sabato 30 ottobre 2010

Well, you knew all along that your dad was gettin' wise to you, now

Succede sempre, durante le feste. Succede che un po' di gente comincia ad andare a casa. Magari si sta annoiando, magari ha da fare il giorno dopo, magari son pure fatti suoi. E insomma la gente va a casa.
Quando un po' di gente va a casa, c'è anche un po' di gente che -attenzione- non va a casa. Gente che trova comunque un motivo per stare alla festa, e per costruire alibi attraverso i quali giustificare la voglia di perdere tempo con qualche amico, invece di pensare agli impegni del giorno dopo. Oppure è gente che il giorno dopo non ha impegni del tutto, e siamo punto a capo.
E così fra quelli che non vanno a casa si crea un bel clima, complice e disteso, che crea le condizioni per un tipo di divertimento diverso da quello precedente. Un po' lo spasso dei giapponesi, di chi sfida le circostanze e va avanti a oltranza, senza pensare alla probabile -per non dire certa- sconfitta del mattino successivo.
I veglioni di natale con gli amici, almeno con i miei amici, rappresentano bene questa tendenza. Prima si sta tutti insieme, ci si scambia i regali, si chiacchiera, si sbevazza, si vede gente che erano mesi che non, eccetera.
Poi, verso l'una del mattino, in ragione di quel senso del dovere famigliare che la festa dell'occasione ispira e al tempo stesso celebra, un po' di amici vanno a casa. Che domani c'è il pranzo coi parenti. E quindi.
Verso le due, troppo ubriachi per essere ragionevoli e non abbastanza per crollare addormentati sul divano, rimangono i giapponesi. Sei o sette amici, non di più, che tirano orari improponibili combinando cazzate.
Lo scorso natale, è andata così.
E' andata che a un certo punto ci siamo messi a ballare. E tendenzialmente a noialtri non piace ballare. Epperò ci siamo messi a ballare e cantare duro, fino alle cinque del mattino. Pc, Youtube, casse di amplificazione e via andare. Anche quella volta, come quasi sempre accade in contesti festaioli e tiratardi, la qualità della musica proposta ha intrattenuto un rapporto inversamente proporzionale col tasso alcolico pro capite e soprattutto col trascorrere del tempo. E quindi siamo partiti con belle e ispirate canzoni (tipo Doo wah diddy) poi a canzoni toste ma comunque buone (tipo Immigrant punk) a sconosciuti e gradevoli brani disco balcanici (tipo Disco Partizane).
Dopodichè, il disastro. Purtroppo non ricordo molti titoli. Sappiate però che era robaccia vera, e che raramente l'etichetta trash è stata così efficacemente applicabile. Però era molto tardi, erano le prime ore del 25 dicembre, non eravamo per nulla sobri. Certo, visti da fuori non avremmo dato una grande idea di maturità, però visti da dentro eravamo piuttosto felici.
Ricordo solo due titoli protagonisti di quei bizzarri momenti sociali. Ricordo senz'altro il video-karaoke di Notte prima degli esami, e la nostra naturalmente pessima performance vocale.
E poi la perla della serata. Proposta da un personaggio (avete presente Il mago di Oz? Ecco, invertite le lettere che compongono il nome del regno) capitato alla nostra festa chissà come, e rimasto lì con noi per nostra grande e manifestata soddisfazione. Ecco, a costui, verso le 4 del mattino della notte di natale, è venuto in mente di proporci questa canzone.



Noialtri l'abbiamo accolta come meritava: ballandola alla cazzo di cane, un po' in cerchio e un po' alla rinfusa e chiedendone il bis più di una volta. E ci siamo messi a cantare Maradò, Maradò con toni e modi di cui non andremmo orgogliosi, credo.
Furono bei momenti.
Fu un divertimento molto pirla, adolescenziale e autentico.
E oggi è il compleanno di Diego Maradona.
E io gli auguri glieli faccio, su.

