venerdì 28 novembre 2008

Due milioni di dei, e li adora tutti/2

E quale può essere il titolo dell'articolo sugli attentati di Mombai pubblicato da un quotidiano che si chiama, che so, Libero?

Facile, e pessimo: l'islam ci vuole morti. Lo rifarà ancora

(E c'è pure una forma pleonastica: o scrivi che lo rifarà o scrivi che lo farà ancora, pistola.)

Due milioni di dei, e li adora tutti

Magari sono io che non riesco a vedere lontano, ma tutti questi richiami all'11 settembre nei racconti dei fatti di Mombai -anche da parte di uno espertissimo come Federico Rampini- sanno molto di fuffa.
(Rampini qui recupera, e spiega rava e fava)

giovedì 27 novembre 2008

Welsh-pop

Non li avevo mai ascoltati bene, gli Stereophonics. Di loro conoscevo quel vecchio singolo carino ma nulla più, e immagino di averli derubricati come gruppetto che ha infilato quel vecchio singolo carino, ma nulla più.
Recentemente hanno pubblicato un best of.
L'ho ascoltato, e spacca.
Lontanissimi dall'aver inventato qualcosa, i gallesi, ma anche scrivere pezzi pop-rock di maniera come dio comanda, belli dritti, ben cantati e coi ritornelli che si stampano in testa, mica è poco.



Posto carino, dev'essere

La città di Cluj, capitale storica della Transilvania.

mercoledì 26 novembre 2008

Neo presidente, where art thou?

Ma solo a me sembra scema e figlia di una traduzione piuttosto stupida, l'espressione presidente eletto in riferimento ad Obama?

Cercare di dire quasi la stessa cosa/8

Nell'immagine dei pirati come adorabili farabutti, in stile Jack Sparrow, c'è qualcosa che probabilmente modifica la percezione odierna della pirateria. Quando poi questa si combina con la relativamente scarsa conoscenza dell'industria delle spedizioni, il risultato è la poca considerazione riservata ai flagelli dei mari. Ma oggi, essendo entrambe le maggiori rotte mondiali di navigazione fra Asia ed Europa minacciate, il mondo sta iniziando a confrontarsi col problema.

La maggior parte dei consumatori non calcola l'enorme prezzo che paga a causa della pirateria. Il Canale di Suez e poi il Golfo di Aden sono la tratta più importante per imbarcazioni che commerciano dall'Asia all'Europa e alla costa est degli Stati Uniti, cariche di merci diversissime come giocattoli natalizi, vestiti e automobili. I crescenti rischi di dirottamenti nella zona, principalmente effettuati da pirati con sede in Somalia, si sono tradotti in più alti premi assicurativi, costi di equipaggio e di sicurezza. Tutto questo rende il viaggio più costoso, e i costi passano direttamente alle tasche dei consumatori. Nei primi nove mesi del 2008, ci sono stati 199 attacchi marittimi, secondo il Piracy Reporting Centre dell'International Maritime Bureau. In questo numero sono inclusi 31 dirottamenti, 26 dei quali avvenuti in Somalia durante il terzo tremestre dell'anno. Anche quest'aumento di dirottamenti nelle coste somale non ha causato grandi preoccupazioni rispetto al problema. In parte perchè le spedizioni continuano a fare affari, in parte perchè molti consumatori probabilmente non hanno idea che le merci che comprano, le macchine che guidano e la benzina che usano sono trasportate da navi. Un altro problema è che i l fenomeno dei marinai rapiti per il riscatto, elemento di grande peso umano vista la sofferenza loro e dei loro famigliari, sembra interessare l'attenzione dei governi solo quando sono loro connazionali, ad essere ostaggi dei pirati.

La situazione è cambiata con il sequestro di settembre alla nave ucraina, la Faina, che trasportava almeno 30 carriarmati e altre armi. Il valore economico e politico del trasporto è stato inizialmente un colpo di fortuna per i pirati. Ma ora potrebbero essersi pentiti della loro scelta, per via dell'attenzione riservata all'incidente dalla comunità internazionale. Dopo questo dirottamento i Paesi europei, la Russia, l'India, la NATO, il Giappone, la Corea, la Malesia e altri hanno cominciato a inviare numerose navi da guerra nel Golfo di Aden nel tentativo di rendere sicuro il passaggio per le quasi 18000 navi all'anno che attraversano quella rotta.

Ma quando la pirateria marittima è repressa in una zona, sembra riapparire in un'altra. Durante le ultime settimane, è cresciuto il numero di proprietari di navi che ha deciso di non voler correre il rischio, considerato troppo alto, di effettuare il transito del golfo di Aden e che sta convincendo i suoi clienti a concedere il permesso di allungare il viaggio verso il Capo di Buona Speranza, nonostante l'aumento anche i costi. In ogni caso, il dirottamento delle 320000 tonnellate di petrolio caricate dalla Sirius Star lo scorso 15 novembre ha dimostrato che anche la suddetta tratta non è più sicura. La nave non stava viaggiando sulla rotta del Golfo di Aden ma, per via delle sue dimensioni, attraversava la rotta riservata alle imbarcazioni che trasportano petrolio dal golfo persico all'Europa e agli Stati Uniti: il Capo di Buona Speranza. Questo significa che la minaccia della pirateria ora riguarda entrambe le principali rotte commerciali fra Asia, Europa e costa est americana. Gli attacchi non sono solo una minaccia per marinai, navi e carichi, ma anche per le economie dei paesi in cui le merci dovrebbero arrivare. In modo particolare nel caso in cui i "facili prelievi" marittimi fossero copiati da terroristi con scopi ben più crudeli di arricchirsi velocemente. Nell'attuale clima finanziario, il potenziale aumento del prezzo dei beni è più di uno dei tanti fattori che non aiuterà il ritorno della fiducia nell'economia.

La soluzione a lungo termine del problema non sarà trovata in mare, ma sulla terraferma somala. E' solo grazie al lavoro di un governo attivo e politiche di rafforzamento della legge che il problema della pirateria può essere limitato. I provvedimenti anti-pirateria presi nel Sudest asiatico negli ultimi anni dimostrano come possano essere efficaci le soluzioni politiche. In questo periodo, i tre stati litorali della zona -Singapore, Malesia e Indonesia- hanno organizzato pattugliamenti marittimi ed aerei nello Stretto di Malacca, riducendo drasticamente il numero di attacchi alle navi nell'area.

[Poi continua, ma sono un po' stufo e non aggiunge molto. In ogni caso c'è il link, lassù]

Aprire i cancelli

Ha il cognome del fondatore della Microsoft, ma ha lavorato 26 anni nella CIA, dopo aver fatto parte dell'esercito e prima di entrare nell'amministrazione Bush come sostituto del dimissionario Rumsfeld.
Tieniti Gates, dicevano a Obama da un giornale conservatore come il WSJ: siamo in guerra in due Paesi.
E a quanto pare lui se l'è tenuto, Gates.

martedì 25 novembre 2008

Chapeau

In un blog che commenta e segnala le più notevoli trashate viste in tv, c'è questo post sull'Isola dei famosi in cui si può leggere un commento che, a proposito della vittoria di Vladimir Luxuria, afferma:

Beh, finalmente ha vinto una donna con le palle.

Te pareva

Per un motivo o per l'altro, diversi commentatori della politica americana sono favorevoli alla nomina di Hillary Clinton come Segretario di Stato.
Dopodichè, non ci vuole molta fantasia, Hitchens è contrarissimo:

In materia di politica estera, è stato provato più e più volte, i Clinton non si dedicano ad interessi che non siano i loro. Un presidente deve essere certo, a proposito del leader esecutivo della sua politica estera, che non abbia un'agenda diversa da quella che lui stesso ha organizzato. Chi può affermare senza timore che la cosa si verificherà con una donna le cui ambizioni personali sono illimitate; la cui lealtà secondaria è spesa per un ex presidente messo in stato d'accusa, "radiato" e screditato; e che è pronta, ad ogni momento, a rispondere alle adulatorie telefonate dei suoi due pingui fratelli?

