Alcuni li studi a scuola, e puoi mandarli giù come lo sciroppo cattivo o appassionartene come un dodicenne coi videogiochi. Altri li conosci a scuola, che è diverso dallo studiarli a scuola, e possono attrarti o meno. Altri ancora li conosci perché le cose capitano, la scuola finisce e le meraviglie non rimangono nascoste. Meraviglie come Moby Dick, per esempio, che insieme a Delitto e Castigo è uno dei romanzoni ottocenteschi che preferisco. Che preferisco fra quelli che ho letto, naturalmente: e sono molti meno di quelli che hanno messo insieme la storia letteraria di quel secol superbo e sciocco (cit.) Quello che mi piace di Moby Dick è che c'è dentro tutto. E uno può sostituire Moby Dick con certe serie Tv, con le canzoni dei Pink Floyd, con la pittura di Botticelli, con i film di Sergio Leone, con le strisce di Schulz o con quel diavolo che gli pare, perché quel "tutto" assume immagini e contenuti fatti a forma del nostro modo di vedere le cose. Ma si ritorna allo stesso linguaggio, allo stesso registro, alla stessa giostra, quella che Melville ha sintetizzato, formidabilmente, avendo ben presente la differenza fra l'elargizione di un messaggio e la ricerca di un significato. Prediligendo la seconda, in questo modo equilibrato e spregiudicato insieme:
Ci sono certe bizzarre circostanze in questa strana e caotica faccenda che chiamiamo vita, che un uomo prende l'intero universo per un'enorme burla in atto, sebbene non riesca a vederne troppo chiaramente l'arguzia, e sospetti anzichenò che la burla non sia alle spalle di altri che le sue. Egli ingolla tutti gli avvenimenti, [...] non importa quanto indigeribili, come uno struzzo dallo stomaco robusto inghiotte pallottole e pietre focaie. E quanto alle piccole difficoltà e afflizioni, le prospettive d'improvvisa rovina, di pericolo della vita o del corpo, tutto questo, e perfino la morte, gli sembrano ingegnosi e amichevoli colpi, allegre spunzonature nei fianchi, somministrati dall'invisibile e inspiegabile vecchio mattacchione.
E poi ci sono risse e fiocine, sbronze storte e piccole storie sciagurate. Anzichenò: yuk!
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