venerdì 29 ottobre 2010

Next time, I'll listen to my heart. Next time, well I'll be smart

Che Massimo D'Alema sia Massimo D'Alema, non c'è dubbio. Che sia bravo, intelligente, misurato, preparato e competente, nemmeno.
Che abbia quel tremendo e saltuario vizio di liquidare le obiezioni dell'interlocutore con una battutina, meno ancora. (Fateci caso, quand'è in Tv: uno gli contesta delle cose, sostiene argomenti solidi e tesi fondate e lui controrisponde con una battutina. Mi manda in bestia.)
Che uno come lui ritenga di dichiarare, aperte le virgolette C’è uno smarrimento e un involgarimento del discorso pubblico. Altro che chiedere alla Chiesa di non ingerire. Io vorrei dirvi: ingerite! Se non ora, quando?" chiuse le virgolette, deprime un po'.
E il nodo della questione, questa volta come le altre, non è tanto che la Chiesa ingerisca. Trovo perlomeno paradossale la pretesa che la Chiesa non ingerisca nelle cose relative alla politica italiana. Trovo normale che gli esponenti della Chiesa facciano i loro interessi (voglio dire, son duemila anni che menano il torrone. Non è che un giorno, così senza avvertire, fanno una conferenza stampa in cui dicono: vabbè, sapete cosa? Ci siamo stufati. Fatevi pure i cavoli vostri che con Iddio Padre ce la sbrighiamo noi.) e che dicano la loro e che intervengano ogni volta che vogliono per dire quello che vogliono.
Quello che non trovo normale in generale, è che vengano ascoltati. O meglio, il modo in cui vengono ascoltati. Il peso (mediatico, politico, etico, culturale) che si attribuisce ai loro pensieri. Perchè dal punto di vista politico non rappresentano nessuno. Nes-su-no. E "nessuno" mi sembra un bacino elettorale decisamente scarso, soprattutto in relazione allo spazio che quei pensieri si guadagnano su giornali, Tv, dibattito pubblico and so on.
Perchè sono pensieri che non dovrebbero (peppereppé: lo so) riguardare chiunque abbia care le istanze illuministe e di tolleranza a cui tutti ci rifacciamo. Sono pensieri da cui dovremmo essere, banalmente, indipendenti.
Tornando a D'Alema e alla sua dichiarazione sciagurata, vorrei esser capace di formulare la battutina del caso, come forse riuscirebbe a fare lui.
Però a me non viene.
Mica son D'Alema.

giovedì 28 ottobre 2010

-"I don't feel like a laughingstock." -"That's only because you're a moron"

C'è il nichilista che è bravo a raccontar barzellette.
Cioè: ne conosce parecchie, non se le dimentica e le racconta bene. Io sono uno dei più grandi ammiratori di questa sua capacità, tant'è vero che spesso rido ancora prima della battuta finale.
Una delle barzellette che racconta più spesso, a volte anche su richiesta di noialtri amici dei parchetti, è quella dei tre esploratori che finiscono catturati dal villaggio di selvaggi.
Al primo chiedono: "Morte o bumba?"
E questo, un po' timoroso: "Bumba"
E allora lo prendono e gli infilano cazzi un po' dappertutto, con buona dose di violenza.
Al secondo chiedono: "Morte o bumba?"
E questo, abbastanza razionalmente: "Bumba"
E allora lo prendono e gli infilano cazzi un po' dappertutto, con buona dose di violenza.
Al terzo chiedono: "Morte o bumba?"
E lui, risoluto, orgoglioso e virile come un pater familias: "Morte!"
(E guardate che su questa risposta si potrebbero scrivere intere tesi di laurea, ma lasciamo perdere)
E i selvaggi, stupiti e abbacchiati: "Va bene. Però prima un po' di bumba!"

Ecco, in rete circolano svariate battute su questa storia (tutta da verificare: tutta da verificare) che riguarda il Cav, una ragazza marocchina e questo strepitoso binomio (teoricamente relativo a un rituale in cui avrebbero partecipato il Cav, la ragazza e vai a sapere chi altro) dal sapore tribale: bunga bunga.
Perchè bunga bunga significa questo, tra le altre cose:

da urban dictionary: bunga-bunga: Savagely brutal anal gang-rape. Fabled punishment for trespassing on the tribal land of a fictitious African tribe.

E quindi abbiamo questo.
Abbiamo ulteriori voci su presunti scandali sessuali del PresdelCons, indagini giudiziarie cascate dal cielo, polemiche a nastro su una storia ancora più misteriosa e sporca che non il contrario e una divertente barzelletta dal nemmeno tanto vago sapore razzista.
Fratelli Vanzina battono Italia. Cento a zero.

mercoledì 27 ottobre 2010

The mother and child reunion is only a motion away

A Slate si sono fatti una domanda semplice e intelligente. Si sono chiesti da dove cavolo arrivino le immagini dei feti utilizzate dai militanti anti-abortisti nelle loro manifestazioni.
Dopo esserselo chiesto, hanno pure risposto.
Questi qui hanno messo in piedi una ricca galleria, mentre questa professoressa universitaria di teologia le distribuisce con grande piacere.
E poi c'è quello che diceva del fine, dei mezzi, eccetera.