Se il leone non racconta la storia, lo faranno i cacciatori

Che poi si fa la figura dei fighetti. Fighetti perditempo, per giunta. Perchè leggere un articolo così lungo su Vanity Fair, nell'edizione americana poi, è dritto dritto quel tipo di cose lì. Ne parli sul blog e chiudi il cerchio, dunque. Perchè la storia c'è, ha un suo perchè, prende dentro pure i Clash e trasuda Stati Uniti da ogni dove.

1) Siamo a Detroit, Michigan. Grande città del grande grande paese di là dall'oceano
2) A Detroit, o meglio a Flint, c'è un enorme stabilimento della General Motors. (Tempo fa, e da un'altra parte, ho scritto una cosa breve su beautiful Flint, Michigan)
3) Per via di tutta sta produzione di auto, Detroit ai tempi fu ribattezzata Motor Town
4) Nel 1958 un semifallito musicista di nome Berry Gordy jr si chiese: "Cosa posso fare per rendere felici le persone?"
5) Risposta: si fece prestare 800 dollari dai suoi genitori e fondò un'etichetta, che chiamò Motown Records
6) Per qualche decennio la Motown Records è stata l'unica etichetta nera in un mercato dominato da major bianche
7) Se l'aggettivazione nero&bianco vi sembra fuori luogo e troppo schematica, è (anche) perchè c'è passata la Motown in mezzo, a sdoganare la distinzione, allora di grande concretezza
8) A Berry Gordy, di tutte quelle categorizzazioni non fregava niente. Quando gli dicevano "E' soul, è rhytm and blues" lui rispondeva "Ascolta, la mia musica è pop. E pop significa popolare"
9) Ancora: per qualche decennio la Motown Records è stata l'etichetta che ha sfornato una quantità enorme di singoli di successo, rivoluzionando la musica pop(olare) americana e tirando fuori dal cilindro gente come Marvin Gaye, Stevie Wonder e i Jackson Five
10) Stabilimenti di automobili o no, scioperi generali o no, gli anni '60 furono l'età dell'oro per la Motown, e la grande fama raggiunta dai suoi singoli le valse il soprannome di Hitsville U.S.A.
11) Dal 1961 al 1971, 110 canzoni prodotte dalla Motown entrarono nella top ten
12) Alla fine dei sixties Gordy decise di cambiare aria, spostando la baracca a Los Angeles e le cose cambiarono definitivamente: diversi musicisti abbandonarono l'etichetta, altri si sentirono traditi
13) Nel 1980 i Clash pubblicarono il loro quarto disco: Sandinista! Dentro c'è una bellissima canzone di tributo al mondo di quegli anni là: Hitsville U.K.
14) Verso la fine degli anni '80 le casse dell'etichetta iniziarono a scricchiolare e Gordy vendette tutto alla MCA per 61 milioni di dollari
15) Cinque anni dopo la MCA rivendette la Motown alla Polygram per 325 milioni di dollari
16) La Motown continuò a produrre molte cose, alcune delle quali di buon successo, come i dischi di Lionel Ritchie e i Commodores
17) Certo, la vecchia Motown era tutt'un'altra cosa, dicono i fan
18) Nel 2005 la vecchia Motown è stata pappata dalla supermajor Universal, amen e così sia

Altre cose, con molte dichiarazioni dei protagonisti, qui.

lunedì 24 novembre 2008

Quand'ero giovane io...

Ti accorgi di invecchiare un po' alla volta, quando passi tutta la giornata a canticchiare un pezzo degli Abba:



Raschiato il fondo, le mani s'impastano di terra

C'è qualcosa di buono nell'ultima strepitosa vaccata dichiarata ufficialmente da Di Pietro: rispetto a Berlusconi, sotto Hitler non si va. Nessuno può figurare peggio di chi nell'immaginario pubblico mondiale costituisce l'incarnazione storica del male assoluto. Il circo dei paragoni finisce qui, solo una settimana dopo Videla. Peccato, perchè c'erano altri fior di dittatori da scomodare. Un Pol Pot, un Mao, che so, un Mugabe, via. Invece niente, Hitler è l'asso di picche che sbanca la partita delle scemenze demagogiche.
Si chiude. D'ora in poi ogni cosa che dirà Di Pietro sul presidente del consiglio sarà un boccone rimasticato. Da oggi solo eterni ritorni e giochi al rialzo per lui, pessimo politico che non è altro.

Harvard batte Yale 29 a 29

Straordinaria storia riportata da Rocca, qui.
Nemmeno a dubitarne, sulla partita esiste una voce su Wikipedia.

Un pochetto c'è da vergognasse

sabato 22 novembre 2008

Lui no, tanti sì

Ritorna nei momenti più tristi, quel vizio pessimo di molti mass media. Quando uno muore di tumore, non muore di tumore. Muore di una lunga malattia, di un male incurabile o di qualche altra perifrasi ridicola e stronza. Un vizio pessimo, questo, non tanto perchè i tumori non sono per forza lunghi nè tantomeno incurabili, ma soprattutto perchè se la scienza ha dato loro un nome, vale la pena di usarlo e di scrollarsi di dosso quell'abitudine sfigata e retrograda al tabù più irrazionale.

Sandro Curzi non è morto per una lunga malattia. Sandro Curzi è morto di tumore, di cancro ai polmoni, probabilmente di carcinoma spinocellulare.
Qui c'è quello che diceva qualche mese fa: «Certo, lo chiamo cancro. E come, sennò? Mai avuta paura delle parole giuste».

venerdì 21 novembre 2008

Vicino alle porte di Tannhauser

Leggi la mail che sei sveglio da poco, mica ti ricordavi che fosse oggi, e poi da quando si fanno di venerdì ste cose, o tempora o mores. Dopo aver consultato gli orari, vai alla città che si chiama come il gusto del gelato su un grande e scassato pullman, trovi subito la sede perchè ci andavi spesso a distribuire il giornale che si chiama come quei posti in cui lavorano gli operai. Sali le scale, entri e nessuno ti caga. C'è una stanza con un tavolone pieno di Macintosh di ogni modello dal '98 ad oggi. La tizia nella stanza è al telefono e dice all'interlocutore guarda che sono io la prima a dirlo. Stanza dopo, altro tavolone senza Mac ma pieno raso di quotidiani. Ci sono due sciur, uno legge la gazza l'altro la provincia. Chiedi. Scusate, sapete dove si può votare per le primarie giovanili, no, prova a chiedere a Mauro, ti dicono. E chi è Mauro, ribatti. E' lui, ti rispondono, appena esce dal suo ufficio. Ciao, devo votare, eccetera. Compili il foglio, ti fai spiegare due menate che non sapevi. Impugni una matita con una mina enorme, ti accorgi che non c'è la cabina ma fai finta di niente. Appoggi le schede su una fotocopiatrice e fai le ics, quella più importante la dai a Giulia Innocenzi.
Saluti, ringrazi, t'infili l'iPod e mentre ascolti canzoni rimescolate torni alla fermata.

Ha vinto McCain

In Missouri, dico: believe it or not, stavano ancora contando.

giovedì 20 novembre 2008

Yes, I'm certain that it happens all the time

Di tutte le cose che si dicono di coloro che per primi hanno scritto la grammatica della musica pop attribuendole inedita ed imperitura dignità artistica, regalando al mondo bellezze interminabili e baciate dall'ineluttabilità dell'eterna gioventù musicale, ovvero dei Beatles, ce n'è una che è davvero difficile da ammazzare, forse perchè è incontrovertibilmente vera e stop: Ringo Starr è diventato un dio facendo una stramazza di niente, tranne tamburellare a tempo le cose straordinarie scritte ed eseguite dagli altri 3.
Sull'argomento, la mia posizione si riassume in tre semplici parole: e chiamalo scemo. Ritengo inoltre che With a little help from my friends sia un capolavoro ironico e musicale, e che da solo paghi il giro, ammettendole con stile infinito, a tutte le immense fortune capitate al batterista.
E infatti: Ringo era il primo a divertirsi a proposito di sta cosa. C'è un aneddoto su What goes on, uno dei pezzi minori di Rubber Soul, disco famosissimo e pieno di meraviglie dei Fab Four, che chiude la questione oggi e per sempre.
A proposito del brano Starr ha dichiarato: "I contributed about five words to "What Goes On.' (laughs) And I haven't done a thing since!"

