venerdì 31 ottobre 2008
Opporre con lentezza
Altrimenti tirare via subito, e, compatti su quanto dice W, attaccare su detassazione della tredicesima, potenziamento del potere d'acquisto e rilancio della produttività delle piccole e medie imprese. Insistere, rompere le palle su ste cose: e dirlo alla stampa, di aver insistito e rotto le palle: "Il Pd vuole solo collaborare in modo costruttivo."
Rispetto alla solita dialettica parlamentare in cui l'opposizione prende le misure alla maggioranza e tendenzialmente dice di no, poi, provare a smarcarsi e ad agire da un'altra angolazione: cosa c'è da perdere? A quattro anni esatti dalle prossime elezioni, riscoperchiare d'un botto il dibattito sulla riforma elettorale delle politiche, sulla riforma costituzionale, più una sobria virata sugli stipendi dei parlamentari. Investire del gran tempo, su ste cose. Sereni e sorridenti, ma più testardi di un mulo, più ostinati dei giapponesi di Hiroito.
Proporre disegni di legge che anche al Governo possano sembrare opportuni e che, se rifiutati, possano aprire uno spazio di polemica; lasciare che la destra si strozzi, quindi, in quella polemica: "Il Pd vuole solo collaborare in modo costruttivo."
Moderatamente, c'è da giocare pulito, fare i bravi ragazzi e insidiare con la tranquillità di un fachiro, sorprendendo, disorientando, cercando di suscitare accuse di gioco sporco, dall'altra parte del banco: "Il Pd vuole solo collaborare in modo costruttivo."
Poi li voglio vedere, quelli che con Prodi c'è il regime.
giovedì 30 ottobre 2008
"Il difetto di basculare come una nave"
Comunque. Sul Riformista di oggi c'è un bell'articolo sul fermo della produzione della Volga, automobile sovietica e orgoglio dell'industria nazionale dal 1956.
E' che sul sito del quotidiano l'articolo non c'è. Potete leggerlo qui.
Imperialismi indebiti, niente auguri
Cercare di dire quasi la stessa cosa/5
Chi lo sapeva? Chi lo sapeva che l'Islanda era solo un fondo speculativo circondato da ghiacciai? Chi lo sapeva?
Se state cercando un singolo esempio di come la globalizzazione finanziaria ci abbia traghettato in questo casino e di come ci aiuterà ad uscirne, non dovete fare altro che guardare i quotidiani britannici della scorsa settimana e i loro articoli pubblicati in prima pagina sul numero di cittadini, comuni e università -Cambridge inclusa- pieni di guai perchè avevano risparmi parcheggia nelle banche islandesi, attraverso i servizi bancari online come Icesave.co.uk
Come direbbe Dave Barry, non me lo sto inventando.Quando ho visitato il sito Icesave per vedere di che cosa si trattasse, l'intestazione diceva: "Con Icesave, conti corrente semplici, trasparenti e ad alto tasso di guadagno". Ma poi, scritto sotto in lettere blu, ho trovato la seguente precisazione: "Online, non ci occupiamo di depositi o di richieste di prelevamenti di denaro tramite i nostri conti. Chiediamo scusa per ogni inconveniente che questo possa causare ai nostri clienti."
Si scopre che più di 120 municipi britannici, così come università, ospedali, associazioni di beneficienza avevano depositi bloccati nei conti bancari islandesi. La sola università di Cambridge aveva circa 20 milioni di dollari, mentre le forze di polizia 15. Città come Kent, Surrey, Sussex e Lancashire avevano circa 170 milioni congelati in Islanda, ha scritto il Telegraph. Anche gli sbirri avevano soldi in Islanda!
Quindi pensateci: qualche operatore di subprime a Los Angeles offre "prestiti truffaldini" per mutui alle persone che non hanno liquidità di modo che si possano comprare case nella California del sud. Quei mutui così magri si globalizzano attraverso il sistema bancario mondiale e, quando questi marciscono, spingono le banche a interrompere il prestito di denaro, per la paura che anche le azioni di tutte le altre banche siano tossiche. La crisi del credito colpisce l'Islanda, che cade sulla sua sbronza. Nel frattempo, il dipartimento di polizia di Northumbria, in Inghilterra, aveva investito alcuni dei suoi risparmi, e, ora che quei conti sono congelati, può essere costretto a ridurre le pattuglie nelle strade, questo weekend.
E qui sta la verità centrale della globalizzazione, oggi: siamo tutti connessi e al timone non c'è nessuno. La globalizzazione dà - è stata questa democratizzazione della finanza ad aiutare il rinforzamento della crescita globale, che ha sollevato molti abitanti di India, Cina e Brasile dalla povertà degli scorsi decenni. La globalizzazione toglie - è stata questa democratizzazione delle finanza a permettere agli USA di contagiare il resto del mondo con i suoi mutui tossici. E ora, dobbiamo sperare, la globalizzazione ci salverà.
Il reale e sostenuto intervento nella crisi avverrà quando le imprese più forti compreranno quelle deboli - su scala globale. La scorsa settimana, la banca Credit Suisse ha rifiutato un prestito dal governo per raccogliere capitali freschi dal Qatar, dalla famiglia Olayan dell'Arabia Saudita e dalle industrie Koor di Israele. La banca giapponese Mitsubishi ha comprato una partecipazione nella Morgan Stanley, probabilmente salvandola dalla bancarotta ed evitando una discesa ancora più rapida del Dow Jones. E il Banco Santander spagnolo, che era stato risparmiato dal peggio della crisi dalle conservatrici regole bancarie del suo Paese, sta comprando l'americana Sovereign Bankcorp.
Sospetto che presto vedremo la stessa tendenza interessare le industrie. E, una volta che il fumo si è dissolto, sospetto che ci troveremo a vivere in un mondo di globalizzazione messa su con gli steroidi - un mondo in cui le chiavi dell'economia globale sono intimamente legate come non mai. Sarà un mondo in cui l'America non sarà capace di grattarsi l'orecchio, figuriamoci di rotolarsi a letto, senza pensare all'impatto delle sue azioni sulle economie degli altri paesi.