Well, I heard they fly a confederate flag

Salve,
Sono un post che non serve a niente.
Beh dai, non fate quella faccia annoiata, non prendetevela subito con il titolare, qui. Voglio dire, pensate a me. La prima cosa che ho fatto, dopo avervi educatamente salutato, è stata dire che sono inutile. Cioè, provateci voi a vivere così.
E poi chi lo sa, magari a qualcosa servo.

...

Ok, vado al punto.
Il punto è che su Life won't wait, il loro quarto disco, i Rancid hanno inciso una canzone che si chiama Wrongful Suspicion. Disco pieno di roba, di suoni, di sterzate caraibiche e dub e avanti che c'è posto. Certo, ci sono anche canzoni punk-rock più convenzionali e lanciate; ci sono Black Lung, New Dress e Something in the world today e molte altre. C'è un sacco di roba, no?
Ecco, a questo punto l'inutilità profonda che costituisce la mia ragion d'essere dovrebbe farvi sapere che il titolare qui e i suoi amici, questo disco, non è che l'hanno ascoltato. No, è più corretto dire che ci si sono sfondati le orecchie, fino ai conati di vomito e talvolta pure oltre.
E mentre si sfondavano le orecchie eccetera, hanno letto tutti i bellissimi testi. Hanno sentito Tim raccontare di gente a cui piace molto la bamba e che per questa passione finisce male, Lars di quella volta in cui si ritrovò a Leicester Square più sfasciato che non, e tutti quanti di quando, nel 1981, il capo del partito comunista polacco impose, da primo ministro, il vigore della legge marziale.
Eh, ve l'avevo detto che è pieno di roba.
Fra le canzoni minori di quel disco, appunto, c'è Wrongful Suspicion. E nel testo di Wrongful Suspicion (se qualcuno mi sta ancora leggendo, a questo punto, grazie. E sappiate che manca poco. Forse) ci sono tutti dei ringraziamenti per una serie di band newyorkesi:

All right this one goes out to Sick Of It All,
Agnostic Front, Crown of Thornz, Dgeneration,
DJ Ansen, Dave Hillyard and the Rocksteady Seven,
Simon and the Bar Sinisters, Nine Lives and
His New Band Under The Gun, Madball,
Marky Ramone and the Intruders.
Hey Marky go get your fuckin' shine box

Sta roba che Lars saluta il batterista degli ormai sciolti Ramones, al titolare qui, è sempre piaciuta molto. Epperò non ha mai capito che diavolo fosse, una shine box. E che diavolo c'entrasse col batterista. Forse un modo di dire gergale per un pezzo della batteria? Forse la scatoletta in cui tiene la ganja buona? Forse è una roba da film di David Lynch?
Go get your fuckin' shine box.
Boh, mai capito.
Dopo qualche anno, al mio titolare qui, è capitato di vedere (ma state ancora leggendo? Ma guardate che fuori c'è il sole) Quei bravi ragazzi di Martin Scorsese, in lingua originale. The Goodfellas. Film pazzeschissimo, che ve lo dico a fare.
E mentre lo vedeva, mentre vedeva una delle scene più famose, a un certo punto (immaginatevi il tono della sirena da catena di montaggio, solo più stupidina) ha detto: "Aaaaaaaahhhhh!! Ecco perchèèèèèè!!!!"
E insomma non vuole stare tanto a cinquantarla, il titolare qui (sì, se volete mandarlo a cagare fate pure: ha menato il torrone per un quarto d'ora e adesso fa quello che) però fra una cosa e l'altra c'è una relazione. E c'è Joe Pesci che dà di matto perchè un vecchio amico lo percula ricordando che da piccolo era povero, e puliva le scarpe ai passanti.
E le puliva con strumenti che stavano dentro, appunto, una shine box.
E quindi Go get your fuckin' shine box.
E quel vecchio amico lì, ecco, non sto a dirvi.
Però, insomma, la fine che ha fatto.