Tutta sta secchionata per dire che ho appena ascoltato la cover di What goes on fatta dal bravissimo Sufjan Stevens. L'ha stravolta, ma spacca comunque:



Aria fritta 2.0

Potranno essere simpatici, potranno anche servire a qualcosa e a fare comunità, ma i gruppi di Facebook a me stanno molto sulle palle, generalmente. Se non altro perchè gli inviti d'iscrizione a questi intasano la mia casella mail giorno dopo giorno. La maggior parte è di uno stereotipato irraggiungibile, altri sono stupidissimi, poi ce ne sono alcuni che solo dal nome fanno pena, e di certo non giustificano ma almeno spiegano le tante chiacchiere a vuoto che fanno i mass media generalisti su qualsiasi social network come ultimo-tormentone-del-web, riportando il caso del marito fedifrago che affetta la moglie perchè su Facebook linka l'account di Tumblr di un tizio che aveva twitterato la cognata e scemenze sensazionaliste del genere.
(Poi si ha un bel dire che la politica è distante dalla vita della gente, e già vien la pelle d'oca a scriverla, una cosa del genere, ma un discorsetto simile -magari ragionato- si dovrà pur fare anche sulla stampa, un bel giorno. Chiusa parentesi)
Dicevo, ai gruppi in genere non m'iscrivo. A un paio mi sono iscritto senza volerlo (ignora, accetta, son lì: ti distrai e diventi uno che odia il gattino virgola, o va matto per le manine appiccicose delle patatine), i primi due li ho provati per curiosità e recentemente mi sono orgogliosamente iscritto ad uno dei gruppi più deserti di FB: quello su Umberto Fiori, mio professore universitario nonchè cantante degli Stormy Six nonchè mille altre cose.
Dicevo, sì, i gruppi di Facebook mi stanno sulle palle generalmente, ma non ho potuto non ridere da matti scoprendo l'esistenza del seguente:

Secondo me Ambrogio se la trombava di brutto la tipa dei Ferrero Rocher.

mercoledì 19 novembre 2008

Famo a spiegasse

Il dissenso interno in un grande quotidiano è una cosa positiva, ci mancherebbe. Talvolta però appare troppo compiaciuto e facilone, almeno a me ed in questo caso, soprattutto su un tema che di là dall'oceano è caldo come quello in questione: lunedì sul Wall Street Journal c'era un articolo intitolato Perchè la bancarotta è la migliore opzione per la General Motors. Oggi è possibile leggere questo: Perchè la General Motors merita un aiuto.

Colpo di spugna per aiutare il PD

Abolire la commissione di vigilanza RAI, che tanto diciamocelo, a che diavolo serve?

Scene di cui ti ricordi rivedendo Memento

"This reminds me of a joke..."

martedì 18 novembre 2008

Cercare di dire quasi la stessa cosa/7

Nel settembre 2006, quando la Commissione europea decise di ammettere Bulgaria e Romania nell'Unione, nessuno credeva sinceramente che fossero davvero pronte. L'idea era di avvicinarle al continente e lasciarle così al di fuori della zona d'influenza russa. C'erano anche speranze per cui entrare nel mainstream politico europeo avrebbe accelerato i loro sforzi di tirare le briglia alla criminalità organizzata e alla corruzione. Riguardo a quest'ultima, le speranze si sono rivelate degli incredibili errori di calcolo.
Quello che in realtà è successo, come Doreen Carvajal e Stephen Castle hanno scritto su questo giornale, è stato che la prospettiva dei fondi stanziati dall'UE ha incoraggiato la criminalità a trascurare estorsione e contrabbando per scavare un solco nel sistema politico e in quello giudiziario -i migliori per intercettare i soldi dell'Unione. Oggi, nella classifica di Transparency International (organizzazione internazionale non governativa e no profit che lotta contro la corruzione; ndgeffe) la Bulgaria è giudicata la nazione più corrotta delle 27 che fanno parte dell'UE. Il paese potrebbe perdere quasi mezzo miliardo di euro di sovvenzioni, che sono state congelate a luglio per la paura che fossero vulnerabili. Anche la Romania è motivo di serie preoccupazioni. Questo stato delle cose sta facendo danni ad ogni livello: le popolazioni bulgare e romene hanno un gran bisogno dei fondi di sviluppo dell'Unione.
Inoltre, le inchieste sulla corruzione stanno rinforzando la resistenza di altri paesi europei a proposito di ulteriori allargamenti dell'Unione, diminuendo così le possibilità d'ingresso per Ucraina e Turchia. La cosa probabilmente più grave è la diffusione di questa degradazione dei costumi politici, che circola ormai in tutti i livelli di società e governo e quindi, come nel caso della Russia e di altri paesi balcanici, la rende ancor più difficile da estirpare.
I nostri articoli hanno raccontato come chi ha cercato di esporsi o di combattere i criminali in Bulgaria è stato regolarmente minacciato o ucciso, e in che modo questi casi finiscano sistematicamente irrisolti. Il risultato, è stato detto ai nostri giornalisti, è che i cittadini hanno accettato la corruzione come un'inevitabile realtà della vita, e sono diventati apatici nel combatterla.

La conclusione sbagliata sarebbe decidere di chiudere per sempre le porte dell'Unione europea. Quella giusta assicurarsi che quelli che riescono ad entrarvi siano davvero pronti, e che ottengano tutto il sostegno di cui hanno bisogno per esserne membri completi ed in salute.

lunedì 17 novembre 2008

Rovelli

Non che lo si auguri a qualcuno, eh.
E si affronta la cosa con tono neutro, diciamo scientifico, a modo suo.
Tuttavia qui ci si interroga, rispetto alle caratteristiche della sua carica e al diluvio di considerazioni che ne scaturirebbero, su che cosa succederebbe al Papa se dovesse ritrovarsi nelle drammatiche condizioni mediche di Eluana Englaro.

Obama a 60 minutes



Così quando mi va di vederlo ce l'ho già qui.

Essere di buonumore, il lunedì mattina

Sta canzone tra l'altro spaccava, diciamolo.

domenica 16 novembre 2008

Specchio riflesso, pappappero

Io sto con Zenga, al quale, nemmeno avesse ucciso qualcuno, per quell'uscita a vuoto nel '90 ancora gli stanno rompendo le palle.

venerdì 14 novembre 2008

Read this, skip that

The Daily Beast è il più recente sito giornalistico spuntato in America. Non è esattamente un giornale online, perchè oltre a pubblicare contenuti originali, fa anche da aggregatore di link e notizie prese da altri siti. Da questo punto di vista la sezione migliore è Big Fat Story: presenta un tema centrale e poi lo approfondisce in uno schema ad albero che riporta quel che dicono i vari organi di stampa a proposito.
Oggi va sul notevolissimo seguito internettaro di cui ha goduto Obama durante la campagna elettorale, che chiama esercito online.

"E' sicura che voltava le spalle alla finestra?"

Capita che decidi di guardare un film, una commedia politicamente scorretta alla Borat, che si chiama "You don't mess with the Zohan". Scartabelli i file della memoria esterna e vedi quel film lì, che ok 2001: Odissea nello spazio e gli altri membri del tuo podio personale, ma quello, porco giuda.
L'avrai visto sei o sette volte, ma almeno l'inizio, fino alla scena dell'omicidio, ti dici, lo riguardi. Poi ovviamente la sequenza passa e tu vai avanti a vederlo fino alla fine, e lo sai a memoria e chi se ne frega di tutti i film del mondo che non hai ancora visto.
E' che, ti confermi superfluamente riguardandolo, per come introduce e poi racconta la storia, per la bravura degli attori, per lo spessore dei personaggi, per la tensione subliminale di alcuni dialoghi e per la connaturata semplicità di scena con cui l'opera viene realizzata, Delitto perfetto di Hitchcock è un film enorme e i suoi 54 anni se li porta da dio.

