli imprigionati in vista del giorno in cui torneranno a convivere con il resto della comunità.

E quella situazione qui, non è che fa schifo secondo me: fa schifo e basta.

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