lunedì 25 ottobre 2010

Per quanto voi vi sentiate eccetera

Va bene, diciamo insieme (con un punto di vista consapevolmente sbrigativo) che tutti i giornali (e telegiornali) su cui sono state pubblicate le registrazioni degli interrogatori -parlo di Avetrana, ovviamente- hanno perso un'occasione per fare un buon lavoro, e si sono resi complici di un piccolo e grande disastro mediatico e sociale, sfamando quello stesso gusto per il macabro da salone di bellezza che invece dovrebbero analizzare e combattere.
Diciamolo.
Però c'è anche da far notare, e la cosa non è affatto secondaria, che le registrazioni degli interrogatori non se le sono inventate, giornali e tg. Non le hanno trafugate nella notte assoldando una spia, e nemmeno le hanno estorte con la forza.
No, le hanno ricevute da qualcuno che lavora alla Procura di Taranto.
Le hanno ricevute da qualcuno che lavora in Magistratura. Beh, di modi per arrotondarsi lo stipendio ce ne sono senz'altro di migliori.
E' il caso di accorgersene, e magari di piantarla.

venerdì 22 ottobre 2010

Che bello, dopo il morire, vivere ancora

Domani mi lancio con un paracadute. Niente, seppur minima, c'è una probabilità che io muoia.
E quindi, come ha fatto il nichilista prima di me, lascio qui scritte le mie ultime volontà.

Allora, vediamo di fare in fretta.
Prima di tutto, ci sarà da pagare (mamma, fai coi soldi del mio conto) per il servizio che mi trasformerà da pappetta umana omogeneizzata in cenere.
Sì, cenere. Capito mamma? E niente funerale. No, non dire cazzate, non è obbligatorio il funerale. E' una roba interna alla chiesa, senz'alcun valore legale. E buttate le mie ceneri dove cazzo volete, basta che non finiscano in faccia a qualcuno come ne Il Grande Lebowski: cazzo, quello no dai.
Anzi, sapete che vi dico? Lasciate stare le ceneri. Mi piace pensare che decomponendomi diventerò una begonia, o l'accumulo lipidico di un gatto randagio.
Tutti i vestiti, dai calzoni alla biancheria, insomma tutti, li mollo ad Ano, che è più o meno alto come me. Eppoi è stato sufficientemente generoso e ospitale da tenermi in casa sua per quasi un anno, voglio dire, non so se mi spiego.
Il conto in banca spolpato dai costi per il mio smaltimento, che è decisamente poca cosa, va ai miei, dai. Anche perchè buona parte di quello che c'è su me l'hanno lasciato loro negli ultimi anni. E fate saltar fuori un 200 euro per offrire una bevuta ai miei amici.
A mio fratello lascio l'auto: guarda che lunedì mattina arriva il perito per il finestrino, mi raccomando non fare il frignetta a venire al mio funerale (tracobetto: nessun funerale, cazzo) che poi quello chissà quando torna.
Poi, il portatile lo lascio a Nico, visto che è preso bene con la Apple. Trattalo bene, eh, e vaffanculo che tu sei ancora vivo e io no.
La bicicletta la mollo a Uilio, che l'ha molto apprezzata, quest'estate.
I libri li lascio alla biblioteca comunale di Rivolta d'Adda. Con un caro saluto per Maria Grazia.
Tutto il resto, e parliamo di due stronzate Ikea, uno zippo e poco poco altro, lo lascio ad Hamdi Aktas. Simo sa chi è.
Questo è quanto.
Pensatemi, talvolta.

De calidad y barato

Sul Post c'è il racconto di un'operazione di sequestro e incendio di marijuana da parte delle autorità messicane. Si tratta di 134 tonnellate.
Le foto sono una roba impressionante.