Dirlo con parole loro

A proposito della questione Eluana Englaro, il titolare del presente blog si rallegra per la conformità della sentenza della Corte di cassazione con le volontà della paziente e dei suoi più stretti famigliari. Ritiene altresì ridicole quando non vigliacche le dichiarazioni di tutti gli esponenti della classe politica ad oggi incapaci di colmare quel vuoto legislativo grande come un albergo che in altri Paesi prende il nome di "legge sull'eutanasia" e che contemporaneamente pretendono di denunciare un'ingerenza della magistratura nel dominio del potere legislativo, arrivando ad accusarla di aver condannato a morte la succitata, quei cialtroni.

giovedì 13 novembre 2008

Come siamo messi/3

In questo istante su Canale 5 c'è Jimmy Ghione che, assunti toni e posizione del lupo in Cappuccetto rosso, finge di essere malatissimo per vedere fino a dove si spinge la disonestà di una curatrice truffaldina.
Una delle cose più tristi che io abbia mai visto.

Update: si è alzato dal letto, mettendosi a saltare e rinfacciando alla stronza la somma dei soldi che gli voleva spillare. Lei, stizzita, ha detto che erano di meno.

Vota la legge giusta

Chissà come mai, ultimamente mi sono trovato spesso a frequentare documenti o intrattenere discussioni sui fatti del G8 di Genova. In particolare, su quello che di più grave e pessimo si è verificato in quei giorni, e cioè i casini della scuola Diaz e a Bolzaneto. Soffermarsi sul perchè la questione Carlo Giuliani sia tutt'un'altra faccenda, o perchè le stronzate combinate dentro i movimenti e contro le forze dell'ordine siano meno gravi è una roba lunga e inutile, ora. Al limite in un altro post, un'altra volta.

Un giornalista del noto canale televisivo bolscevico e anarco-insurrezionalista BBC ha fatto il botto, proprio in questi giorni di conclusione del processo circa i fatti della scuola Diaz, lasciando circolare delle foto che illustrano -a quanto sembra- un poliziotto italiano introdurre delle bombe molotov dentro la scuola, probabilmente "necessarie" per le forze dell'ordine ai fini dell'imminente irruzione. Il che confermerebbe le teorie accusatorie del pm: fu un massacro violentissimo e ingiustificato, ulteriormente aggravato da arresti ingiusti.
Poi deciderà il giudice e il resto sarà conseguenza.
Ma intanto il documento c'è, ed è notevole:



Quasi Omnia vincit Studio 60

Lo so, lo so.
Lo so che ormai ho sfondato ogni pazienza con le serie tv, ma stasera su Joi parte una perla assoluta del panorama: Studio 60 on the Sunset Strip. E' un telefilm che racconta vita, opere e casini di uno show americano del venerdì sera. Televisione che parla di televisione e che davanti alle quinte mette quello che di solito sta dietro le quinte. Non so come l'abbiano tradotto, ma in inglese è qualcosa di straordinario: risate, lacrime e poi tutto il resto.
(Ho letto un po' in giro delle cose. In USA Studio 60 è partita forte, ha ottenuto buone recensioni ma ascolti calanti al punto da far chiudere la serie dopo la prima stagione. Struggimento. Foglie morte. Bestemmie.)

mercoledì 12 novembre 2008

Mio fratello è figlio unico

Sul Foglio di qualche giorno fa, Adriano Sofri ha scritto altre e amare cose, sulla situazione delle carceri italiane:

"Non è vero che siamo tornato alla situazione precedente all’indulto. Coi numeri, ci siamo quasi. Con lo stato degli animi, siamo sprofondati. C’è più disperazione fra i detenuti, più rassegnazione esausta fra chi deve occuparsene. Le persone brave, che non odiano il proprio prossimo e non si sfogano su di lui, non sanno dove sbattere la testa. Le persone incattivite trovano l’occasione per dare il peggio di sé, per la sensazione che gli altri, e le autorità, abbiano gettato la spugna.

[…]
C’è una responsabilità universale in una classe politica che quando finalmente arrivò a votare un atto di clemenza non seppe tramutarlo in un atto di conciliazione e farlo seguire dalle misure che ne avrebbero consolidato l’efficacia, e invece si diede a una sconfessione o a una dimissione che ne assicurarono lo svuotamento. Responsabilità ancora più grave in chi, detestando la clemenza, le sobillò contro il sentimento pubblico, per impedire le misure complementari che avrebbero permesso di prendere fiato, e ricominciare dopo uno sgombero di macerie. Le macerie vincono. Ora, si ammucchiano esseri umani di terza scelta, con il fatalismo col quale si ammucchia monnezza nelle strade. Per la monnezza delle strade si è almeno provata, a un certo punto, vergogna. Il mondo ci guardava. Per la monnezza umana niente: il mondo non ci guarda, e poi ha la sua."

Puzze grandi e bisogni grossi

Su Internazionale di questa settimana, oltre a un sacco di pezzi sulla vittoria di Obama, ce n'è uno che avevo già notato su Slate e che mi sembrava molto interessante. E in effetti lo é: parla di pipì e pupù. Soprattutto, di come il modo in cui le smaltiamo sia ormai problematico, rispetto alla nostra disponibilità di acqua e ai mutamenti climatici: "Prendiamo acqua potabile e pulita, la sporchiamo con i nostri rifiuti e poi spendiamo milioni di dollari per pulirla ancora. Un metro cubo di acqua sporcata può inquinare fino a dieci metri cubi d'acqua pulita." Soluzione? Tornare al passato, per certi versi. Due flussi e non più uno, per fogne e cessi: uno per la pipì e l'altro per la pupù. La pipì inquina l'acqua molto più della pupù. Se si riesce a canalizzarla da un'altra parte si risparmia l'uso dell'acqua fino all'80%.

Tutto il pezzo prende spunto da un libro uscito da poco in USA e non ancora in Italia, il cui titolo tradurrei così, su due piedi: "Bisogni grossi. Il fetido mondo degli scarti umani e la loro importanza."
(Da questo punto di vista il brano di Underworld che avevo trascritto qui sembra acquistare ancora più senso...)

Fra altre cose, segnalo:
-la fondamentale figura storica di Joseph Bazalgette, ingegnere civile londinese che mise il suo nome sul primo sistema fognario della storia e salvò la vita a moltissime persone, dato che Londra in quel periodo era devastata da
-The Great Stink, il grande fetore che nell'estate del 1858 presentò alla città il conto di anni di smaltimento dei rifiuti sragionato e furibondo, che si manifestò anche in un non così strano contrappasso cromatico: le acque del Tamigi divennero marroni.

martedì 11 novembre 2008

Obama facts

Anche lui, poi, lo lascio stare per un po'. Intanto, però, Rocca segnala quest'articolo in cui si citano 50 curiosità su Barack Obama.
Alcune qui sotto:

• His favourite films are Casablanca and One Flew Over the Cuckoo's Nest

• He has read every Harry Potter book

• He enjoys playing Scrabble and poker

• As a teenager he took drugs including marijuana and cocaine

• He uses an Apple Mac laptop

Freedom is not free

Poi per un po' lo lascio stare, ma Friedman ha qualcosa da dirci, e io ve lo segnalo:

Quindi a tutti quelli che stanno di là dall'oceano dico: grazie per i vostri applausi al nostro nuovo presidente. Sono contento che voi tutti pensiate che l'America "sia tornata". Se volete che abbia successo, però, non dovete solamente dimostrarci il vostro amore, mostrateci i vostri soldi. Mostrateci le vostre truppe. Mostrateci lo sforzo diplomatico. Mostrateci partnership economica. Mostrateci qualcosa di più di un bel sorriso. Perchè la libertà non è gratis e l'unica scusa per aver fatto meno di quel che potevate è lasciare la città a gennaio.

domenica 9 novembre 2008

It's been a long, a long time coming. But I know a change gonna come, oh yes it will

Quindi Obama ha stravinto le elezioni. Nel 2000 non è stato ammesso alla convention democratica per via di una banale dimenticanza, due anni fa -addetti ai lavori a parte- era uno sconosciuto e martedì scorso ha stravinto le elezioni, raccogliendo il consenso di più di sessantacinque milioni di cittadini americani. Da gennaio governerà gli Stati Uniti. Come lo farà, con quali risultati e con quali fallimenti, è un altro paio di scarpe, rispetto a quel che è riuscito a fare sinora. Non ha importanza, perchè l'unico tempo verbale con cui se ne può parlare è quello del futuro, l'unico modo quello dell'ipotesi. E verrà valutato con altri strumenti.
Pensiamo a quel che Obama ha fatto, intanto:


Sono stato su fino alle 4 del mattino e rotti, la notte in cui Obama è diventato presidente. Passione per la modernità internettara a parte, a un bel momento mi sono chiesto chi diavolo me lo faceva fare, di rinunciare al sonno in attesa di essere sicuro della vittoria: in bilico c'era ben poco, e il giorno dopo tutto sarebbe stato definitivo. Lasciamola qui sta domanda, che poi ci torno.