E sarà un mondo in cui la diplomazia e sistemi regolativi multilaterali non saranno più una scelta. Saranno una realtà e una necessità. Siamo tutti soci ora.
Solito. Potrei aver sbagliato qualcosa: cose abbastanza tecniche per le mie conoscenze. L'autore è Thomas L. Friedman, uno dei più famosi editorialisti e scrittori americani. E sì, si dice "prelevamenti" quando si parla di soldi. E non so voi, ma io mi sento consolato; ndgeffe.
mercoledì 29 ottobre 2008
Confessioni di un calciofilo interista
2. Sono un ronaldiano spudorato, al limite del buon senso. Appena si accenna una critica al fenomeno perdo la pazienza e mi infiammo.
3. Non ho mai apprezzato granchè Javier Zanetti, anzi. Nelle ultime due stagioni ho dovuto riconoscere che il suo rendimento è stato eccezionale ma sulle precedenti dieci mantengo qualche dubbio.
4. Non sopporto Capello per la sua fiera pretesa di essere un uomo tutto d'un pezzo e per la facilità con cui si può dimostrare l'esatto contrario. Per non parlare dell'ottima stampa di cui ha sempre goduto nonostante diversi passi falsi in carriera. Stravedo per Ancelotti, Hiddink e per Zeman, nonostante il suo integralismo tattico. Tra gli attuali dico Marino.
5. Reputo Dennis Bergkamp un grandissimo calciatore. All'Inter giocava in una squadra di zappaterra e comunque una coppa UEFA (quando ancora aveva un senso) ce l'ha fatta vincere. Con l'Arsenal è stato straordinario e in nazionale ha sempre fatto il suo. Leggere qui una sua sponsorizzazione.
6. Disprezzo l'equazione per cui i trofei vinti da un calciatore sono l'attestato principale della sua bravura. Non mi piace per niente il luogo comune secondo cui quando si parla di un calciatore la prima cosa che si cita sono le sue vittorie. Ogni tanto ci casco anch'io ma sto uscendo dal tunnel. (Non è che poi se parlo di calcio mi dite: "Eh, ma nel blog hai scritto che...")
7. Certo che vanno calcolate le vittorie, ma non si contano: si pesano. Altrimenti tiriamo fuori un almanacco e parliamo di Roberto Baggio e Roque Junior. O di Kakà e Djorkaeff.
8. Odio la Juve. Di bestia.
9. Il Milan lo sopporto e talvolta lo stimo.
10. Udinese, Napoli e Roma mi stanno simpatiche, in generale. Anche il Foggia, quand'ero piccolo.
11. Fra le squadre estere tifo PSV, Celtic Glasgow e Real Madrid. La prima perchè ci hanno giocato Romario, Koeman, Gullit e Ronaldo. La seconda per la maglia e la terza per il prestigio.
12. Fino a un annetto fa non sapevo che la partita che assegna la Supercoppa europea si disputa sempre a Montecarlo. E ignoravo che Mario Corso fosse italiano.
13. A proposito di Gullit: dopo Rivera è il giocatore che più invidio alla storia del Milan. E anche Weah.
14. Primo anno di Ronaldo escluso, su cui comunque non ci sono prove, gli interisti davvero convinti che senza Moggi avremmo vinto qualcosa di più si sbagliano di grosso: peggio di loro solo i non interisti che si credono vittime di un complotto firmato Moratti-Tronchetti Provera-Guido Rossi.
15. Wayne Rooney è parecchio sopravvalutato, e un po' anche Van Nistelroy.
16. Grandi come il Brasile, lasciamo perdere, non ce n'è.
17. Non avrei scommesso un centesimo sulla vittoria del mondiale 2006 e avrei scommesso qualcosa sulla vittoria degli Europei 2008. Volete i miei numeri del Superenalotto?
18. Moratti è un lesso e la sua ultima campagna acquisti ne è superflua dimostrazione: 46 milioni di euro spesi per Muntari+Quaresma.
19. Alla luce del punto 5, bisogna puntualizzare la categorizzazione. Fuoriclasse: Maradona, Pelè, Di Stefano e quelli lì. Grandi campioni: Ronaldo, Kakà, Van Basten, Zidane e compagnia.
Campioni: Pirlo, Ibrahimovic, Del Piero e compagnia. Grandissimi calciatori: Crespo, Boban, R Mancini, Rivaldo eccetera. Poi ognuno ha i suoi e le categorie lasciano il tempo che trovano. Ma almeno ci mettiamo d'accordo sulle definizioni.
20. Quando, durante la finale dei mondiali in Germania, l'espulsione di Zidane fu salutata da valanghe di fischi e offese, un po' mi sono incazzato, con i miei connazionali.
21. Se la buttiamo sull'ideologia, meglio la difesa a 4.
22. Il Milan che ha vinto lo scudetto con Zaccheroni è sottovalutato: quattro giocatori come Leonardo, Boban, Weah e Bierhoff non ce li aveva nessuno quell'anno. Non in forma e liberi da infortuni, almeno. Poi la Lazio l'ha buttato via, il campionato, ma è un altro discorso.
23. Mi sono sempre annoiato a morte, seguendo il punto di Tosatti.
24. Nonostante siano sintomo di una brutta organizzazione del campionato, trovo che i turni infrasettimanali della serie A siano goduriosissimi.
25. Il mio campionato ideale avrebbe 14 squadre al massimo, e non escluderebbe la sperimentazione di playoff e playout.
26. Odio la retorica dei tifosi delle squadre provinciali secondo cui c'è del poetico eroismo, nel tifare squadre scarse zeppe di giocatori incapaci ma tanto generosi.
27. Già quelli che baciano la maglia dopo il gol mi stanno sui maroni.
28. Fra le squadre storiche dico grande Inter, Milan di Rivera, Sani, Altafini con quell'iperpersonaggio di Rocco in panca; Juve degli 8 campioni del mondo più Platini e Boniek. Fra le nazionali posto di riguardo a Brasile '50, Ungheria '54 e Olanda '74: le meravigliose perdenti. (Poi ci sono quelle di cui ho letto spizzichi ma che temo si disperdano presto, se nessuno si mette a fare storia su ste robe: dal River Plate degli anni '30 alla Fiorentina del '56, all'Austria di Sindelar)
29. Sono un ronaldiano spudorato, al limite del buon senso eccetera.
30. Mio malgrado, sono un grande fan di Del Piero. E mi sto abituando a considerarlo almeno alla pari di Robi Baggio. Su questo numero tondo chiudo, anche se meriterebbe un post a parte.