La tua lingua come questa cazzo di periferia

A me piace abbastanza, la musica che fa il tizio (lo so come si chiama, ma preferisco descriverlo come "tizio") protagonista del progetto Le luci della centrale elettrica.
Epperò questo generatore automatico di frammenti dei suoi testi mi sembra la critica/perculata perfetta di quell'impostazione alla lunga un po' stucchevole del suo stile.

giovedì 21 ottobre 2010

E forse sì: gli androidi sognano pecore elettriche

Ho appena finito di leggere Rapporto di minoranza di Philip K. Dick, che tra l'altro è l'autore su cui vorrei laurearmi.
E niente. E' un racconto splendido, che condensa in una trentina di paginette circa centoquarantamila aspetti della, porcaputtana lo sto proprio scrivendo fermatemi no è troppo tardi, società contemporanea.
E visto che sono solito cibarmi di ossessioni cazzute, ossessive, temporanee, capricciose e direi ossessive (tra le quali si possono annoverare: il culto acritico per Ronaldo, per i film di Kubrick, per il secondo disco degli MGMT, per La versione di Barney, per l'anarco-capitalismo, per le canzoni degli Smiths, per In between days dei Cure, per Studio 60 on the Sunset Strip e per chissà cos'altro), da qui a qualche mese la mia curva monomaniaca sarà questa qui: Philip K. Dick, e qualsiasi parola abbia scritto.

Per sapere

Ok. Sul lodo Alfano retroattivo Fini prima ha detto una cosa e poi ne ha fatta un'altra.
Ora possiamo parlare d'altro o rimaniamo a sbalordirci ancora per molto?

mercoledì 20 ottobre 2010

Senza stare qui a menarla

Per qualche motivo, ho provato a raccontare una storia, e a montarla con canzoncine ed effetti stupidini in sottofondo.
E' uscita così così, e non mi veniva il finale.
Se cliccate qui sotto, poi la sentite. Se poi la sentite, poi magari vi piace. Se poi magari vi piace, poi son contento.

Vizi, peli e soprattutto lupi


Trovato qui.

martedì 19 ottobre 2010

Great news in the sky

Sarebbe parecchio beffardo e altrettanto grave, a giudicare dall'uomo, dallo staff, dal seguito che ha e dal mestiere che fa.
Però, da quel che leggo in giro, inizia a circolare l'ipotesi secondo cui l'amministrazione Obama abbia seri problemi di comunicazione.
Per esempio, recentemente Obama ha operato un taglio delle tasse di 116 miliardi di dollari e la maggior parte degli americani non sembra essersene accorta.

lunedì 18 ottobre 2010

Pensavo

Su questo blog, ho scritto diverse cose con cui non sono più d'accordo.
Per esempio, la nostalgia per la segreteria Veltroni.
Ecco, non che io sia convinto di stravolgere le vostre vite scrivendolo, ma sappiate che da almeno un mese a questa parte Veltroni mi ha rotto le palle. E tanto.

giovedì 14 ottobre 2010

La cicala morale dentro di me

Una ragazzina a cui do ripetizioni mi ha detto che in classe hanno letto la favola "La cicala e la formica", e che la loro insegnante ha illustrato la morale elogiando la parsimonia e la preoccupazione per il futuro della formica, in contrasto con gli eccessi e le frivolezze della cicala lazzarona.
No, niente. Va bene tutto. Van bene il valore del sacrificio e l'etica protestante del lavoro.
Però la formica lascia la cicala a morire di fame e di freddo solo per tenere il punto, per dimostrarle che aveva torto. Insomma, per darle una lezione.
Beh, io un comportamento simile non lo farei passare così liscio, a quella stronza della formica.

lunedì 11 ottobre 2010

Everything in its Sufjan's place

E quindi domani esce l'ultimo disco di Sufjan Stevens, The age od Adz.
Intendo disco fatto a forma di disco, perchè dopo Illinoise lui ha rilasciato un botto di materiale, ma non dischi veri e propri.
La musica di Sufjan Stevens è sempre stata una roba strana.
Fa robe in generica adesione alla tradizione dei songwriter americani, scrivendo brani minimalisti con un banjo o una chitarra e la sua voce; e fa robe che in confronto erano i Genesis, a essere songwriter americani. Tutti dei pezzi strutturati sull'utilizzo di vibrafoni, campanelli, archi, fiati, pianoforti, cori femminili eccetera. Tutto con dei tempi un pochino storti, e con notevoli momenti di tensioni e poi di successive liberazioni.
Insomma è un topolone che si diverte un sacco, e si vede.
Dopo qualche anno di pausa, e dopo l'abbandono dell'insano progetto di dedicare un disco a ogni stato dell'Unione (ne ha fatti 2, ottimi) è tornato con The Age of Adz, appunto.
E i fan lì ad aspettare, a fantasticare su nuove canzonette pop piene di roba, ricche, ispirate, evocative. Uno è lì a chiedersi quanti sitar e quanti giri di oboe avrà piazzato Sufjan. Uno è lì, e si aspetta il quadretto, i pastelli a cera, le pecore e l'apprendista di Giotto che disegna sulla tavola.
E mentre uno è lì così, si accorge che l'ultimo disco di Sufjan Stevens è un disco di musica elettronica. Elettronica, porca miseria. Fatta a modo suo eh, che lui appena compra un vocabolario strappa la pagina in cui si definisce il termine "manierismo" e già che c'è anche quella in cui è consultabile il significato di "genere musicale". Per esempio, i cori femminili, vi pare che abbia smesso di usarli?
Però si è messo a fare elettronica, presente?
E oddio, niente di male. Come qualcuno ha scritto giustamente qui, anche i Radiohead a un certo punto han fatto Kid A, rivisitando la baracca a modo loro.
Il punto è che, mi rendo conto ascoltando sto disco, io di musica elettronica non so un cazzo messo in croce. (Sì, grazie, lo so pure io che i Kraftwerk, eccetera)
E quindi quando ho digerito sto disco di Sufjan, mi faccio un po' di basi di sto genere tutto tastiere, automatic beat e pacman.
Poi torno.

