lunedì 5 gennaio 2009

Avere speranza contro ogni speranza

Non ho mai nutrito molte e ferme convinzioni circa il conflitto arabo-israeliano. Tendenzialmente, la mia posizione ha sempre ondeggiato dalle parti di un dispiaciuto "il più pulito c'ha la rogna", che non riusciva a capire la solidità delle opinioni di cui sono invece lastricati molti, filo di qua o filo di là.
Qualche giorno fa, chiacchierando col nichilista, abbiam parlato di un libretto equilibrato sulla questione, e letto da entrambi. La mia lettura è stata significativa, gli ho detto, perchè ripercorrendo la storia del conflitto si nota come in tutti i suoi episodi (eccetto Libano '82) Israele sia stata più aggredita che il contrario.
Recentemente trovo qualche cosa in meno da obiettare a chi sostiene le ragioni di Israele nel conflitto. Che non significa dare del terrorista antiebraico* al primo che dice "Ma guarda che però anche i palestinesi non sono delle bestie", ma più che altro esprimere un sentimento di solidarietà, diciamo così, nei confronti di uno stato che -comunque, qualsiasi altra cosa si possa aggiungere- parla democratico, laggiù.
E no, non vuol dire nemmeno che allora Israele ha sempre ragione o che i morti palestinesi sono meno morti, o che guarda che i deboli stanno dall'altra parte e gli hanno portato via la terra. Su faccende come questa, trovo che ogni posizione di per sè definitiva, proposta come chiave di lettura di qualsiasi evento sia stupida e sbagliata -comunque, eccetera-.
Per riprendere un argomento caro ai filopalestinesi, il numero di morti e feriti difficilmente ha arbitrato ragioni e torti di un dato conflitto. Prima, sopra, (e collateralmente, in un certo senso) devono essere valutate dozzine di cose: le idee secondo cui si combatte; le prassi, gli atteggiamenti, gli schieramenti e le alleanze in base alle quali vengono prese le decisioni; la capacità di scalpellare il marmo con cui ci si difende il petto e le buone fedi con cui si combinano disastri. Rispetto a questi elementi Israele sta un gradino sopra, secondo me. Poi ognuno la pensa come vuole, attribuisce l'importanza che gli pare al dialogo fra le parti (tanta, tantissima, altro che il monte Ararat su cui è finito Noé: ma vaglielo a spiegare, ai sostenitori di Hamas) e fa i conti con gli estremismi coinvolti nella "fazione" in cui si trova come meglio gli riesce.
Per i dibattiti c'è sempre spazio. Su se e quanto e come sia accettabile l'offensiva israeliana e, ammesso che lo sia, su se e quanto e come possa essere utile e funzionale agli stessi obiettivi della politica israeliana, si possono fare le cinque del mattino sereni sereni.
In generale, e tralasciando la questione umanitaria che comunque un suo notevole peso ce l'ha, io penso che il pugno duro e la pace a forza di carri e innocenti civili morti ammazzati possono (anche, forse) dare qualche risultato nel breve, ma (anche, certamente) che serve ben altro nel lungo periodo, per assaggiare le condizioni concrete di pace e tranquillità che Israele -comunque, eccetera- merita di godere, e che Hamas -comunque, eccetera- lotta per impedire. Quindi no, non penso che gli israeliani facciano bene, a fare quello che stanno facendo in questi giorni. Però a loro posso dirlo.
E non che si scopra chissà che cosa, ricordandosi delle logiche autodistruttive interne ad ogni atto di guerra, dei burroni in cui si frana esercitando violenza per sè stessa e ribadendo la facilità con cui si possono involontariamente appiccare incendi di odio cercando di fare la cosa migliore.
Ma quello è, tendenzialmente: chiedete a Isacco e Ismaele.

* Io sono del partito per cui "l'uso fa la lingua". Se una parola si usa in quel senso lì, allora ha quel senso lì. E se non si usa mai, allora non esiste: non sono leggi fisiche, le parole, e non preesistono al loro utilizzo. Però, ecco, la parola "antisemitismo" usata con significato di odio pregiudiziale contro gli ebrei è completamente fuori luogo. Incredibile come ancora giornali e politici la usino con disinvoltura. E spiace notare come su questo anche Wikipedia manchi il bersaglio.

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Dio quanto non sono d'accordo (è un caso che la tua decisione sia cambiata in senso opposto al mio?). Torneremo a parlarne, stanne certo. Ma una cosa devo dirtela: il numero di vittime è la cosa più importante in questo conflitto. 500 morti a uno (fino a ieri, oggi non so) già di per sè bastano per prendere posizione, bada, non in assoluto, ma in merito a questo conflitto. Ma troppe cose mi vengono da dire, quindi passo.

GF ha detto...

Ho preso posizione, in merito a questo conflitto: credo che sia sostanzialmente uguale alla tua.
(In questo sostanzialmente poi ci passa un tir di traverso, ma se vuoi io porto i tarallucci e tu il vino...)

Anonimo ha detto...

Così per curiosità, qual'è il libretto che ti ha fatto cambiare (parzialmente?) idea? E cosa non condividi nel testo di Wikipedia?

Per quanto riguarda la (macabra) conta dei morti: il bombardamento di Dresda causò decine di migliaia di vittime e in tutta la guerra i tedeschi persero più vite degli inglesi. Per questo preferireste i nazisti agli alleati?

Anonimo ha detto...

Il libro è "Il conflito arabo-israeliano" di Fraser.

Anonimo ha detto...

Conflitto con due "t" ovviamente

GF ha detto...

Espe: trovo inappropriato dire che l'antisemitismo è una forma di odio espressa contro gli ebrei perchè gli ebrei non sono gli unici appartenenti al ceppo (chiamiamolo così) semita. La storia di Shem eccetera la conoscerai anche tu credo.
Inoltre, per quel che so, la parola è nata come ammorbidimento del più sincero "odio contro gli ebrei" (Judenhaas) usato dalla propaganda nazi prima della notte dei cristalli: insomma, oltre a essere fuori luogo è pure un po' ipocrita.
Non faccio le capriole, eh, però su un parolone così mi aspetto più precisione.