Nich e Bisio, vi invito a fare un post simile, vediamo cosa salta fuori.
martedì 28 ottobre 2008
Al di là delle macchie sul vestito
Qualcuno se ne dovrà (pre)occupare
"Sono le 20.26 ore di New York, notte fonda in Italia. I siti italiani sono impazziti e immagino domani i titoli dei giornali. Sembra e sembrerà che ci sia stato un altro quasi attentato a Obama, dopo la bufala di Denver un paio di mesi fa (Repubblica.it ritira in ballo quella bufala con nonchalance). Alle 20,27 sul sito del NYT non c’è ancora la notizia, le tv nelle ultime tre ore ne hanno parlato di striscio, senza dare grande importanza. Il Washington Post ha una breve che comincia così: "Investigators disrupted an improbable plan to assassinate". I due arrestati, due meno che ventenni naziskin, pare volessero prima uccidere un centinaio di studenti neri e poi Obama. E’ sempre un film dei fratelli Coen."
1-0 per gli arancioni
-non è che mi avventuro in giudizi definitivi, eh. Solo impressioni dei primi giorni-
L'Unità nuova è piccola. Piuttosto piccola, un formato tipo rivista, solo che è un quotidiano. Il che va incontro alle esigenze di chi legge in treno, tram, metro, eccetera. Agli altri frega poco, al giornale molto perchè risparmia un bel po' sulla carta. L'Unità nuova è decisamente rossa, poi. Come grafica, dico. Come contenuti, mah, per adesso mi sembra che non si scolli da adesioni acritiche verso quello che fa il PD e le solite critiche di metodo e di merito al Governo. Vuoi che c'è stata la manifestazione, che le contestazioni degli studenti fanno gioco al lettore medio, ma da questo punto di vista cede il passo. Ecco, un filo prevedibile la linea, per quel che ho visto. Ma effettivamente in questo momento sarebbe troppo chiedere al direttore arrivato da un mese o due di piantar grane al suo editore.
Le tre cose migliori, comunque:
1) alto numero di colonne, commenti e brevi analisi affiancate alle cronache politiche o economiche o altro. Ce ne sono parecchie, van bene
2) il notevole spazio riservato a iniziative culturali e recensioni nelle pagine finali
3) sperimentazione. Al di là del contenuto e della linea politica, per costruzione della pagina il giornale è un'altra roba, completamente un'altra roba, rispetto a quel che era prima.
Le tre cose peggiori:
1) il pezzo iniziale del direttore: "filo rosso". Giochetto di parole sotto cui sta un breve riassunto che cerca di mettere in collegamento alcuni contenuti dell'edizione quotidiana. Sta a pagina 2 e io già il secondo giorno l'ho saltato
2) poca originalità in alcuni articoli di carattere generale. C'è davvero bisogno di spiegare dettagliatamente, a pagina 40 e passa, che per gli immigrati l'integrazione passa soprattutto per la scuola?
3) la pagina calcistica del lunedì. Così non funziona. Meglio un pezzone monografico su un argomento solo della giornata appena trascorsa che non il solito balletto di mini-cronache delle partite, già vecchie prima ancora di uscire. E almeno introducete le pagelle, così uno si diverte a curiosare.
Il Riformista è un po' più libero, direi frizzante, se non fosse un aggettivo ridicolo accostato ad un quotidiano. E' un po' più da lettori rompipalle che non si accontentano, anche. Poi c'è il rischio che crei quell'immagine di nicchia autoreferenziale che se la tira, ma le idee ci sono e gli articoli di Andrea Romano, Giampaolo Pansa e Guia Soncini sono sempre interessanti.
Probabilmente per l'Unità è presto e diverse cose devono ancora essere perfezionate, ma se dovessi scegliere oggi direi Riformista.
lunedì 27 ottobre 2008
E ora come la mettiamo?
Qui la notizia. Addirittura, un poliziotto ha detto che le persone erano "well over" centomila. Ma si rimane a quei numeri lì.
Appoggiami questo
Dillo con un disegno
venerdì 24 ottobre 2008
"Contiamo di vincerla"
Welcome to the record
Ma infine, crederci o no, le radio in USA stanno passando il singolo, il disco esce il prossimo 23 novembre e puzza di delusione lontano un miglio. Poi magari no, ma insomma.
Da notare l'inizio della voce storica su Wikipedia: "le registrazioni di Chinese democracy sono cominciate nel 1994."
giovedì 23 ottobre 2008
I fatti separati dalle opinioni. Post in cui si parla di galera e non si cita Dostoevskij: appunti sparsi per un'Italia da non lasciare ai posteri
E' una notizia che dovrebbe far riflettere non solo sul livello di efficienza del nostro sistema carcerario, ma sul tasso stesso di civiltà del Paese. Il presidente del Tribunale di sorveglianza di Milano, come scrive Luigi Ferrarella oggi sul nostro «Focus», ha chiesto al ministro della Giustizia che cessino in alcuni reparti di San Vittore e nel carcere di Monza le attuali condizioni di esecuzione della pena. A San Vittore, ci sono sei persone in celle di tre metri per due, che dormono in letti a castello tripli e che, perciò, non possono stare in piedi contemporaneamente.
Poi riprende la previsione, già segnalata tempo fa, che l'effetto indulto sta per essere annullato, e scrive:
3) l'indulto, che è bersaglio di polemica politica, non era poi stato una decisione del tutto campata in aria, ma rispondeva sia all'invocazione alla più elementare carità cristiana verso esseri umani costretti a vivere in condizioni disumane, rivolta da Giovanni Paolo II al Parlamento il giorno della sua visita, sia a un'esigenza reale, più volte denunciata nelle battaglie condotte dai radicali.