(A scanso di equivoci, e solo per questa volta: la foto nel post non è direttamente collegata al contenuto del post. Quello non è Sufjan, ma il fondatore dei Tangerine Dream. Questo è Sufjan.)

venerdì 8 ottobre 2010

Non sono d'accordo e stavolta nemmeno darei la vita

Sapete chi è Fred Phelps?
Fred Phelps è il pastore di una Chiesa battista indipendente, in Kansas. Fred Phelps e il suo gruppo di seguaci pensano che sia giusto e utile presenziare in modo battagliero e militante a eventi pubblici come funerali militari, esibendo cartelli tipo "Ringraziamo Dio per i soldati morti", o "Dio odia i froci" ma anche un banale "Dio ti odia".
Presente gli integralisti impennati, fascistoni e fanatici e altri aggettivi che descrivono condizioni di deficit intellettuale e paranoia mentale?
Ecco, lui è quello, devastato dalla demenza senile.
Ho appena letto un articolo su Slate riguardo a Fred Phelps. Perchè c'è una storia che mi sembra interessante.
Albert Snyder era il padre di Matthew Snyder. Matthew Snyder era un soldato americano, morto in Iraq nel 2006. Durante il funerale, Phelps e i suoi hanno ritenuto giusto e doveroso andare davanti alla chiesa e sventolare i loro cartelli di felicità per la morte di Matthew Snyder, e gratitudine per la pretesa misericordia divina.
E non perchè -attenzione- siano vagamente contrari alla guerra e quindi tiè ti sta bene. Macchè: loro festeggiano perchè ritengono che i soldati morti in guerra siano la punizione comminata da Dio agli USA per la loro -dice il rimbambito- eccessiva tolleranza con gli omosessuali.
[Slot machine che gira, rumore, luci, tacchi che sbattono sul tappeto, le ciliegie si fermano in posizioni simmetriche, cadono un sacco di monetine, arriva una folla, rissa furibonda, fine]
Per questi motivi, Snyder ha fatto causa a Phelps, prima ottenendo 11 milioni di dollari di risarcimento, vedendoseli prima dimezzati e poi portati via sulla base di una sentenza precedente redatta dalla Corte suprema circa una materia relativa al Primo emendamento.
Questa più o meno la storia.
In questi giorni, proprio la Corte Suprema americana si sta smazzando il caso e sta cercando di decidere (confermando, riformulando, rivedendo, correggendo) cosa diavolo significhi il principio della libertà d'espressione; quali siano i suoi limiti, ammesso che ce ne siano eccetera.
Per dirla massimalista alla blogger, si tratta di capire quanto si possa essere stronzi e vigliacchi nella vita, difendendosi dietro l'esercizio di una forma di libertà che molto difficilmente si riconoscerebbe agli altri, se si potesse disporne il potere.
Io penso da tempo che la libertà d'espressione non sia la libertà di dire qualsiasi stronzata ti passa per la testa, e che tuttavia sia giusto -finchè siamo nell'ambito dell'espressione- riconoscere agli idioti il diritto di essere idioti e di dire qualsiasi stronzata gli passi per la testa.
Stavolta, però, mah.

giovedì 7 ottobre 2010

Cazzo, cazzo e cazzo

Io di Cavalleri ne conosco uno. Si chiama Aurelio e insegna letteratura francese. Quindi chi sia Cesare Cavalleri non lo so.
Però, recensendo il libro che ne ha fatto Rocca e che porcogiuda vorrei anche leggere, ha scritto delle cose molto sbagliate sul mio libro preferito, e le ha scritte sul giornale dei vescovi.
Mi sento quindi molto soddisfatto del mio libro preferito.