Vi ricordare la morte del Papa? E i giorni in cui centinaia di migliaia di persone si recarono a Roma per andare a salutarlo un'ultima volta? In quell'occasione, oceanica come poche altre, si è avuta la chiara percezione di una necessità nuova e vecchia, al tempo stesso: al netto della sempre crescente mediatizzazione del mondo in cui viviamo, c'è bisogno, un gran bisogno, di partecipare ad un grande evento, di questi tempi. Di stampare un'orma nel marmo del passato. C'è un desiderio, in relazione ad accadimenti umani che travalichino il basso profilo della cronaca e si alzino dritti come filo a piombo nell'orizzonte della storia, di poter dire, chissà con che tono: "Io c'ero, quella volta."

Vi ricordate John Fitzgerald Kennedy? L'altro carismatico presidente con cui, nonostante le facili forzature, Obama effettivamene condivide delle caratteristiche? A un certo punto lui si è inventato un'immagine strepitosa e su di questa ha investito una linea di discorsi di grande successo: la nuova frontiera americana. Formidabile, perchè in tre parole racchiudeva una storia, una cultura e una retorica comuni a un'intera nazione. Efficacissima, in quel che doveva fare: muovere, convincere e spostare le energie dei cittadini. Al di là degli slogan e dei discorsi, comunque ottimi e da pelle d'oca per dei giovani pirla appassionati di rock e cinema made in USA come me, Obama ha dimostrato una bravura enorme nel rappresentare su sè stesso e in tutto quello che faceva un'idea gigante, che moltissimi in America e nel mondo accarezzavano in silenzio: il cambiamento. Non solo e non tanto rispetto alle scelte politiche dell'amministrazione Bush -per quelle bastava la Clinton- comunque giudicate miopi e fallimentari, ma cambiamento rispetto a un tradizionale modo di risolvere i problemi e affrontare le sfide della contemporaneità di cui Obama non può essere titolare, perchè per età, curriculum e cultura non ne è neanche lontano parente. Poteva dire tutto quello che gli pareva, ma il messaggio che passava era sempre il solito: "Avete fatto voi, negli ultimi 30 anni. Avete fatto bene e avete fatto male. Ora tocca a noi, quelli che sono cresciuti quando avete fatto voi. Dateci spazio e lasciateci provare." E magari qui cedo il passo ad un certo sentimentalismo, ma che io ricordi, nella mia breve vita cominciata nei primi anni '80, nessun politico era mai riuscito a saldare su di sè, sul suo corpo, sulla sua immagine e su tutte le più banali e semplici declinazioni delle sue attività una cosa tanto grande, alta, eterea e commovente come un'idea.

Fra molte altre cose che trascuro per motivi di spazio e competenza insieme, mi sembra che quel che deve fare un politico per essere un grande politico, oggi, è camminare in costante equilibrio su un muretto scivoloso. Da una parte c'è l'esigenza della popolazione di riconoscersi ed identificarsi nel suo leader, dall'altra c'è il preciso compito del politico di presentarsi come avanguardia e rappresentante di un'élite, che per definizione non può limitarsi ad intascare passioni e lamentele dei cittadini, come bussola politica, e deve anzi proporsi come faro, rispetto ad esse. Il grande politico non dev'essere uno del popolo ma contemporaneamente deve stabilire un contatto saldissimo con gli elettori fra i quali non si deve confondere, e che deve convincere di essere il migliore candidato. Deve essere tra di noi e sopra noi, mai con noi e come noi. Barack Obama è il più splendido esempio di come sia possibile camminare su quel muro, e di quanto straordinari possano essere i risultati raggiunti da chi possiede simili capacità. E' un brillante avvocato laureatosi ad Harvard, un uomo colto, compente e capace senza particolari scheletri nell'armadio. Un esponente della cosiddetta classe dirigente. Ma Obama, in misura complementare alle sue caratteristiche elitarie, è quanto di meno politico possa essere percepito dalla popolazione. E' giovane, assolutamente estraneo agli apparati di partito (la più autorevole rappresentante di questi l'ha sfidato alle primarie, e lui l'ha battuta contro molti pronostici) e ad ogni cosa accaduta in America nel ventesimo secolo. Come molti altri candidati del Partito democratico, Obama se l'è filata con rockstar e miti di Hollywood. Ma quando vedevi Bono con Kerry o Clinton intuivi subito quel che c'era d'inconfessabile: gli sta facendo un piacere, lo stima e tutto quanto, ma poi morta lì. Con Obama no, con lui è palpabile una sensazione di compatibilità e affinità rispetto a quelle icone pop: perchè lui stesso lo è, e il suo modo di comunicare spesso segue le regole di quel mondo lì.

Quasi dimenticavo: Obama è un fratello nero. Non ha fatto nulla per esserlo, badate, c'è nato, così. Ma solo i fessacchiotti e i tagliagole possono sottovalutare il potere simbolico e le potenziali emancipazioni consegnateci dalla sua elezione in un Paese la cui dichiarazione d'indipendenza recita "Tutti gli uomini sono creati uguali" e in cui lo schiavismo prima e la segregazione poi hanno dettato legge e provocato disastri.

Ecco, un po' confusamente, nonostante la lunghezza, queste mi sembrano le cose principali da dire su Obama e sul suo successo, che poi sono le risposte alla domanda che mi facevo da solo, l'altra notte: con l'elezione di Obama è accaduto un grosso e positivo evento globale, figlio delle straordinarie bravure del singolo che lo rappresenta, affratellato alle speranze e alle passioni di milioni di persone alla ricerca di un'altra nuova frontiera in cui piantare la bandiera di un'idea, e dirlo con grande e condivisa, quindi politica felicità: io c'ero, e partecipavo, quella volta in cui Obama venne eletto presidente.

sabato 8 novembre 2008

Obama joke

Generalmente non penso che dovremmo stare particolarmente attenti alla stampa estera, quando parla di Italia. Dovremmo starle attenti quando parla delle cose a lei vicine e a noi lontane, perchè quelle le conosce meglio degli inviati dei media nazionali.
Ma vabbè, è stato divertente leggere quest'articolo del NYT sulla battuta del Cav dell'altro giorno, soprattutto il passaggio in cui dice:

A billionaire populist, Mr. Berlusconi excels at deflating such lofty talk.

venerdì 7 novembre 2008

Come siamo messi

Trattasi di menata giornalistica, quel che segue

Allora.
Io leggo spesso il blog di Christian Rocca, inviato in USA per il Foglio. E' bravo, attento e competente, in quello che fa; e sulle cose di là dall'oceano è una fonte straordinaria di notizie. Tant'è che il primo articolo su Obama l'ho letto proprio sul suo blog, due anni fa.
In questa campagna elettorale Rocca non ha indugiato molto, e ha ripetuto per settimane una cosa sola: vince Obama, a valanga. Da qualche parte nel presente blog avevo anche linkato le sue previsioni, che mi sembravano davvero troppo ottimistiche.
Ecco, ieri sul suo blog Marco Travaglio ha scritto un pezzo in cui diceva che Rocca (insieme ad altri) aveva preso delle grandi cantonate, su Obama e sugli altri politici della campagna. Potrei citare pezzi qua e là dell'articolo di Travaglio, ma non lo faccio, perchè così facendo c'è il rischio di distorcere la realtà, soprattutto (ding!) se si ha intenzione di farlo. Quindi leggetevelo qui.
Poi io non so una mazza di loro due, non escludo ci siano rancori vecchi e dissensi assoluti su moltissime cose, ma mi chiedo come questo possa essere sorgente di uno scontro che cambia cose passate, scritte nere su bianco. E non opinioni o valutazioni personali sensibili di interpretazioni diversissime, ma previsioni di quel che accadrà.
Poco spazio per le sfumature, no?
Il post di Travaglio ha 600 e passa commenti, moltissimi dei quali ne salutano il contenuto come fiera sberla al giornalismo servile e disinformato di Rocca. Con una mano, tutti a elogiare Travaglio, invece titolare di un giornalismo libero e indipendente. Con l'altra, tutti a specchiarsi l'ombelico per vedere quanto è bello e come viene il sorriso quando si fa il culo al giornalista al soldo del nemico. Soprattutto, tutti a discutere del nulla, di una cosa che è irreversibilmente falsa da fare schifo, a pensare che se l'ha scritta Travaglio, beh, allora è realtà assoluta, tanto corretta quanto inossidabile.
Ho anche commentato nel blog di Travaglio, per dire guarda che no, ma in mezzo a quel putiferio è già buono se qualcuno ha letto quel che ho scritto.
Poi faccio la figura di chi spara i fuochi d'artificio sulla polvere, ma il riscontro avuto dal post di Travaglio mi riempie di disincanto. (Poi mi passa, tranquilli)
Va beh, comunque: qui risposta di Rocca, qui controrisposta di Travaglio e qui controrisposta di Rocca.

