venerdì 27 febbraio 2009

You gotta make your own kind of music

Spero che l'ultimo strascico della vicenda EE (le indagini ufficiali della procura di Udine* per l'ipotesi di omicidio volontario da parte di BE sulla figlia) faccia riflettere i sostenitori oltranzisti della magistratura, e smussi le esasperazioni legalitarie di chi è solito elevare a principi dei luoghi comuni tipo "eh, ma se è indagato ci sarà pure un motivo", o pretende di proibire l'eleggibilità di un cittadino su basi di questo tipo.
La democrazia, per fortuna, è un'altra cosa.

* Ridicole e insensate: lo specifico prima che i due amici mi tartassino ulteriormente.

Fin qui, tutto normale

Al New York Times il manovrone di Obama piace, al Wall Street Journal no.

Mio nonno, è una questione interna

Senza fare capriole o indignarsi a caso, ma la Clinton che avrei voluto io, e l'Obama che avrei voluto io, quindi, due parole sui diritti umani ai cinesi le avrebbe dette.

giovedì 26 febbraio 2009

Un po' Douglas Adams e un po' Leopardi, questo Andreas Seyfarth. Del perchè preferiamo l'isola dei Caraibi, alla conquista del mondo

Lontano da noi, negli interminati spazi, sovrumani silenzi e profondissima quiete delle carte geografiche intergalattiche, al centro della Spirale est di Andromeda IV, ci sono due piccoli e tiepidi soli di elio e idrogeno. Ad orbitare intorno ad essi, insieme ad altri quattordici pianeti, c'è un ammasso di terra, acqua e ferro incandescente a forma geoidale i cui abitanti sono tanto curiosi, acuti e nerd da elaborare sistemi filosofici su fogli di cartone colorato, pezzi di plastica e regole scritte valide per tutti.
Il primo grande sistema di pensiero con cui questi uomini hanno cercato di spiegare e governare il mondo era formalizzato dai fratelli Parker, e si basava sull'idea di un libero arbitrio umiliato e aggredito da una presenza spirituale cinica e stolta, che decreteva successi e fallimenti sulla base di qualche taglio a forma rotonda scalfito sulle facce di piccoli cubetti rotolanti. Nelle logiche di questa costruzione, la complessità del reale veniva spazzata via dalla subordinazione degli uomini a una sorte inappellabile e sorda. Addirittura, secondo queste teorie, gli uomini erano chiamati a pescare delle carte disposte casualmente in un mazzo mescolato da uno di loro (e girate verso il basso, per di più) che nella stragrande maggioranza dei casi avrebbe scritto il loro futuro.
Naturalmente, il malvagio feticcio, architetto di questa trappola filosofica, aveva previsto i loro scetticismi sulla bontà del sistema, e di conseguenza allestito nel suo edificio elementi di bravura, capacità individuale e una bozza di imprevedibilità, per due ulteriori motivi: non permettere a uomini stupidi e sprovveduti di fare strada solo con l'aiuto del fato, e consolare i capaci delle loro sfortune con uno stordimento oppiaceo tramite cui potevano rifugiarsi dai mali del mondo.
Il risultato, a quel punto, fu una sbronza colossale.
Gli uomini non furono sufficientemente razionali da capire la realtà, e cedettero a tutti gli inganni di questa macchinazione diabolica: si divertirono come dei pazzi, elevarono idoli e sacrificarono amicizie, in nome di quella -a loro avviso- straordinaria unità di misura del cosmo. Cronache lontanissime ci parlano, addirittura, di discussioni frenetiche nel cuore della notte su delle giostre installate nei parchi pubblici di un piccolo villaggio di quel pianeta.
L'era dell'assoggettamento durò così per molte lune, e molte piogge ancora. Poi le più influenti forze del cosmo si adunarono, e decisero che gli uomini del pianeta erano pronti ad evolversi, ed intraprendere il cammino che è proprio dei saggi: poter consultare le opere di Andreas Seyfarth, principale esponente della scuola Aleatica.
Da quel momento, tutto cambiò per sempre e nulla fu più come prima.
Alla specie dominatrice della terra fu proposto un nuovo sistema filosofico. Subito, essi si accorsero delle sue straordinarie qualità. Era più veloce da capire e convinceva più persone. Le sue logiche principali non si basavano su una repressione della complessità del reale, ma su una sua esaltazione. Quando gli schemi di imponderabilità e invalutabilità di questo cosmo si dispiegarono di fronte agli uomini, e li chiamarono alla partecipazione attiva, loro furono finalmente in grado di comprendere il fascino delle variabili che giorno dopo giorno determinano successi e disgrazie delle vite umane, e migliorarono le capacità di calcolo e previsione che col sistema precedente erano solo abbozzate. I nostri presero atto della bellezza intrinseca di un mondo non più regolato da una sorte indifferente e arrogante, ma dalle loro stesse azioni. Inaugurarono un rapporto fecondo con la terra che abitavano, cercando di sfruttarne i doni con il lavoro di coloni obbedienti. Anno dopo anno, fabbricarono edifici funzionali ai loro scopi e ricavarono benessere e prestigio come frutto del loro sudore. Cominciarono ad affrontare i problemi estesi su un piano orizzontale, in cui la gerarchia del potere li vedeva titolari insostituibili. Il puro divertimento di pochi a discapito della noia di molti fu sostituito da un impegno costante e da una tensione agonistica molto forti, capaci di garantire una notevole quantità di gioie e soddisfazioni. I sostenitori di questa struttura normativa capirono così il valore della propensione al rischio, dello spirito imprenditoriale, della competizione trasparente, della decisione fulminea, e, soprattutto, delle conseguenze delle loro azioni. Impararono così ad assumersi le responsabilità di tutto quel che succedeva senza ricorrere a facili superstizioni. La spiegazione dei mali del mondo non si realizzava più, quindi, nel segno di una consolazione indotta e alterata: il progresso portato da questa nuova tavola dei valori aveva insegnato l'importanza del saper prendere le misure alle fatalità e alle coincidenze negative, e indicato la via migliore per rifarsi dopo esperienze fallimentari: essere attenti e razionali, cercando di intuire il momento più adatto per la mossa d'istinto che avrebbe potuto aprire la strada al sogno e alla serenità.

La portata di queste idee fu rivoluzionaria, per gli uomini di questo strano pianeta. Cambiò la loro esistenza e il loro rapporto con l'universo. Inoltre, li influenzò al punto da convincerli a dedicarsi alla costruzione di un sistema filosofico ideato e realizzato da loro stessi.
Ma solo il tempo custodisce la fine di questa storia, e solo a lui dobbiamo chiedere di sapere cosa è stato, del loro lodevole progetto.

mercoledì 25 febbraio 2009

Domini culturali

Poi uno fa il dittatore compagno duro, intransigente, paranoico e antimoderno quanto vuole, però il basket imperialista in tivù se lo guarda volentieri.
PS: Articolo vecchio.

martedì 24 febbraio 2009

Per sapere

A proposito dell'assemblea del PD di sabato, il direttore dell'Unità si chiede quanto segue, e io con lei:

La seconda domanda, di fronte a una platea dimezzata, è dove fossero i 1300 delegati mancanti, ieri.

Liste

Novantanove cose consigliate agli utenti dalla rete. Quasi tutti video dal YouTube.

lunedì 23 febbraio 2009

Abbonamento filato

Il primo numero dell'edizione italiana di Wired è bello, e promette bene. Consigliato agli appassionati di modernità, tecnologia e impaginazioni fighissime. Un numero costa 4 euro, un abbonamento di due anni 19, e la matematica non è un'opinione.

venerdì 20 febbraio 2009

Motivo numero uno per cui vale la pena diventare commentatore del New York Times

Poter cominciare un editoriale in questo modo, quando si è incazzati:

Il nostro sistema economico e morale si basa sull'idea di responsabilità individuale. Si basa sull'idea che le persone devono confrontarsi con le conseguenze delle loro azioni. Questo le rende più caute nelle decisioni. Questo significa che la società tende verso la giustizia: le persone hanno quel che si meritano, per quanto è possibile.
Negli ultimi mesi, noi abbiamo fatto polpette di tutto ciò.