Ma veniamo alla recensione, che commento alla cazzo di cane ricorrendo a un brillante corsivo d'interruzione:

Diviso in tre parti, ciascuna intitolata alle tre mogli del protagonista, Barney Panofsky, il romanzo è programmaticamente divertente, «politicamente scorretto». Dovrebbe far sentire intelligente il lettore, ma personalmente mi deprime.

Non dovrebbe farlo sentire intelligente: dovrebbe farlo sentire un po' moralista, in contrasto alla psicologia del protagonista. E poi dovrebbe innescare l'autocritica del moralismo provato dal lettore, facendolo sentire stupidino, dimostrandogli che frequenta qualche pregiudizio di troppo.

Non riesco ad appassionarmi alle imprese amatorie e alle bevute di Barney e dei suoi amici, e mi fanno schifo gli ubriachi che vanno a vomitare nella tazza del cesso.

A me gli ubriachi che vomitano nella tazza del cesso stanno simpatici. Anche perchè, se vomitano nel cesso, significa che non stanno vomitando addosso a me. E io stesso, qualche volta, ho vomitato nella tazza del cesso perchè ubriaco. E quindi?

Barney è ebreo, e sembra divertirsi a ironizzare sui difetti degli ebrei che sente anche suoi, ma non ha torto chi trova nel romanzo qualche sgradevole sfumatura antisemita.

Invece ha torto. Barney è ebreo, appunto. Cavalca i luoghi comuni sugli ebrei, e li porta all'eccesso; accoglie i pregiudizi, portandoli ugualmente all'eccesso. In questo modo, ne dimostra tutta la stupidità, tutta la miseria intellettuale. And the hits just keep on comin'.

La scrittura è fatta di digressioni e di aneddoti anche divertenti, come la presa in giro dell'intellighenzia parigina degli anni '50, o della promiscuità della comune sessantottarda in cui per un periodo ha militato un figlio di Barney; il quale Barney, per cavarlo di prigione, ricorre anche alla raccomandazione di un vescovo che peraltro disprezza.

Appunto. Dimmi tu se Barney non è una brava persona.

L'autodiagnosi di Barney è esatta: «Sto andando di nuovo fuori tema. Parlo di tutto, tranne di quello di cui dovrei. Ma questa è la vera storia della mia vita dissipata, che è fatta essenzialmente di oltraggi da vendicare e ferite da rimarginare». Un tipo così non mi diverte: propriamente mi fa pena.

Cazzi tuoi. Leggi Citati, la prossima volta.

"Ho fatto tanto di quel piangere"

Esame di cinema. Prima di me c'è una signora sui 60 anni. E non è che parla col prof. No, lei urla e gesticola e si agita tipo un condominio di napoletane al mercato. Sbraita cose a proposito di sequenze anamorfe e montaggio alternato, nemmeno fosse sbronza.
Esausto dall'esposizione, e speranzoso di calmare la furibonda anzianetta, il prof le chiede di analizzare "Ladri di biciclette".
Lei, senza vergogna, tutta uno stridolio e un agitare braccia al vento: "Uuuuuuh, guardi, come mi è piaciuto!!! Com'è commovente!! E la scena finale col bambino!! Proprio un bel film!"

Così le ha detto: Proprio. Un. Bel. Film.
Nel frattempo, il sottoscritto se la spanciava da matti. Poi, è arrivato il suo turno.