Comprare, leggere e conservare

Oggi esce un numero di Internazionale per cui vale la pena:


Cercare di dire quasi la stessa cosa/6

-Ieri in USA è cominciato il periodo di transizione, e finirà il 20 gennaio, quando Obama giurerà sulla costituzione e diverrà ufficialmente il quarantaquattresimo presidente della stora degli Stati Uniti. Quattro cose sulla transizione, che, immagino, da noi sarà a malapena menzionata:-


Chi la paga?
I contribuenti. Prima dell'approvazione della legge sulla transizione presidenziale del 1963, erano il neoeletto e il suo partito a dover raccogliere fondi privati per sostenere il passaggio. Come ha detto il repubblicano Dante Fascell, "Non sembra corretto e necessario assistere al presidente ed al suo vice mentre cercano di raccogliere denaro per pagare ciò che dovrebbe essere un legittimo costo del Governo." La General Services Administration, l'agenzia che ha l'incarico di distribuire i fondi, aveva 7,1 milioni di dollari a disposizione per la transizione del 2000, inclusi 1,83 milioni per l'uscente amministrazione Clinton, 4,27 milioni per l'insediamento del team di Bush, e un cuscino di 1 milione per ogni spesa aggiuntiva. Quest'anno il budget prevede 8,52 milioni. Anche donatori privati contribuiscono. Quest'anno, per esempio, la campagna di Obama ha creato un'organizzazione noprofit chiamata "Il progetto di transizione di Obama" che accetta donazioni fino a 5000 dollari per spese relative alla transizione.

Dove lavora lo staff della transizione?
Per la commissione di Obama la GSA ha già preparato uno spazio di 11150 metri quadrati (che palle fare la conversione, ndgeffe) nel centro di Washington. Le persone che lavoreranno alla transizione non saranno ancora impiegati federali, e non avranno accesso alla protezione dei network informatici governativi. La GSA, tuttavia, ha preparato un network separato con accesso alla posta elettronica e a server condivisi. Alcuni membri dello staff di transizione lavorano nello stato di provenienza in cui il neoeletto presidente aveva il suo quartier generale- l'Illinois, in questo caso.

Il nuovo presidente ha facoltà di spostarsi in qualche aereo speciale, come l'Air Force One?
No. Bush avrà diritto all'utilizzo esclusivo dell'Air Force One fino al 20 gennaio. Il team di Obama può spendere i fondi della legge sulla transizione per prenotare noleggiare aerei o macchine.

Quand'è che il presidente neoeletto inizia a partecipare alle riunioni di intelligence?
Da subito. I più importanti ufficiali della CIA si incontrano mercoledì (il 12, credo; ndgeffe) per discutere della transizione e giovedì Michael McConnell, il direttore nella National Intelligence terrà il suo primo incontro con Obama. Dopo una chiacchierata iniziale e generale, la CIA consegnerà a Obama la ventiquattrore delle emergenze e lo informerà di tutte le operazioni segrete in corso. Una volta che il presidente avrà formato la sua squadra di governo, tutto lo staff di transizione riunito -che include rappresentanti dell'esercito, della marina, dell'aviazione e del corpo dei marine- preparerà aggiornamenti sugli ultimi sviluppo in Iraq e Afghanistan, sulle logiche di gestione delle forze armate e su come affrontare eventuali catastrofi.

giovedì 6 novembre 2008

Echissenestrafrega. A seguire, pernacchia

La risposta e il pensiero che vorrei tutti dessero, alla dichiarazione del Cav su Obama.

(Per quella di Gasparri ho trovato splendido il commento in una lettera al direttore sul Foglio di oggi. Parafrasando il primo discorso di Obama: "Se c'è qualcuno che dubita ancora che l'Italia sia un luogo dove tutto è possibile, è perchè non conosce Maurizio Gasparri.")

All the people, so many people

Poi la finisco con la questione persone presenti ad una manifestazione, soprattutto a proposito dei dati snocciolati a caso dagli organizzatori in Italia.
Ma intanto guardate qui sotto. C'è il nuovo presidente degli Stati Uniti che va a fare il suo primo (bellissimo) discorso ufficiale. Guardate la folla. Niente male, vero?

Cliccate sulla foto per ingrandirla: si dice che ci fossero più di duecentomila persone.

Meanwhile, in the same part of the world

In USA non si è votato solo per il presidente, ma per un botto di altre cose. Fra queste in California c'era un referendum sull'abolizione dei matrimoni gay. Qui Rocca dice che non è passato: idem per Florida e Arizona.
(Ormai Rocca lo linko per inerzia, lo inserisco anche nella sezione)

mercoledì 5 novembre 2008

Si è votato, di là dall'oceano, e Obama ha vinto/6

Vabbuò, io una cinquantina di post li ho fatti, così quando fra qualche decade i più giovani mi chiederanno: "Dov'eri quando veniva eletto Barack Obama?"
Potrò rispondere, chissà con che tono: "In quel periodo prendevo integratori di ferro che mi davano problemi di diarrea e cacca nera: quella notte sono rimasto sveglio, ho smanettato in rete e aggiornato tutto sul mio blog. Senza mai dover andare in bagno."

Mancherebbe il post "a freddo" con qualche riflessione un filo più organica, per quanto è possibile. Più tardi, magari.

A chiudere altro pezzone mitologico:

Boomp3.com

Si è votato, di là dall'oceano, e Obama ha vinto/5

Rispetto alla vittoria di Obama, non avevo molti dubbi sulla capacità degli americani di sciogliersi in melassate piuttosto retoriche ma di buon effetto. Qui un esempio:

All'inizio della sua campagna, Obama concludeva spesso i suoi discorsi raccontando la storia del suo percorso per il Senato e di come avesse avuto successo nel sud dell'Illinois nonostante la storica antipatia di quella regione nei confronti dei neri.
Citava Marti Luther King Jr, che diceva: "L'arco dell'universo morale è lungo, ma tende verso la giustizia."
Martedì, 221 anni dopo la stesura della Costituzione che non impedì il proseguimento dello schiavismo, un afro-americano è diventato presidente.
A Grant Park, mentre Obama lasciava il palco, si poteva vedere la piega di quell'arco.

Si è votato, di là dall'oceano, e Obama ha vinto/4

Friedman sul NYT: C'è tantissimo lavoro da fare. La guerra civile è finita. Che la ricostruzione cominci.

Si è votato, di là dall'oceano, e Obama ha vinto/3

L'attacco del discorso di Obama è già qualcosa che emoziona:

If there is anyone out there who still doubts that America is a place where all things are possible; who still wonders if the dream of our founders is alive in our time; who still questions the power of our democracy, tonight is your answer. It's the answer told by lines that stretched around schools and churches in numbers this nation has never seen; by people who waited three hours and four hours, many for the very first time in their lives, because they believed that this time must be different; that their voice could be that difference.

It's the answer spoken by young and old, rich and poor, Democrat and Republican, black, white, Latino, Asian, Native American, gay, straight, disabled and not disabled - Americans who sent a message to the world that we have never been a collection of Red States and Blue States: we are, and always will be, the United States of America.

