Oh, finalmente.
Finalmente posso scrivere due righe di contestazione persuasa e argomentata alle parole di un ministro. Trattasi peraltro del ministro della giustizia, di cui ho pensato molto bene nelle scorse settimane. In riferimento alla pubblicazione di redditi e patrimoni dei membri del governo, Paola Severino ha infatti detto che:
Chi guadagna e paga le tasse non è un peccatore, e va guardato con benevolenza, non con invidia.
Se da un lato sono d'accordo nel valorizzare con serenità l'accumulo di una ricchezza guadagnata nel rispetto della legge e soprattutto nel subissare di fischi qualsiasi pensiero automatico relativo ai ricchi, ai passatempi dei ricchi, ai pregi dei ricchi e ai difetti dei ricchi, virgola, dall'altro contesto la valutazione dell'invidia che trapela dalle parole del ministro.
Intanto perché l'invidia è un sentimento, un'inclinazione, una disposizione della sensibilità umana. E come tale, non può essere giudicato a priori. (Guardate che vi sento: "E allora l'odio?" Nemmeno l'odio, naturalmente, può essere giudicato a priori. L'odio contro le ingiustizie, posto che ci siamo accordati su cosa sia un'ingiustizia e quali siano le misure concrete da applicare all'odio, è una brutta cosa?)
E poi perché quello che possiamo valutare, a posteriori e a ragion veduta, sono i comportamenti delle persone, le intenzioni di partenza e i risultati ottenuti alla fine. Mica i sentimenti. I comportamenti sono ispirati -anche- dai sentimenti, certo, ma dato che attribuisco scarsissima rilevanza al capitolo della dottrina cristiana che ha ispirato quel bel film di David Fincher, non vedo quali siano gli elementi concreti in base ai quali si possano condannare tutte le condotte umane ispirate dall'invidia. Soprattutto, non vedo per quale motivo la benevolenza e l'invidia debbano escludersi vicendevolmente, come implica il ministro. Per certi versi, sono la stessa cosa. O meglio: nella misura in cui sono riconducibili a una forma di ammirazione, fra le due c'è un rapporto nemmeno così debole.
Io penso che l'invidia sia un sentimento benvenuto, positivo, fecondo, quando vissuto con spirito razionale e costruttivo. Penso che l'invidia nasca dall'osservazione di persone, dinamiche e ambienti che reputiamo preziosi e desiderabili - potrei dire "migliori": mica è una parolaccia - e che se praticata con la razionalità di cui sopra sia uno dei motori più importanti attraverso cui passa l'ambizione all'emulazione, al miglioramento di noi stessi: delle cose che sappiamo, che pensiamo, che diciamo, che facciamo.
Io per esempio invidio molto Paola Severino. La invidio perché è esperta e competente di un settore della vita pubblica che mi interessa molto, la invidio perché ha avuto una carriera brillante, la invido perché gode di un livello altissimo di benessere e la invidio perché ricopre una carica di grande potere, in ragione della quale ha la possibilità di cambiare le cose e migliorare il mondo.
Ma invidio pure qualsiasi insegnante di letteratura inglese, perché fa il mestiere che vorrei fare io, un giorno.
Penso che nella sua dichiarazione il ministro facesse riferimento a quel pezzo di opinione pubblica annegata nel poverismo, nella recriminazione generalizzata contro i ceti abbienti e che pretende di denunciare i privilegi della casta a ogni sbattere d'ali. Ma semmai è sbagliato avere pregiudizi e costruire punti di vista e posizioni politiche su di essi: non essere invidiosi di chi vive "meglio" di noi.
Ps: perdonami la pistineria, Paola, ma è più forte di me. Chi guadagna e non paga le tasse non è un peccatore: è un ladro. C'è differenza.
Ps: perdonami la pistineria, Paola, ma è più forte di me. Chi guadagna e non paga le tasse non è un peccatore: è un ladro. C'è differenza.
2 commenti:
Bizzarro quest’elogio dell’invidia. Invidia da in-videre, negazione del vedere. L’invidioso non sa guardare perché è accecato dall’ira. Per tale ragione Dante cuce le palpebre agli invidiosi. La tua confusione tra invidia e ammirazione (ad-mirare guardare verso) è una contraddizione. Con tale inversione, neghi una giudizio non morale, ma razionale: “chi guarda senz’intelletto” è infatti da condannare perché incapace di agire con discernimento. Sono sicuro che troverai altro per criticare i nostri tecnici-ministri.
Non è un elogio dell'invidia, è una riflessione sulla fecondità di alcuni comportamenti invidiosi. L'approccio etimologico è molto interessante, ma non mi sembra risolutivo.
Ps: non faccio confusione fra ammirazione e invidia, penso però che fra le due cose ci possa essere una relazione.
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