mercoledì 6 ottobre 2010

Per fortuna che c'è Bruno, a tenerlo per mano

Ok. Va bene. Il neorealismo porcogiuda. No, dico. Il neorealismo. Siamo italiani, quindi il neorealismo. E se anche non lo fossimo. Il neorealismo. La cronaca che diventa storia, il quotidiano che diventa epoca.
Vaffanculo Lynch e Tarantino, non rompete le palle. Il neorealismo.
E ok. Va bene.
Ladri di biciclette? Beh, Ladri di biciclette è un capolavoro. Come ricostruisce l'Italia sfasciata di quegli anni. Come rappresenta la piaga della disoccupazione. Come racconta la solidarietà della brava gente, e la codardia della tanta gente. E il rapporto fra il padre e il figlio: stupendo, commovente.
Capolavoro, ok? Ladri di biciclette è un capolavoro.
Bella forza, direte. Mica lo scopri tu. No, infatti, certo. Mica lo scopro io. Lo sanno tutti che è un film gigante, sopravvissuto ai tempi, pieno di cose da dire anche a un pubblico che nemmeno si ricorda di Tangentopoli, figuriamoci del secondo dopoguerra. Mica lo scopro io. Capaci tutti a dire che quel Wolfgang Amadeus col pianoforte ci sapeva fare.
Però Ladri di biciclette.
Dovessi dirne 10, di film da portarmi sull'isola deserta a consumare il cristallino per la visione ininterrotta, io questo lo porterei. Davvero.
Ha tuttavia un notevole difetto: dopo averlo visto, e dopo averlo rivisto, ti vien voglia di prendere la tua vita, smontarla in piccoli pezzi, soffiartici il naso, cagarci sopra e poi morire. Sul posto. Solo. Inosservato. Fra i piccoli pezzi e la tua cacca.

(Io sto bene, eh)

martedì 5 ottobre 2010

Meet them down by the river

Sapete che c'è? Stamattina ho comprato un disco.
The Suburbs, degli Arcade Fire di Montreal, Quebec, Canada. (Guardate che vi sento, manica di rompipalle: gnègnè, lui ascolta gruppi indie fighetti, gnègnè, nemmeno più americani, gnègnè, è talmente avanti che ascolta musica che ancora deve uscire, gnègnè, vuoi mettere gli Zeppelin. A parte che no, non voglio mettere gli Zeppelin, e poi questi qui sono indie com'o' cazzo: funzionano sui grandi numeri, collaborano con Terry Gilliam, hanno bellissime idee per i loro videoclip, vendono benissimo e, soprattutto, suonano meglio. Presente la sigla di Otto e mezzo?)
Comunque, dicevo, ho comprato un disco. Un disco di un gruppo, di quelli che vai nei negozi, lo chiedi, lo paghi, lo porti a casa, lo infili nel lettore e lui suona musica a un più che accettabile livello di fedeltà sonora.
L'ho pagato 18 euro e 90 (eh), e l'ho comprato a colpo sicuro, già sapendo che mi sarebbe molto piaciuto perchè sto disco, qualche mese fa, l'ho scaricato illegalmente dalla rete, per dirla con un eufemismo.
Ed ecco: è stato piuttosto divertente stupirsi della propria voce che dice a un negoziante "Ce l'avete l'ultimo degli Arcade Fire?". Mi sarebbe parso meno strano andare dal calzolaio a chiedergli di sistemare le scarpe, intendo.
E a parte che -i miei coinquilini sono avvisati- con quel disco qui spaccherò i coglioni per almeno un mese mettendolo su praticamente sempre perchè è bello che ti vien da piangere, mi sono accorto che la mia versione piratata è diversa da quella originale. Tipo che metà delle canzoni son diverse. Poi il disco è bello uguale, anzi forse è pure meglio.
Però a uno il pensiero viene. Tipo: ma mentre montavo la scrivania Ikea ne cantavo a squarciagola una che sul cd non c'è. Ma porco giuda, sarò mica rimbambito. Insomma, si può sapere che ci fanno ste canzoni qui, qui? E quelle là, là?
Qualche copincolla su Google e ci sono. Pare che qualcuno (gli Arcade Fire stessi? I discografici? Gli ebrei?) abbia fatto il simpatico, il collega al cocktail party, infilando nei circuiti della pirateria web materiale che col reale disco non c'entra un beatissimo. Tu pensi di ascoltare questi, invece ascolti un po' questi e un po' qualcun altro.
Il fatto è che alcune di quelle canzoni, quelle di qualcun altro, non sono mica male. Sono tutte di un secondo gruppo canadese, i Wildlife. Inutile dire che il loro Myspace è stato invaso da un botto di gente che, come me, cercava di ricomporre i pezzi della questione e che, come me, adesso scopre un onesto gruppo di bravi compositori di un rockettino gradevole.
Quella canzone qui, per esempio, sarà mica brutta: