giovedì 29 settembre 2011

Pensiero della buonanotte

Vorrei ricordare a tutti gli elettori antiberlusconiani e simpatizzanti di sinistra che ritengono Di Pietro un politico capace, affidabile e in gamba che l'oggetto della loro ammirazione è il leader unico e indiscutibile di un partito personalistico tanto quanto il Pdl, è un conservatore retrogrado, un fanatico del legalitarismo e un populista del tutto incompatibile con qualsiasi progetto di costruzione di un'Italia moderna, laica e progressista. E' uno che dice cose che si potrebbero immaginare da Borghezio:
«[I Radicali] Hanno cercato una visibilità a buon prezzo in un momento drammatico per il Paese. I Radicali portano avanti battaglie libertarie per cui si può fare tutto e di più: si può fumare spinelli, inveire con il Padreterno, abolire le carceri. Un modo di vivere per me inconcepibile in una democrazia occidentale, ma l’errore è stato quello di dargli una voce e uno scranno per portare avanti queste loro aspirazioni. Un errore che non ho fatto io»
E' uno di destra che non sta a destra perché odia Berlusconi: se è il vostro genere, fate pure. Ma quel Di Pietro là, quello capace, affidabile e in gamba, non esiste mica: ve lo siete inventato voi, probabilmente perché vi sentite appagati e virtuosi quando condividete il suo sdegno indignato. Ho tuttavia il sospetto che la politica sia un'altra cosa.

If you really want to hear about it (cit.)

Quando stavo in quarta superiore (Cazzo, ancora a raccontare di quando faceva il liceo? E' più vicino ai 30 che ai 20, qualcuno glielo ricorda? Altrimenti fra un mese tira fuori gli Uni Posca, i Cavalieri dello Zodiaco e le girelle Motta) mi è capitato di avere Antonio Scurati come insegnante di storia e filosofia.
Era un prof molto preparato e molto consapevole di sè, delle sue eccellenze e di quanto gli andasse stretta la cattedra di un liceo di provincia. Non aveva un metodo didattico chiaro e rigoroso.  Ricordo che una volta, nel mezzo di una lezione, s'interruppe e mi chiese: "Fumagalli, ma a te piace -cognome fittizio- Cinciripini?" Cinciripini stava tre file davanti a me, era simpatica e carina. "Mah, sì.." balbettai dopo aver riso, stupito e imbarazzato. Lui registrò l'informazione, espresse il suo consenso e poi proseguì con la lezione sulla Guerra dei trent'anni, o quel diavolo che era. Faceva cose così, e immagino si divertisse molto.
Spiegava con scarsa costanza, liquidava parti cospicue del programma (San Tommaso? Mai nemmeno nominato: da Sant'Agostino alla filosofia moderna in un quarto d'ora, e via) ed era tuttavia capacissimo di appassionare gli studenti alle materie che insegnava. O almeno, di appassionare me. Quei saltuari quarti d'ora di lezioni vere contenevano esposizioni originali, ispirate da un piglio battagliero, lontane da toni e registri da routine quotidiana frequentati da diversi suoi colleghi; erano lezioni molto lucide, del tutto indipendenti dai manuali di testo e zeppe di roba che -e qui sta la principale grandezza- percepivo essere utile e stimolante, roba bella e intelligente: sentivo che mi riguardava, che mi diceva qualcosa. E come accade con i migliori documentari, per una cosa che imparavo, scoprivo di ignorarne due: e le volevo imparare.

Antonio Scurati non corrispondeva allo stereotipo del prof lazzarone: ne condivideva qualche caratteristica, ma arricchiva la sua pigrizia con numeri estrosi. Per esempio, nel giorno della settimana in cui il calendario didattico gli aveva assegnato sei ore di lezione una in fila all'altra, sostituì per tutto l'anno l'ultima ora che aveva nella mia classe con un esperimento da lui battezzato "Godimento estetico". Nell'ora di Godimento estetico, ogni alunno era invitato a proporre alla classe, a turno e senza grosse regole da rispettare, materiali artistici e non che avessero suscitato in lui -appunto- esperienze di godimento, di percezione del bello, di piacere intellettuale. Dopo aver sottoposto la classe alla fruizione  collettiva, si dedicava qualche minuto alla discussione dell'esperienza con il professore. Valeva tutto. Una poesia di Dante aveva la stessa dignità di una scena madre di "Centovetrine", Sally di Vasco Rossi funzionava quanto una sonata per violoncello di Bach (al termine della quale ci chiese, con tono curioso e sincero: "Perché non si ascolta più Bach?"): e cito questi estremi perché si sono tutti verificati. In classe, recepimmo l'esperimento -non esattamente ortodosso, rispetto alle direttive ministeriali e ai classici ritardi sul programma- come un duplice vantaggio: niente lezione e chiacchiere su canzoni, libri eccetera. In una simile iniziativa, io cascai mani e piedi. Nei momenti di discussione, dicevo quasi sempre la mia. Fra le altre cose, portai questa canzone (Ah! I bagordi punk di gioventù!) e questa sequenza cinematografica: suscitando qualche scandalo e qualche "Ma che schifo!" (tutte medaglie) da parte delle mie compagne di classe più sceme, oltre a una breve dissertazione del prof sull'estetica di Tarantino e sulla sua capacità di rivisitare i cliché dei gangster-movie in chiave splatter da un lato e demenziale dall'altro. Già, perché lui era uno di quei prof che "sanno tutto", in grado di tenere in mano sia la cultura pop che l'accademia, sia le cazzatelle ironiche che i volumazzi polverosi: ci parlava di Fight Club, per farci capire l'importanza dell'habeas corpus e delle innovazioni del sistema giuridico inglese fra XVII e XVIII secolo.
Durante quell'anno scolastico, Antonio Scurati aveva in uscita il suo primo romanzo, pubblicato da Mondadori. Per noialtri studenti suoi, abituati alla mediocrità -detto senza toni spregiativi- generale del corpo docenti, era una roba piuttosto affascinante: tant'è vero che alcuni di noi parteciparono alla presentazione del libro e ne uscirono divertiti dal fatto che l'autore stesso -il loro prof!- avesse detto: "La sessualità, nel mio romanzo, è marcatamente pornografica." Anche perché in effetti lo era.
Finito l'anno scolastico, Antonio Scurati se ne andò all'università di Bergamo, e proseguì la sua carriera di scrittore con successi non trascurabili. Sulle scorte della passata ammirazione che nutrivo per lui, ho cercato di seguirlo il più possibile, leggendo tutti i -quattro- romanzi che ha pubblicato: ha vinto qualche premio letterario, ha litigato con Bruno Vespa, si è ritagliato un ruolo di opinionista in diverse trasmissioni Tv e scrive editoriali su La Stampa.

Da qualche anno, insomma, Antonio Scurati è, nel panorama nazionale, il personaggio che più si avvicina alla figura tradizionale di intellettuale: procede per massimi sistemi, parla di politica e società, comunicazione e sentimenti con la stessa pretesa disinvoltura e con lo stesso approccio cannibale. Spesso dice cose condivisibili, spesso no, ma questo è normale. Il problema è che qualsiasi cosa dica, passa sempre per grandi linee generali, per strutture e sovrastrutture, per l'erudizione e per il lessico complesso: non racconta niente di piccolo, non isola le sue riflessioni in ambiti particolari, non srotola temi circostanziati, non rinuncia alla sovrabbondanza retorica della sua prosa. Esprime osservazioni laconiche. Prende posizioni definitive. Fa l'inconsolabile. Ragiona sulle lettere maiuscole. Si prende sul serio. Ha scritto, sì, un romanzo -il mio preferito, dei suoi- costellato da una quantità straordinaria di citazioni e riferimenti a numerose opere letterarie, musicali, artistiche e cinematografiche: ma l'ha fatto tramite uno sviluppo enciclopedico, esibito, autoreferenziale. Ha dimenticato il gusto del pop e delle cazzatelle, insomma, e si è concentrato su accademia e volumazzi polverosi. Facendo ciò, ha probabilmente perso di vista una fascia di pubblico che avrebbe invece dovuto essere cara alle sorti della sua attività: noi giovinastri. Il suo è uno stile da cui trapela una forte convinzione, una solida indole agonistica che a volte rasenta toni da missione: e tutti questi connotati lo avvicinano alla sua generazione, o a quella a lui precedente; ma lo allontanano da quelle a lui successive, e la collaborazione duratura nella trasmissione di Serena Dandini intorno a mezzanotte -naturalmente su Rai3- ne è efficace testimonianza.

Qualche giorno fa, è uscito La seconda mezzanotte, il suo quinto romanzo. L'ho comprato. E' una cosa di fantascienza distopica, ambientata in una Venezia del futuro comprata da un colosso cinese delle telecomunicazioni a seguito di un'inondazione che ha cancellato le meraviglie del passato serenissimo. Come ormai abbiamo imparato tutti da decenni anni a questa parte, almeno (almeno) da George Lucas in poi, la fantascienza non è roba di astronavi e antennine e iperspazio e raggi laser. La fantascienza guarda avanti e indietro, ed è capacissima di raccontare pezzi delle nostre vite, di farci riflettere sul dove e sul quando e sul cosa mettendo in scena -cazzarola, lo sto scrivendo- intrecci immaginifici. Il primo nome che mi viene in mente: Minority Report. Arrestare uno che non ha commesso l'omicidio, che però ne ha tutta l'intenzione ed è in procinto di farlo. Giusto, sbagliato, perché sì perché no, la tecnologia, il progresso, le responsabilità individuali, le libertà personali, le minoranze, le maggioranze, la ceppa di Darko Suvin, gli eccetera. Si parte dal fantastico e si atterra sul reale, con numerosi gradienti di efficacia e di senso delle cose.
Di La seconda mezzanotte, ho letto un'ottantina di pagine e mi sono stufato. Conto comunque di finirlo, se non altro per parlarne a ragion veduta. L'impressione superficiale è che anche in questo caso il senso delle cose di Scurati tenda ad abbracciare l'enorme, l'evoluzione complessiva, il quadro globale ricorrendo al tono apocalittico, allo sfoggio profetico, alle dotte imbeccate sul declino-della-civiltà-occidentale.
Impressione superficiale. Poi magari mi sbaglio, ma ho il timore che in questo caso il cosiddetto messaggio e le tesi di fondo abbiano preoccupato lo scrittore molto più del piacere di scrivere e di farsi leggere, di sviluppare la narrazione: di raccontare una storia, insomma. 

mercoledì 28 settembre 2011

"You dorks are alive?"

Ieri sera, ho finalmente visto Super 8. Malgrado il tipico finale da glicemia fulminante e dalla retorica prevedibile, il tutto funziona bene. C'è la provincia del Mid-West, c'è la mamma morta, ci sono i ragazzini amichetti con le loro monomanie, c'è la storiella d'amore adolescenziale, c'è un bel po' di roba che salta per aria, ci sono effetti speciali fighi, c'è il mostro, c'è l'istituzione buona e c'è l'istituzione cattiva.
Fa ridere quando deve far ridere, in un paio di scene mi ha pure spaventato, i titoli di coda sono formidabili.
J.J. e Spielberg hanno messo insieme una roba più che onesta, speriamo che la loro collaborazione duri.

Ps: La mia amica ha detto che a lei il finale non è sembrato così zuccheroso, quindi magari sono io che rompo le palle: e Super 8 è probabilmente il capolavoro del secolo.

martedì 27 settembre 2011

No, bravi, bella idea

Trasandato, in carne, senza tv, dopo la morte del padre: in mezzo, quella foto. Ma cristomadonna. 

Via.

Uno?! Ma che, scherza? E che figura ci facciamo?! Almeno due! Anzi, sa che le dico?! Facciamo tre numeri di telefono, e crepi l'avarizia

Tentando di prenotare una camera d'albergo nella simpatica, bretone e sconosciuta località di Lamballe, mi sono imbattuto in questa pagina.


Cliccare per ingrandire.

lunedì 26 settembre 2011

But he knows not what it means


Ci sono dischi che piacciono un po' a tutti. Sono quelli di cui si discute al pub con gli amici, si accennano le melodie a voce, si fa l'elenco delle canzoni più belle; e a un certo punto uno degli amici prende parola e dice: "Raga, ma son tutte belle."

Spesso sono dischi i cui singoli principali sono stati sentiti e suonati e cantati e spremuti tante di quelle volte da averne esaurito carica e potenziale.

Due giorni fa, c'è stato il ventesimo anniversario della pubblicazione di Nevermind. E c'è anche poco da aggiungere, visto che il tema "la-rabbia-la-droga-il-dolore-gli-anni-90-la-generazione-x-" ha francamente sfrantecato le palle. Sì, c'erano già stati gli Husker Du, i Dinosaur Jr, la scena noise e i Sonic Youth. Sì, non ci sono invenzioni originali dentro. Sì, uno può preferire Bleach.
Nevermind è un disco che strabocca di canzoni stupende, e questa opinione è condivisa da decine di milioni di persone.
Non mi parlate di Come as you are, comunque, che non la sopporto più. Molto meglio In Bloom Drain You.

venerdì 23 settembre 2011

La fisica è decisamente troppo difficile per i fisici (cit.)

Nel novembre 2002, avevo da poco compiuto 19 anni e stavo in quinta superiore. Sì, ero ancora in quinta superiore: in terza, mi bocciarono perché me lo meritai molto.
Nel novembre 2002, ero in gita con la mia classe a Ginevra per un paio di giorni. Il primo giorno siamo andati a vedere la città, il secondo siamo andati a visitare un importante centro di ricerca di fisica delle particelle, il CERN. Fra il primo e il secondo giorno, io e una mia amica abbiamo trascorso la nottata insieme al prof di matematica e fisica che ci accompagnava, su suo esplicito invito. Abbiamo fatto le quattro a chiacchierare di cazzatele e massimi sistemi, scolandoci già che c'eravamo una bottiglia di whisky offerta dal prof medesimo.
La sveglia era per le sei e mezza: nel novembre 2002, rideclinai verso il basso, il bassissimo, l'idea personale di malessere e vita-di-merda a seguito di una sbronza.
La visita al CERN mi colpì molto. C'era una parte divulgativa che raccontava efficacemente le meraviglie del mondo atomico, le interazioni forti, le distanze fra elettroni e nucleo, la rava et la fava. Poi, c'era la parte più tecnica e tosta: la visita al cantiere in cui si stava costruendo il ciclotrone più grande del mondo.
Ormai lo sappiamo un po' tutti, cos'è un ciclotrone: è un autodromo circolare per particelle subatomiche che vengono sparate una contro l'altra a velocità prossime a quella della luce. Dallo schianto fra le due pirline e da quel che ne resta, si possono capire un sacco di cose sulla formazione dell'universo, diceva il tizio che ci guidava. Ricordo che a una mia compagna, a un certo punto, scappò l'espressione "la creazione dell'universo" e che il tizio disse: "Non esiste alcuna prova scientifica della creazione dell'universo. E molto probabilmente non esisterà mai."
Nel novembre 2002, per la prima volta, sentii parlare dei neutrini. Il tizio ci spiegò che sono particelle elementari, fra le primissime a essersi formate, miliardi di anni fa. Ci disse che hanno una massa ridicola, più piccola di quella degli elettroni. Che ne arrivano un sacco dal sole, e che su una delle nostre unghie ce ne possono stare decine di miliardi. E ci disse che di lì a poco dal CERN sarebbe iniziato un ciclo di esperimenti con il centro di ricerca del Gran Sasso.
Si trattava di sparare i neutrini da qui a là, e di studiarne le caratteristiche una volta in movimento. Quegli esperimenti erano importanti, aggiunse, perché dei neutrini erano molte più le cose ignote di quelle conosciute.
Ora, se volessi fare la piroetta e insaporire il racconto, potrei scrivere che disse, con un certo fare ironico: "Potrebbero essere anche più veloci della luce, per quel che ne sappiamo." Però non lo disse, creduloni.

Comunque, rispetto a eventuali rivoluzioni in campo scientifico, la posizione ufficiale del titolare di questo blog è la seguente: gran calma. Vediamo cosa esce da verifiche e controverifiche del caso. Che sennò poi Albert ci rimane male.

Ps: a conforto dello scetticismo del titolare qui, c'è una bellissima vignetta che quelli del Post hanno messo online, qui.
Pps: E' sabato mattina, ormai, e vengo a sapere che il ministro dell'istruzione e della ricerca ha diramato questo comunicato ufficiale. Parla di 45 milioni di euro stanziati per la costruzione del tunnel per i neutrini, dal CERN al laboratorio del Gran Sasso. No, niente: non c'è nessun tunnel. E non c'è perché non ce n'è bisogno. E non ce n'è bisogno perché una formica è grande quanto New York, rispetto a un neutrino. Le possibilità di interazione fisica di un neutrino sono microscopiche. Insomma, i neutrini ci sarebbero passati attraverso, a quel tunnel che non è mai stato costruito e per cui Gelmini sostiene di aver investito 45 milioni di euro.

giovedì 22 settembre 2011

A public service announcement followed me home the other day. I paid it, nevermind. Go Away

E insomma si sono sciolti gli R.E.M. Non ho molto da dire in proposito. Un po' mi dispiace. Un po' non sono stati un mio gruppo e quindi pazienza. Sono stati una delle band più fighe e capaci e dentro la vita delle persone negli anni '80, hanno proseguito facendo cose pregevolissime nei '90 e hanno un pochino sbragato nell'ultimo decennio.
I ragazzi di Athens hanno del resto scritto una quantità strepitosa di canzoni strepitose. Butto qui sotto quelle che mi vengono in mente, così, ma chissà quante ne dimentico.

Intanto, per cominciare, porcogiuda, questi nel 1983 hanno scritto pezzi che decine di gruppi indie di questi anni, beh: hai voglia a farne uno bello la metà. Radio Free Europe, per esempio.
Hanno scritto pezzi che con diverse capriole sono divenuti slogan giornalistici e mediatici buoni per raccontare crisi e declini eventuali: It's the end of the world as we know it (and I feel fine).
Hanno scritto canzonette formidabili da canticchiare per manciate di quarti d'ora: Pop Song 89.
Hanno scritto Losing my religion, certo: canzone molto bella che ha tuttavia sfracassato i maroni. Ma molto bella.
Hanno scritto un pezzo che sembra appoggiare le teorie cospirazioniste secondo cui lo sbarco sulla Luna è stato tutta una messinscena, ma li si perdona perché Man on the moon è un brano perfetto.
Hanno scritto Electrolite. E su Electrolite non c'è niente da dire, se non che è una delle più belle canzoni d'amore di sempre.
Hanno scritto At my most beautiful. E su At my most beautiful non c'è niente da dire, se non che è una delle più b ... cazzarola, mi son fregato con l'eccessiva retorica su Electrolite.
Vabbè, poi rischio di farla troppo lunga: ci sono pure Imitation of life, Bad day e Leaving New York, con quel bellissimo attacco sul ritornello che dice You might have laughed if I told you.

E poi basta, anche se mi sono già venute in mente altre canzoni omesse dalla lista qui sopra. Li aspettiamo per una reunion, fra una decina d'anni.

Ps: ho sistemato il link a Pop Song 89, che il video c'entrava sì e no. E già che ci sono aggiungo questo:

mercoledì 21 settembre 2011

Cantarsela e suonarsela

Aggiuntisi il Sole e il Corriere alla lista dei giornali nazionali che hanno ufficialmente esaurito ogni fiducia politica in questo governo, aggiuntisi cioè il giornale degli industriali e quello più rappresentativo del ceto medio-alto del Paese all'elenco di chi ritiene che il capo del governo debba -diciamo così- farsi da parte, restano solo due quotidiani (Come? Il Foglio? Il Foglio non esiste, da un pezzo) rilevanti a proteggerne le sorti: Libero e Il Giornale.
Ed entrambi sono di proprietà più o meno diretta del capo del governo.
Dev'essere un record di qualche tipo.

martedì 20 settembre 2011

Hersham boys, Hersham boys: lace up boots and corduroys

Nella squinternata trasmissione radiofonica che io e un amichetto abbiamo su una piccola radio online, il marzo scorso è andata in onda una puntata a cui sono piuttosto affezionato. Non che sia uscita meglio di altre: anzi, se non ricordo male ci siamo un pochino impappinati in momenti successivi.
Era una puntata che parlava di un film indipendente inglese, e prendeva spunto dal contenuto di questo per srotolare il racconto di un giro affascinante fatto da un pezzo di musica pop fra gli anni '70 e gli anni '80. In questa pagina ci sono tutti i podcast: la puntata di cui parlo è la quinta.
Ma comunque, il film s'intitola This is England e racconta di un ragazzino incasinato e sensibile che frequenta una compagnia di skinhead più grandi di lui.
Il giro fatto dalla musica pop passa dallo ska giamaicano al rocksteady al reggae al punk all'hardcore all'Oi inglese.
In mezzo, ci sono flussi migratori che dai Caraibi si rovesciano sulle coste inglesi, c'è la crisi economica e sociale dei primi '80 britannici; ci sono Lonsdale, gilet senza maniche, razzismo, teste rasate, dreadlock, risse e alcol a ettolitri.
Tutta sta sbrodolata per dire che finalmente qualcuno si è occupato di adattare e doppiare il film in italiano, e qualcun altro di distribuirlo nelle sale. Non so come sia uscito in italiano, ma in inglese val la pena.

lunedì 19 settembre 2011

Tornare a scrivere sul blog, circa

Quest'estate, ho visto un bel po' di concerti fighi (di cui due assolutamente straordinari), ho corso dietro a orde di bambini in un centro estivo per cinque settimane, sono stato su una house boat in Camargue con i soliti amichetti, ho trascorso altre tre settimane con le piccole bestie urlanti di cui sopra, ho dato una mano a montare, gestire e smontare la festa di un'associazione di brave e sfasciate persone: nel frattempo ho dormito poco, ho trasformato la mia camera in un manicomio di disordine, ho ascoltato e divulgato il verbo degli Arcade Fire con successi buoni e inaspettati, e mi son fatto crescere la barba.
Sono tornato a casa stanco ma felice, come scrivevamo un po' tutti nei pensierini delle elementari, e ora mi devo mettere sotto con la tesi sui vampiri maledetti.