Si è votato, di là dall'oceano, e Obama ha vinto/2

Veltroni sull'Unità.
Scurati sulla Stampa.
Polito sul Riformista.

Si è votato, di là dall'oceano, e Obama ha vinto



Primo discorso da presidente.

Si vota, di là dall'oceano/41

E good morning, un po' a tutti. Per chi vuole ripercorrere tutti i post scritti stanotte, qui.

Boomp3.com

Si vota, di là dall'oceano/40

Rocca è sicuro, e io la prendo come definitiva, dato che l'ho sempre citato per qualsiasi cosa: questione di ore, Obama è presidente.

- Anche Iowa a Obama. Tutto come previsto. Obama è il presidente eletto.
- Dopo aver spiegato che non si poteva ancora assegnare, hanno deciso di assegnarlo.
- 21.32 Cnn non vuole assegnare l'Ohio a Obama. Sostiene che mancano molte contee conservatrici, ma dice che nelle città Obama è andato molto meglio di Kerry 4 anni fa.
- Obama è il 44esimo presidente. McCain non solo deve vincere Florida, Nord Carolina, Virginia, Colorado, Indiana eccetera, ma deve anche strappare qualcosa tipo il Michigan. Impossibile. Tutto come previsto, per ora.

Si vota, di là dall'oceano/39

Repubblica gioca a l'abbiamo detto per primi noi:

Obama presidente, il sogno è storia.

Si vota, di là dall'oceano/38

Ditemi voi.

Si vota, di là dall'oceano/37

Vabbuò, io sto su ancora un po'. Molto probabilmente vince quello che gioca a basket, o meglio: deve succedere un gran casino perchè vinca quell'altro.
Ma sto su ancora un po' perchè se mollo dicendomi Obama è presidente e poi domani mi sveglio e scopro che no, ecco, meglio stare su ancora un po' ed essere realmente sicuri di qualcosa.

Si vota, di là dall'oceano/36

Qui danno addirittura il New Mexico, a Obama.
Come dire, o McCain vince in California (piuttosto impossibile) o può pure andare a pettinare le bambole con quell'altra matta che ha scelto come vice.

Si vota, di là dall'oceano/35

Si va avanti, ma Ohio e Florida non si muovono da dove sono: in maggioranza per Obama. Il che è ottimo, se non di più.
Da cui sorge una domanda: che ci faccio ancora in piedi?

Si vota, di là dall'oceano/34

Beati loro, in USA sono le 9 di sera.

Si vota, di là dall'oceano/33

Si vota, di là dall'oceano/32

Michigan, Rhode Island, Minnesota, New York e altri appena usciti.
Tutti a Obama.

Si vota, di là dall'oceano/31

Più scrutinano più Obama è in vantaggio in Florida. Ok, di poco, ma nella terra dei tifoni poco è tantissimo.

Si vota, di là dall'oceano/30

Insomma, quel che conta al momento:
1) Obama ha confermato gli stati in bilico dalla sua parte e non ne ha perso nessuno: nel frattempo
2) Florida e Indiana ancora in bilico, e il primo dei due che Obama si porta via, andiamo a dormire
3) 102-34 per quello che non è bianco.

Si vota, di là dall'oceano/29

Ci si crede poco, ma i polls del Mississippi danno Obama avanti.

Si vota, di là dall'oceano/28

Si vota, di là dall'oceano/27

Ormai i polls iniziano a essere sostituiti da dati più seri e proiezioni attendibili, ma qui sotto si dicono cose buone sulla Florida:

In Florida, Hispanics (projected to be 13% of the electorate in 2008) are giving Obama a 10 point margin; Bush won Hispanics in Florida by 12 points in 2004. Seniors seem to be breaking more heavily in favor of John McCain. Obama has a narrow edge among women; the two are tied among men in the exits.

Si vota, di là dall'oceano/26

Meanwhile, gli obamiani d'Irlanda non fanno fatica a prendere i primi dati per vittoria di Obama e non si fanno pregare: sbronza dura.


Si vota, di là dall'oceano/25

Si scopre che quando un network dà un candidato per vincente in uno stato usa il verbo to call. ABC calls Pennsylvania for Obama.

Si vota, di là dall'oceano/24

Qui danno la Pennsylvania a Obama. E sarebbero 103.

Si vota, di là dall'oceano/23

Sono arrivati i dati su un botto di stati: 77-34 per Obama.

Si vota, di là dall'oceano/22

Chiusi i seggi, tutti quanti.

Si vota, di là dall'oceano/21

16-3: McCain si porta via anche il South Carolina.

Si vota, di là dall'oceano/20

Non si esce dal dare dati di exit polls e poi dire: occhio, sono solo exit polls, possono essere sbagliati.

Si vota, di là dall'oceano/19

Intanto in Florida non va male.

Si vota, di là dall'oceano/18

Poca roba: bevo della cocacola e il sonno avanza.

Si vota, di là dall'oceano/17

In effetti sì: come dicono qui, più a lungo sta in bilico l'Indiana, peggio è per McCain, perchè potrebbe significare che a livello nazionale Obama rulla. (L'Indiana è tradizionalmente repubblicano)

Si vota, di là dall'oceano/16

Virginia: Obama 54%, McCain 45%

Remember. I can't emphasize this enough. These are just exit polls. They're not always right

Si vota, di là dall'oceano/15

I primi polls danno la Virginia a McCain.
(Stavo scrivendo Bush...)

Si vota, di là dall'oceano/14

Si muove poco, oltre all'8-3: Indiana in bilico e forse ma forse Virginia a Obama. Il che significa che poi si va tutti a letto.

Si vota, di là dall'oceano/13

McCain 8 - Obama 3.
Kentucky e Vermont, rispettivamente. Ma mi sa che il Kentucky sarà democratico solo quando Abe Simpson riconoscerà il Michigan come stato. (Era il Michigan, vero?)

Si vota, di là dall'oceano/12

Sempre il blogger di prima dice che:

As I wrote earlier, Virginia is critical. It's looked good in the polls for Obama. And if he takes it, McCain is almost out of options.

Si vota, di là dall'oceano/11

Polls.
Vermont a Obama, Kentucky sempre più a McCain.

Si vota, di là dall'oceano/10

Tanto per passare il tempo e sparare cazzate insipide, uno che si chiama Jas Gawronski, due secondi fa in tv, ha detto che Obama è "un nero particolare."

Si vota, di là dall'oceano/9

Un famoso blogger americano che fa cose su sto sito va coi piedi di piombo:

The current round of exits are showing Obama up in pretty much all the toss up states. But remember, they said that about John Kerry too. And he's still a senator from Massachusetts.

Si vota, di là dall'oceano/8

I prossimi sono Georgia, South Carolina e Virginia. I primi due dovrebbero andare a McCain, il terzo a Obama.

Si vota, di là dall'oceano/7

Il Kentucky, invece, va a McCain.

Si vota, di là dall'oceano/6

Lo dico qui, per tutti gli altri: sono exit polls, quelli di cui si parla, mostly. E ogni roba che cito e linko, poi può cambiare.
E diciamo anche che non mi aspetto che qualcuno scelga questo blog come fonte d'info per le elezioni americane: la faccio per divertimento e perchè domani il primo impegno serio è alle 16:30, sta notte in bianco.

Si vota, di là dall'oceano/5

Primissimo dato: Indiana a Obama. 56%

Si vota, di là dall'oceano/4

Indiana e Kentucky, i primi due. Già si dice che se in Indiana passa Obama, poi va giù a valanga.

Si vota, di là dall'oceano/3

Qui dicono che i polls hanno rivelato questo: le questioni economiche sono state le più preponderanti, nella scelta del voto. Scoprire l'acqua calda, esatto.

martedì 4 novembre 2008

Si vota, di là dall'oceano/2

Qui dicono che il voto popolare dà 67% a 33% per Obama.

Si vota, di là dall'oceano

Beh, sin qui nulla. Buona affluenza, e qualche problema a votare, soprattutto in Virginia e Pennsylvania.

Diavolerie dell'internet



Quel coso qui si dovrebbe aggiornare da solo.