Qui c'è tutto il focus a cui si riferisce Ostellino, in cui il già citato Luigi Ferrarella scrive cose che, perdonatemi, solo i peggiori squadristi possono derubricare come problema secondario:
Almeno in alcuni reparti del carcere di San Vittore a Milano e della casa circondariale di Monza «le condizioni igieniche e di vivibilità», documentate da due rapporti riservati dell'Asl, «sono pessime» al punto tale da violare «l'articolo 32 della Costituzione che tutela la salute come diritto fondamentale dell'individuo e interesse della collettività», e l'articolo 27 per il quale «in nessun caso» la legge può determinare come pene «trattamenti contrari al senso di umanità».
[...]
A Busto Arsizio, a Varese, a Monza, e a Milano-San Vittore (dove l'altro giorno la Direzione ha contato 1.424 detenuti nello spazio che al massimo ne potrebbe contenere 900) non vengono segnalate soltanto le «gravi disfunzioni» collegate al «superamento anche ampio» sia della capienza regolamentare sia perfino «della capienza tollerabile»: convenzione burocratica per la quale, sebbene in Italia i posti regolamentari nel totale delle 205 carceri siano 43.084, si ritengono «tollerabili» (da chi legifera sulle carceri, non da chi vi è detenuto) fino a 63.544 presenze (e il bello è che a fine 2007 anche i posti effettivamente disponibili erano in realtà molti meno, e cioè 37.748). Data dunque quasi per scontata una dose standard di sovraffollamento, il Dipartimento di Prevenzione dell'Asl indica però anche due situazioni di particolare criticità.
A Monza per «infiltrazioni d'acqua», e più ancora per la «presenza di scarafaggi» nelle celle dove «1 detenuto su 3 dorme su materassi direttamente adagiati sul pavimento», cioè proprio su quella terra solcata dagli insetti che - ricorda l'Asl - possono «fungere da veicolo per parassiti e agenti patogeni pericolosi per l'uomo». A San Vittore, invece, la situazione è molto differenziata. Nei reparti terzo (detenuti lavoranti) e quinto (nuovi arrivati), che sono stati ristrutturati, le condizioni sono «molto buone» sia nelle celle sia negli spazi comuni. Ma altri due reparti, il secondo e il quarto, sono chiusi senza prospettive d'inizio dei lavori, né come date né come finanziamenti deliberati. E, di conseguenza, il sovraffollamento si scarica altrove, soprattutto sul sesto raggio, «prevalentemente» occupato da extracomunitari, dove l'Asl descrive «nei casi più gravi» una situazione a tratti surreale: «celle di 3 metri per 2 metri con doppio letto a castello a tre piani», sicché le 6 persone detenute «non possono stare contemporaneamente tutte in piedi» perché non c'è lo spazio fisico per stare in piedi tutti insieme, e qualcuno a turno deve sempre restare appollaiato nel suo letto a castello per far muovere due passi (letteralmente) ai compagni di cella.
Paure dei soli scientifici
Nuclear weapons. No doubt about it. There are days when I get up and say, I cannot believe, I cannot fucking believe that it's been more than 50 years since one of those things got popped on an actual population. There are too many out there. One will get away, or someone will make one from spare parts and put it in a knapsack or blow it in Bombay or New York or San Francisco.
Risposta a bruciapelo.
"L' ultimo uomo sulla Terra è chiuso nella sua stanza. Bussano."
mercoledì 22 ottobre 2008
Già fatto un giro col Riformista
2. Ha una superfoto di Obama e nonna in seconda e terza pagina
3. Va abbastanza a fondo sulle robe USA, intervistando anche il più irriducibile dei filo-Bush
4. Ha il paginone dei commenti a pagina 4 e due colonne a pagina 16
5. Va controcorrente sul dibattito Saviano
6. Va in amarcord su vecchie partite di calcio giocate dagli attuali dirigenti del PD
7. Aprendo la pagina sportiva racconta polemiche e presunte bufale circa la revisione di una regola degli scacchi
8. Previsioni del tempo, programmi TV, oroscopo e grazie per la moneta da 1 euro.
-Sul PD conferma le previsioni: pezzo del direttore, pezzo di Andrea Romano-
In generale si fa leggere.
"Essere partigiani"
Repubblica è il colosso, il Riformista è nato come "Il Foglio di sinistra", il Manifesto è un quotidiano comunista parecchio squattrinato.
Poi i tre quotidiani di partito: l'Unità, Europa e Liberazione. Primi due PD e terzo Rifondazione, o come si chiama oggi. Senza esserne certo, ma andando a sensazione, di questi sei solo Repubblica camperebbe senza fondi pubblici. Ma magari mi sbaglio.
Finito il ripasso.
Per dire che l'Unità e Il Riformista hanno cambiato parecchie cose, recentemente.
Il Riformista, intanto, è diventato un quotidiano vero. Esce in 32 pagine, e cerca di affermarsi non più come giornale d'opinione ma come giornale giornale. Il direttore è uno più blairiano di Blair e la linea del giornale, rispetto al PD, prevedibilmente sarà talvolta critica talvolta no.
L'Unità ha avuto qualche difficoltà, oggi ha una direttrice nuova (voluta da Veltroni) e sabato presenta la nuova edizione. Dovrebbe essere uscita dalle intransigenze antiberlusconiane dei precedenti direttori e, si spera, anche da una passione per le manette preventive un po' imbarazzante, se frequentata da "il giornale fondato da Antonio Gramsci".
Il sito dell'Unità comunque è fatto abbastanza bene. Quello del Riformista meno.
Io prossimamente ogni tanto li compro, i due nuovi.
Poi vi dico.
martedì 21 ottobre 2008
Sunshine, been keeping me up for days
Consiglio uno qualsiasi dei suoi dischi. I miei preferiti sono Either/Or, Figure 8 e From a basement on the hill.
Sotto una canzone che lui ha dedicato a un amico, e che oggi è abbastanza facile dedicare a lui.
I see you're leaving me and taking up with the enemy
The cold comfort of the in between
A little less than a human being
A little less than a happy high
A little less than a suicide
The only things that you really tried
This is not my life
It's just a fond farewell to a friend
It's not what I'm like
It's just a fond farewell to a friend
Who couldn't get things right
Fond farewell to a friend
lunedì 20 ottobre 2008
Riflessione per i cugini
Appunti terapeutici per un futuro migliore
Un conto è farsi delle domande, e dire che tante cose sfuggono, che l'essere umano conosce e pratica l'imbroglio e che a pensare male spesso ci si prende.
Un conto è darsi da soli delle risposte infondate e non suffragate da fatti sostanziali, che spesso i complottisti tendono a mescolare con le loro opinioni.
Ricordare a questi mattoidi in erba che se le cose non hanno una spiegazione immediata non significa che ci sia per forza sotto qualcosa, ma che le cose sono complicate e molti elementi possono sfuggire, o essere suscettibili di diverse interpretazioni. Argomentare dicendo che i complottisti finiscono sempre per attribuire facoltà sovrannaturali ai loro nemici, credendoli capaci di allestire alla luce del sole piani ingegnosissimi e infallibili.
Riconoscere una certa fantasia e l'esercizio di una buona capacità di narrazione rispetto all'accadere degli eventi, e suggerire di canalizzarla in ambiti della vita più consoni e redditizi: scrivere romanzi, ad esempio.
Starci al massimo mezzora, a discutere, poi mollare tutto dicendo: "la tua/vostra pretesa di spiegare le cose in questo modo non dice niente su quello che tu ti illudi/voi vi illudete di spiegare in questo modo, ma dice parecchio dei disturbi paranoici di cui soffri/soffrite nel confrontarti/confrontarvi con gli eventi del mondo."
"E il vicepresidente chi è? Jerry Lewis?"
Qui c'è un salmone che va controcorrente e dice che è troppo presto per esserne certi. Anzi, prendendo in prestito uno slogan usato in ambito elettorale, è too close to call.
venerdì 17 ottobre 2008
Cercare di dire quasi la stessa cosa/4
Prove di cucina con i testicoli
Mentre il resto del mondo cerca di escogitare dei nomi semplici per i piatti cucinati con i testicoli, lo chef serbo Ljubomir Erovic non ha di questi pudori, come conferma alla perfezione il suo libro di ricette intitolato "Cucinare con le palle". Ljubomir, che dirige anche il campionato mondiale di cucina con i testicoli, è un uomo in singolare missione testicolare, come conferma la sua biografia:
"Quando non cucina o mangia testicoli, o aiuta gli altri a farlo, amministra una compagnia impegnata nella manutenzione di attrezzature mediche e dentistiche."
Mi chiedo se le due attività possano essere in qualche modo collegate. In ogni caso, penso di essere in debito con lui e di dovergli l'assaggio delle sue ricette. La prima cosa che si nota del libro di Erovic è che manca, come molti altri libri auto-pubblicati, di una seria revisione delle bozze. Il libro è pieno di errori, dalla ricetta della pizza che dà istruzioni di scaldare il forno ai 225 fahrenheit* (sicuramente oltre il potenziale di molti forni domestici) alle foto di piatti completati che includono chiaramente ingredienti non menzionati nel testo. Altre ricette includono liste di ingredienti senza consigliare il dosaggio, mentre solo a volte il lettore è guidato nell'eseguire i compiti più sconcertanti, come nella sezione delle torte ai testicoli: "prima di cuocere, tagliare la torta in cubi e cospargerla con un mix di tre uova e acqua frizzante." Di sicuro non ha a che fare con nessuna torta che abbia cucinato prima.
D'altra parte, è difficile ignorare il fascino delle ricette che iniziano dicendo "lavare il pene e asciugarlo tamponandolo con delicatezza" (stufato di pene di toro) o l'appeal romantico dei testicoli di tacchino a forma di cuore, e i video di istruzioni messi alla rinfusa nella pagine**, a mostrare come Erovic sia un uomo seducente e di incontenibile entusiasmo.
Due anni fa ho trascorso un lungo weekend in un festival della tromba in una provincia serba, e da quel che ho visto (bistecche enormi, intere mucche arrostite allo spiedo, più carne di quanto sia possibile immaginare), posso tranquillamente credere che il libro di Erovic sia il prodotto di una passione genuina e viscerale, non un atto di novità provocatoria.
E così sono andato dai macellai halal (cioè quelli che macellano e vendono bestie nel rispetto dei precetti islamici, ndgeffe) a Green Lanes (famosa strada di Londra, ndgeffe) per recuperare il mio bottino di testicoli. Trovato tutto nel primo negozio, sono poi tornato a casa per farmi una pizza. La ricetta è piuttosto semplice -un impasto di base, salsa di pomodoro, cipolle sminuzzate, peperoncino rosso, formaggio cheddar e testicoli- ma ciononostante non ha dato risultati felici. Le fette di testicoli sono bagnate e morbide, e il loro sapore delicato non si combina con il resto del piatto. Il mio sospetto è che Erovic ha scritto la ricetta per cercare di adescare nei ristoranti meno "avventurosi", facendo finta che quelle innocenti bacche fossero un ingrediente del tutto normale.
Ho più fortuna col secondo piatto, il testicolo fritto strapazzato. Bisogna marinare i testicoli in un sughetto di succo di limone, prezzemolo, olio d'oliva e pepe prima di friggerli in una normale pastella. I risultati sono sorprendenti, come miniature di eleganti cotolette alla milanese. Incoraggiato da questo piatto, ho deciso che il prossimo weekend provo i testicoli alla Dime Vul di Kratovo, un'audace miscela che cerca di mescolare "5 coppie di testicoli di maiali castrati" con brandy di Komovica.
Mmmm-mmmmm.
* in realtà 225 gradi fahrenheit sono una temperatura appena superiore ai 100 gradi celsius. Quindi o mi sfugge qualcosa o c'è un errore di battitura.
** Video nelle pagine, mah
giovedì 16 ottobre 2008
Il bambino è padre dell'uomo, o no?
Ma proprio su chi protesta voglio dire una cosa. Che sembra una cosa un po' di destra e magari lo è anche, e chi se ne frega.
Ci ho pensato un attimo prima di scriverla, frenato dalla volontà di non fare lo sputasentenze su cose che non lo toccano da vicino.
Ma poi mi è stato ricordato anche il recente e sciagurato tentativo di ingerenza ed interferenza dei poteri del presidente della Repubblica: la valanga di mail arrivate al Quirinale in preghiera a Napolitano di non firmare la riforma, e allora decido di buttarla giù.
Non è una cosa su tutti quelli che protestano, diciamo che è sulle mamme che protestano. Perchè spiegare ai liceali che la riforma Gelmini praticamente non li tocca e quindi le loro occupazioni sono inutili e inopportune è tempo perso: al mio liceo si tentò e fallì un'occupazione (Pierinaaa! Dam 'i ciaf'!) giustificata anche come protesta contro le bombe NATO in Serbia.
Quindi ecco, a voi mamme dico. Ok, i figli sono vostri, ok i diritti civili, politici e rovesci. Probabilmente avete ragione, la riforma vi mette i bastoni tra le ruote e i nuovi tempi di lezione incasinano ulteriormente le vostre giornate. Ma vedere i vostri bambini sfilare nei cortei con candele o cartelli in mano, vederli pernottare nelle scuole durante notturne occupazioni simboliche, vedere i loro corpi e il loro tempo strumentalizzati in quel modo, alla buona e facile, con l'entusiasmo di chi si dice da solo che sta facendo una cosa giusta, è pessimo, urticante, mi fa arrabbiare e mi mette una gran tristezza.
mercoledì 15 ottobre 2008
E il mio è già vecchio
Strange as it is
martedì 14 ottobre 2008
<>
"Clear view"
Fresco nobel per l'economia (e applausi a non finire per il post in cui racconta della vittoria), Paul Krugman dà una gran pacca sulla spalla a Gordon Brown (e probabilmente è il primo a parlarne bene dai tempi del college) e a quanto sta facendo in questi giorni di crisi economica:
lunedì 13 ottobre 2008
De ariae frictae
Il dittatore dello stato libero di Bananas è un vecchio film di Woody Allen che mette in scena una storia bizzarra e molto divertente, raccontata attorno a una dittatura inventata.
"Repubblica delle banane" -Rdb- è poi diventata una specie di metafora spesso adottata per riferirsi a paesi sudamericani vittime di caos istituzionali, giunte militari, drammi sociali, eccetera. Ha un'accezione ritrattistica, che tiene insieme gli elementi tipici di quei posti lì, preferendo quelli più negativi. Girandola, è un po' come quando si dice che i paesi scandinavi sono civili, tolleranti, puliti e benestanti.
E' usata anche per l'Italia, l'espressione "Rdb": riutilizzata da diversi avversari di Berlusconi (i più intransigenti, quelli di piazza Navona, per capirci) in riferimento ai problemi (conflitto d'interessi, fascistelli al governo, leggi ad personam) innescati dalla sua entrata in politica. Travaglio aveva, o forse ha ancora, una rubrica su L'Unità dal nome Bananas. Rdb, per quel che serve, è molto calzante come immagine. In riferimento a presunte e/o reali distorsioni della vita democratica, risponde molto bene alla rabbia di stomaco generalmente nutrita contro il palazzo, porta con sè un tono di disincantata ironia e disegna una specie di scenario autoconsolatorio. Siamo una repubblica delle banane, come dire: siamo messi male, che ci vuoi fare, colpa loro. Ma in Italia, l'espressione "Rdb" ha un senso molto distante da quello sudamericano. Là unisce e riassume, qui separa e qualifica: chi sventola l'uso di "Rdb" come bandiera della sua opposizione al potere di Berlusconi si schiera in un fronte che, tendenzialmente, ha due avversari. Il primo è quello dei berlusconiani, servi, leccaculo e via discorrendo; sono talvolta insultati, spesso derisi, sempre criticati. Il secondo è quello degli inciucisti: gente che, pfui, si dice di sinistra ma cerca altre strade e altre strategie per confrontarsi con Berlusconi. Ultimamente gli inciucisti sono forse più disprezzati dei berlusconiani, e il margine che separa i due fronti è giudicato sempre più labile.
Ho da poco scoperto che l’espressione “Rdb” va oltre. Uno dei giornalisti USA che seguo di più, se non altro perché il Corriere traduce spesso i suoi pezzi, è Christopher Hitchens. Sull'ultimo numero di Vanity Fair americano (che poco ha a che fare con l’edizione italiana, comunque leggibilissima) c’è un suo articolo intitolato America the banana republic. Lui ha preso l'immagine e l'ha proposta in accezione politica, non politicizzata. Sostanzialmente il suo articolo è un po' sfogo un po'analisi dei vari problemi sollevati dalla crisi economica in corso. Hitchens è tutto tranne che un populista di sinistra (immaginatevi un Ferrara radicalmente antireligioso, più violento dal punto di vista dialettico e se possibile ancor più convinto sostenitore della guerra in Iraq) e quindi non c’è spazio per il sospetto del pezzo in stile sinistra dei girotondi (anzi, probabilmente in Italia Hitchens sarebbe loro appassionato avversario). Lo spazio è quello che racconta una situazione contingente, confusa e sfasciata, di cui vanno capite responsabilità ed errori. Senza urlare e uscirsene con discorsi tipo l'avevo-detto-io. Si tratta di una cosa semplicissima e vecchia quanto il mondo: un differente utilizzo della stessa immagine.
E’ che, per ricollegarmi all’intro del post, non c’è una conclusione che chiude il giro di tutto quello che ho scritto qui sopra. Forse, l’unica cosa seria è la seguente: è il 13 ottobre 2008 e ho scritto tutto questo post per dire che la lingua cambia e i suoi usi sono molteplici, mai univoci.
domenica 12 ottobre 2008
venerdì 10 ottobre 2008
E gli puzzano le ascelle
«Non si capisce perché gli accademici di Stoccolma debbano giudicare "provinciali" dei grandi scrittore americani e poi premiare uno scrittore come Le Clezio che aveva cominciato bene ma che poi ha continuato mediocremente.»
giovedì 9 ottobre 2008
Piccolo il mondo/2
Piratate
mercoledì 8 ottobre 2008
Ignitions
martedì 7 ottobre 2008
"Absolutely astonishing waste of water"
Cinema 2.0
lunedì 6 ottobre 2008
Cercare di dire quasi la stessa cosa/3
Hoxha creò una società così istericamente chiusa e riservata che i pochi giornalisti capaci di entrare erano immediatamente privati di ogni foglio potenzialmente pericoloso di cui disponevano. James Cameron, un prestigioso scrittore inglese, agli uffici della dogana scoprì di dover consegnare i libri che portava con sè per tutto il mondo: l'opera omnia di Jane Austen.
Hoxha credeva che intere file di fortini dislocati su tutta la costa, grandi abbastanza da ospitare un soldato e un fucile, avrebbero tenuto distanti gli invasori, i quali, nella sua immaginazione, non facevano che ordire complotti contro l'Albania. L'idea era tanto folle quanto costosa, ma nessuno la mise in discussione. Hoxha fece costruire 700.000 bunker, circa uno ogni quattro albanesi. Il lavoro richiese più di tre volte il cemento usato per la linea Maginot, l'enorme struttura che fallì la protezione della Francia contro la Germania nella Seconda guerra mondiale.
Hoxha è morto nel 1985, la sua statua nella capitale Tirana è stata abbattuta. Lo stato albanese ha addirittura approvato una legge che giudica illegale ogni forma politica assimilabile all' "enverismo". Ma anche se Enver è morto, i suoi bunker ci sono ancora. Sono troppo costosi da distruggere e potrebbero rimanere lì per secoli. Alcuni sono stati trasformati in abitazioni per i più poveri, altri sono stati decorati con i nomi degli eroi del calcio. I giovani albanesi hanno scoperto, con un certo ingegno, che al loro interno non è impossibile fare sesso.
I bunker offrono un panorama malinconico ma di certo non sono le costruzioni più disgustose che si possano trovare vicino a Santi Quaranta. Parlano in modo eloquente di un'ideologia morta, ma anche da altre parti un visitatore può imbattersi negli elementi estetici del post-comunismo, l'era a cui l'Albania sta sopravvivendo, l'incubo del caos e l'incompetenza da cui l'intera nazione sta cercando di fuggire.
In Albania, la corruzione è diventata uno dei business più importanti dopo la caduta del comunismo. Durante gli anni '90, i cittadini erano senz'altro felici di assistere a una versione della democrazia e ad una nascita dell'economia privata. Ma, essendo stati convinti per 40 anni che il capitalismo, nella sua essenza, è disonesto, hanno interpretato la definizione alla lettera e hanno abbracciato la nuova era con eccessivo entusiasmo. Col senno di poi, sembra inevitabile che il più estremo degli stati comunisti (Hoxha rimase un convinto stalinista anche per molti anni dopo la morte di Stalin) si sia trasformato nel più corrotto degli stati post-comunisti.
Questa pessima storia rivive nel microcosmo di Santi Quaranta, affacciata sul Mar Ionio, vicino alla splendida isola greca di Corfù. Lungo il litorale, non lontane dal casinò Caesars (simile a quelli di Las Vegas) e dal piccolo triste spazio sulla spiaggia chiamato Heaven Beach, ci sono almeno tre dozzine di edifici, concepiti come hotel o condomini, simili a gusci di cemento (concrete shells, non mi viene la traduzione tecnica, ndgeffe) senza porte o finestre. In modo un po' patetico, per evocare l'idea di case sulla spiaggia nel Mediterraneo, alcuni di essi sono colorati di azzurro, giallo canarino o rosa. Gli edifici sono stati abbandonati 2 0 3 anni fa e in altri luoghi della città ci sono altre strutture nelle stesse condizioni. Alcuni sono così malridotti che sembra debbano cadere prima di essere pronti per essere occupati.
Il disastro di Santi Quaranta cominciò con le operazioni di marketing piramidale che divennero scandalo nazionale e internazionale nel 1997. Centinaia di migliaia di cittadini persero i loro risparmi in una truffa che fu incoraggiata anche da qualche esponente del governo. Le vittime si ribellarono e finirono per setacciare gli uffici del catasto nazionale. Molti file furono rubati, e il risultato fu una gran confusione nello stabilire chi fosse titolare di quale proprietà. Da allora, i corrotti responsabili del catasto hanno dato titoli di proprietà di un terreno solamente a sette persone. Lo scorso mese, il ministro della giustizia, Enkelejd Alibeaj, ha dichiarato che la "mafia dei terreni" ha guadagnato "decine di miliardi di dollari" in queste transazioni illegali, aiutata dagli impiegati pubblici negli uffici del catasto.
Diverse cause legali sono in corso: per risolvere il problema del titolo di proprietà, per stabilire quale ditta deve completare una costruzione, chi sarà il suo proprietario e per decidere se una data costruzione è completata o no.
Molte città e isole vicine a Santi Quaranta sono orgogliose di mostrare le loro rovine greche, romane e bizantine. Anche Santi Quaranta ha uno stile architettonico peculiare: incompleto brutalismo post-comunista.
La macchina nel giardino
sabato 4 ottobre 2008
venerdì 3 ottobre 2008
Bene
Parla la tua lingua, l'americano, e c'è una luce nel suo sguardo che è una mezza speranza
Parlando di storia è usata soprattutto in relazione all'omicidio di Franz Ferdinand il 28 giugno 1914 a Sarajevo.
Nel baseball, invece, Shot heard 'round the world è l'espressione con cui ci si riferisce al fuoricampo battuto da Bobby Thomson, esterno dei New York Giants, al termine della partita decisiva contro i Brooklyn Dodgers per vincere la National League, giocata il 3 ottobre 1951.
Il primo capitolo del romanzone che sto finendo di leggere, Underworld di Don DeLillo, il cui incipit è titolo del post, racconta proprio la gran letteratura newyorkese che sta dietro questo "derby". Per buttare dentro postmoderno, racconto orizzontale e registri mescolati, Don DeLillo ha cercato la coincidenza e ha intrecciato la piccola storia del match con la grande storia del mondo: sugli spalti, ad assistere allo spettacolo, si trova il direttore dell'FBI, J. Edgar Hoover, la cui attenzione è però distolta dal fatto che proprio quel giorno i sovietici portano a termine il loro secondo test nucleare. E allora come farà Truman a spiegare l'accaduto alla nazione, quali sono i rischi che corriamo, quanto cavolo è bravo quell'interbase, quando arriva il mio scotch.
Il primo capitolo finisce, un ragazzino raccoglie la palla dello storico fuoricampo, la porta a casa, e per le successive 800 pagine DeLillo ci dice cosa le è successo, a 'sta benedetta palla. Parallelamente, ci imbattiamo anche a quel capita al resto degli Stati Uniti, fra pattumiera, tecnologia e everyday life.
Quell'anno, poi, i Giants perderanno le World Series contro gli Yankees, altra squadra di NY in cui militava, per l'ultimo anno della sua strepitosa carriera, il famosissimo Joe Di Maggio. E allora, dato che questa è decisamente un'altra storia, torno alla mia: qui sotto c'è il video dell'homerun, con tanto di "I don't believe it!" urlato dal cronista.
giovedì 2 ottobre 2008
E i Sonic Youth fanno solo rumore
Boomp3.com
Ancora
2. Differenza fra depressione e recessione
3. Post ultracritico di Rampini sul bailout (pubblicato prima della bocciatura)
4. Fine dell'era di Reagan, ne arriva un'altra. Dicono qui.
mercoledì 1 ottobre 2008
Voglio un piano quinquennale, la stabilità
Ho raccolto e letto diversi articoli sui guai di Wall Street recentemente. E ho letto le sane discussioni in cui si sono avventurati i due soci, qui.
Puntualizzazione formalistica, noiosa, ma che ci volete fare sono rompipalle così: il sistema, la finanza, il mercato, la new economy. Ragazzi, mi pare che con tutti questi articoli determinativi la si prenda un po' alla larga, e non credo che i casini a cui stiamo assistendo possano coinvolgere l'intera baracca nel dibattito. Diciamo che nei giorni scorsi è stato drasticamente messo in discussione un certo modo di fare finanza, di investire e di risparmiare quattrini. (A proposito, ho trovato azzeccatissima la citazione del pezzo dei REM che fa da titolo a quest'articolo: è la fine di Wall Street, per come la conosciamo)
E che l'Italia sia più al riparo, anche rispetto ad altri stati europei, è cosa che dice e scrive chiunque. Per mille motivi, tra i quali alcuni di cui non andare molto fieri, qui dovremmo viverla smorzata, la crisi.
-finisce parte rivolta ai soci, comincia parte rivolta un po' a tutti-
D'accordo che minimizzare e contestualizzare i guai degli altri quando si è al riparo dei soldi di mamma&papà è uno sport buono per avvoltoi e licaoni, ma i toni dell'apocalisse mi sembrano fare gioco solo ai sensazionalismi del peggior tipo, sulla stampa e in tv.
Gli USA non sono sul lastrico, valanghe di risparmiatori se la fanno sotto ma hanno preso relativamente poche cannellate, appunto perchè hanno preferito girare i loro soldi a canali finanziari più regolati e affidabili, da quel punto di vista.
Poi siccome viviamo nel mondo del battito d'ali di farfalla, le ripercussioni sono globali. Ma questo vale anche per i periodi virtuosi e di crescita, e esibire il marcio nel sistema con lo stecchetto da entemologo quando questo scricchiola è troppo comodo.
O sei uno alla Tremonti, che va avanti da anni a fare un certo tipo di discorsi, a invocare una nuova Bretton Woods e a scrivere libri su quelle menate qui o ciccia: il tram era già passato.
(Poi Tremonti non ha necessariamente ragione su tutto, ma diciamo che l'aria che tira recentemente fortifica le sue convinzioni)
Il sistema non è marcio perchè scricchiola e rischia di cadere, ma scricchiola e rischia di cadere perchè è un sistema. (Eh sì, il caro vecchio Kubrick)
Per arrivare alla politica, la diagnosi di Obama mi sembra convincente: da una parte speculatori che hanno giocato col sistema, dall'altra legislatori che hanno fatto finta di non vedere e non hanno avuto la forza per intervenire a fissare nuove regole. Il risultato è noto.
Il bailout ha preso sberle dal Parlamento. Principalmente perchè, come si dice qui, è stato venduto male. E' passata molto in fretta l'idea di un intervento "socialista", di una specie di manna elargita dallo Stato alla Wall Street che ha giocato con i soldi dei cittadini.
Ho letto interventi di grande critica e protesta contro la classe politica americana per il no al prestitone. Anch'io appoggio l'idea di un intervento pubblico a cucire pezze sulle emergenze, ma sulle prime ho riconosciuto che la logica alla base della scelta del Parlamento, di cui ha scritto anche Ferrara, avesse un solido perchè: chi rompe, non pagano i contribuenti.
Il problema di questa logica ortodossa è che poi scopri che dopo il nossignore urlato in faccia al prestito, il mercato perde quasi il doppio nel giro di una giornata.
Poi uno si fa i conti come vuole e ha la pazienza che riesce ad avere, in attesa che il mercato si sistemi i calzoni con le sue logiche interne e mani invisibili. Ma speriamo che al Congresso cambino idea, e si diano da fare per salvare il salvabile, mettere al riparo chi è ancora fuori dalla tormenta e impedire al banco di giocare sporco, la prossima volta.
Told you so
Bless this country
Ieri la maggioranza dei parlamentari repubblicani, soprattutto la "fazione" più distante dal vertice, ha votato contro il piano di prestito proposto e sostenuto dal presidente, un repubblicano. E anche i democratici hanno votato contro, ma mica tutti.
(SI sono messi d'accordo e oggi lo votano, dice il NYT)
Update: stupidata mia. Il congresso ha due camere: una ha bocciato ieri e l'altra, pare, approva oggi. Poi non so che faranno.