Esterofilie




"It was a creed written into the founding documents that declared the destiny of a nation. Yes we can"

Di tutte le figate della campagna elettorale di Obama, questa rimane la migliore.
(Stanotte Geffe sta su fino a risultati definitivi, e aggiorna finchè riesce)

Andare migliorando

Per via dei casini in Georgia e della sua amicizia con l'odiato Putin, Paolo Guzzanti si è abbastanza stufato di Berlusconi, diciamo. Qui lo paragona al dittatore nordcoreano Kim Il Sung, e dice che le intercettazioni sul ministro Carfagna sono indegne per una democrazia.
Chiude dicendo che tifa Obama, perchè "se a McCain viene un coccolone al suo posto va la Palin. Una da rinchiudere in una casa di cura."
A me è sempre stato abbastanza sui maroni, ma devo dire che con quest'intervista guadagna dei punti.

"Today your love, tomorrow the world "

Mai andati molto d'accordo parlando di politica, Joey e Johnny Ramone. Il primo democratico, l'altro repubblicano e parecchio. Addirittura (roba da fan totali, pericolosamente in bilico fra verità assoluta e immane stronzata) pare che il pezzo The KKK took my baby away sia stato scritto da Joey in riferimento a Johnny, colpevole di avergli ciulato la donna e anche di una serie di idee quel filo retrograde.
Per rimanere in tema, in Francia esiste una rivista culturale considerata competente e di gran successo che si chiama Les inrockuptibles.
Insomma, per rimanere davvero in tema, questa rivista segnala una dichiarazione della vedova di Joey (quella che, pare, andava anche con Johnny) secondo cui oggi i Ramones avrebbero probabilmente sostenuto la candidatura di John McCain.
Subito le ha risposto il fratello di Joey, dicendo che lei non rappresenta l'insieme delle opinioni politiche di tutti i Ramones, tantomeno del cantante: "la sola canzone che Joey avrebbe certamente cantato ad un congresso repubblicano è Glad to see you go".

Più creazionisti del creatore?

Immagino si sia già capito, ma lo ripeto: a me Il Foglio come quotidiano piace. Tecnicamente è ben fatto e diversi suoi collaboratori mi sembrano piuttosto bravi. Non condivido nessuna delle sue battaglie, tranne quella sulla grazia a Sofri, Bompressi e Pietrostefani.
Soprattutto, non condivido la stragrande maggioranza delle opinioni del direttore. Ma le trovo stimolanti, in qualche modo, ecco.
E poi Il Foglio ha un po' quel fascino elitario del giornale che non legge nessuno tranne politici, giornalisti e addetti ai lavori: un pubblico che si pesa, insomma.

Questo come premessa, per dire che ho letto quest'articolo intitolato "Una chiesa malata di biologismo" e ci ho messo un po' a riprendermi.
Sostanzialmente è un report sull'inaugurazione dell'anno accademico dell'Università San Raffaele di Milano, durante la quale si è tenuta una discussione di quelle spessissime circa Cristianesimo, vita umana, darwinismo, evoluzione, eccetera.
E' gonfio di paroloni ma il senso si capisce facilmente.
Sentite qua.
L'autore del pezzo, Vito Mancuso, dopo aver osservato che

"I vertici della Cei negano alla libertà potere sulla biologia, e affermano che è piuttosto la biologia a vincolare la libertà: infatti “non spetta alla persona decidere”. A chi spetta allora? Ai medici, risponde la gerarchia. Ma qual è il criterio in base al quale i medici decidono? La biologia, è evidente, e non può che essere così, se i medici fanno il loro mestiere. Negare il principio di autodeterminazione della persona suppone quindi un’antropologia che, al pari del paradigma naturalistico, pone lo specifico umano nella biologia. Questa è la strana convergenza antropologica che riscontro tra l’attuale vertice della chiesa cattolica italiana e il più agguerrito naturalismo neodarwinista."

si è confessato spaventato da quanto:

"il pensiero cattolico ufficiale si stia tanto pericolosamente trasformando all’insegna di un biologismo che la tradizione non ha mai conosciuto"

e ha concluso chiedendosi:

"il motivo di questa scivolosa trasformazione dell’antropologia sottesa alla bioetica oggi maggioritaria nella chiesa cattolica, e non so rispondere. Vedo solo una chiesa la cui bioetica è sempre meno capace di rendere conto delle parole di Gesù: “Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima” (Matteo 10,28). Questa bioetica ecclesiastica, in singolare armonia con il neodarwinismo, conosce solo il corpo e la sua necessità, e ignora l’anima e la sua libertà."

Cioè: al Foglio c'è preoccupazione per una deriva "biologista" da parte delle gerarchie ecclesiastiche, o quantomeno si dà spazio a timori di questo tipo. La vogliamo mettere giù grezza, consapevolmente imprecisa, ma famo a capisse? Al Foglio si pensa che la chiesa stia diventando troppo laica.
Tiè.

p.s. Singolare armonia con il neodarwinismo, segnamocela.

lunedì 3 novembre 2008

339 a 199 per Obama

Spesso l'ho citato come fonte di info raccolte di là dall'oceano e butto qui le sue previsioni. Secondo Christian Rocca domani va a finire così, che Obama lo fanno presidente anche in Messico, ancora un po':


Anche il video logora

Ieri pomeriggio ero a casa di amici (fa sempre tanto figo l'espressione "ero a casa di amici") che guardavo un film. Finito il film, prendo il telecomando e mi metto a scanalare un po'. Erano circa le sei, e su canale 5 c'era Paola Perego che intervistava Giulio Andreotti.
Reazioni: risate grasse e/o silenziose, ma nel 2008 ancora Andreotti, ma poi la Perego, ma si può. Eccetera, e poi niente. Cambio canale e morta lì.
Stamattina leggo questo post di Gianluca Neri, e mi maledico per non aver insistito:

La scena è questa: Paola Perego sta intervistando Giulio Andreotti. Ad un certo punto la conduttrice fa una domanda al senatore. Lui sembra riflettere; in realtà è immobile. Lei se ne accorge. Gli ripete la domanda. Lui niente, come se qualcuno avesse premuto il Ctrl-Alt-Canc del divo. L’espressione di Paola Perego, a questo punto, è qualcosa che non vorreste perdere per nulla al mondo. Lei gli dice “Presidente?”, e bum!, parte la pubblicità.

Al ritorno in studio dopo gli spot Andreotti non c’è più: hanno cambiato blocco ed è sparito (e peraltro è la prima volta che qualcuno fa sparire lui e non viceversa).

Ancora qualche minuto e, mentre la Perego sta intervistando due attrici esordienti, è finito il reboot e lo fanno rientrare. Lo piazzano su un trespolo (in realtà è uno sgabello molto alto, ma l’impressione è quella), e gli dicono di salutare per rassicurare pubblico e famigliari. Lui saluta.

Appoggiami questo/2

Paferrobyday è un blog giornalistico straordinario, per chi vuole seguire le cose politiche di là dall'oceano. Qui ha segnalato l'endorsement di Eric Schmidt, amministratore delegato di Google e membro del cda di Apple. Voterà Obama.
(Ma Schmidt è un cognome ebreo? Sta a vedere che Nich c'aveva preso...)

"O siete una di quelle che non parla?"

Tempo fa l'American Film Institute ha stilato la classifica delle 100 migliori citazioni cinematografiche. Su Wikipedia c'è la voce in italiano, e la maggior parte delle battute è tradotta in italiano. Casablanca, ovviamente, spopola con ben sei estratti.
Il che mi ha dato il gancio mentale: la famosa battuta "Suonala ancora, Sam" è una non battuta. In realtà In Casablanca Bogart dice "Suonala, Sam. Suona Mentre il tempo passa", che era la canzone sua e della sua donna, prima che i nazisti invadessero Parigi, loro in grigio e lei in blu. Ma vabbè, per non esaurire le lacrime in ricordo del sommo capolavoro, chiudo il post: anni fa è stato pubblicato un libro che raccoglie migliaia di citazioni da film, catalogandole alla perfezione; per gli appassionati nerd di cinema è la Bibbia da tenere sempre a portata di mano.
Si chiama, questo sì, Suonala ancora Sam, e non c'era titolo migliore.