giovedì 19 febbraio 2009

Io li odio, i nazisti della Siria

Christopher Hitchens era in Libano, ha visto dei manifesti del partito nazional-socialista siriano e li ha pasticciati con un pennarello, scrivendo -pare- no, no fuck you! su alcuni di essi. Dei militanti di questa encomiabile forza politica l'hanno prima visto e poi picchiato.
Via Camillo.

mercoledì 18 febbraio 2009

Conferme

Poi ho visto Milk.
Mi è piaciuto molto, per gli stessi motivi per cui è piaciuto molto a tutti: storia bella, Sean Penn bravissimo, regista bravo e attento a restare attaccato all'idea di partenza.
C'è un grande pezzo di storia americana, dentro Milk, e c'è la capacità di raccontarla senza menate retoriche e cessioni ai più tipici cliché in voga sulla comunità gay.
Strano che ci siano voluti 30 anni prima che Hollywood prendesse in mano la storia e la raccontasse al mondo intero, ma l'attesa viene ripagata, devo dire.

Ieri il Kosovo ha compiuto un anno, diciamo così

Su Le Monde c'è un articolo che parla dei suoi maggiori e gravi problemi: se non fosse per l'altissima dipendenza dagli aiuti internazionali, la carenza di investimenti stranieri, l'assenza di un forte apparato politico e, infine, un certo sentimento irredentista da parte della grande maggioranza dei serbi, quasi quasi si tirerebbe a campare, da quelle parti.

martedì 17 febbraio 2009

Opporre con lentezza - Grande slam

Mi dispiace molto che Veltroni non sia più il segretario del PD.
Ma dalla sconfitta di aprile ad oggi, è balzata agli occhi anche a me la grande asimmetria fra le capacità di W di fare campagna elettorale e organizzare l'opposizione in parlamento: benissimo la prima, molto meno la seconda. In mezzo, uno straordinario risultato elettorale (straordinario, sì) e tanti entusiasmi sbriciolati senza apparenti ragioni.
Ora vediamo cosa saranno in grado di fare i tanti carnefici di W e i suoi pochi difensori. So di essere piuttosto noioso, su questo argomento: primarie. Primarie serie, aperte, trasparenti e competitive. Gentiloni, Cuperlo, Domenici, un paio di dirigenti storici e altrettanti giovani: vorrei vedere quella gente qui. Vorrei vederli dibattere seri per un mese e poi andare a votare quello che mi convince più degli altri.
Temo che non si realizzerà nemmeno l'ombra, della mia speranza, quindi vorrei chiedere alla dirigenza del PD una cosa: non provateci nemmeno, con tarallucci e vino. Non lasciatene una, sul tavolo. Litigate anche per le dosi di zucchero al distributore del caffè. Rinfacciatevi le cose più meschine e vigliacche. Sbattete le porte. Mandatevi affanculo come meglio vi riesce: poi tirate una riga, fate la pace e ricordatevi che quattro anni si va a votare.
E non ditemi che c'è ancora tempo.

And the hits just keep on coming

Ieri in Svezia è cominciato il processo ai responsabili di Pirate Bay, uno dei più frequentati siti di filesharing via torrent.
Notevole la distanza delle previsioni fra Repubblica e Wired: l'occhiello dell'articolo del quotidiano italiano afferma "Se verranno condannati nulla sarà più come prima." mentre la cronaca riportata dalla rivista USA si conclude con un'intervista che dice: "Se Pirate Bay chiuderà, sarà rimpiazzato in popolarità da qualcun altro domani stesso."

Quand'ero giovane io/2

E' cambiata la sigla dei Simpson:

Meanwhile, in another state of the world

Chavez ce l'ha fatta, stavolta.

lunedì 16 febbraio 2009

Massaggiare i piedi e non credere alle mance

Caro Quentin Tarantino,

scusa se ti dò del tu, ma tanto mica la leggi davvero sta lettera, e a me viene più comodo così.
Ti scrive uno che non è un tuo fan nell'accezione fissato che va pazzo per qualsiasi cosa fai nella vita, ma che ha molto apprezzato qualche tuo film.
Sono di quelli che hanno sbavato per Pulp Fiction e Le iene. Perchè in quei due lavori ci sono grandi idee, grandi attori, grandi pippe da cinefilo sparato. Soprattutto, i personaggi che hai saputo costruire -rivisitando i vari cliché del filone gangster- sono contemporaneamente assurdi e credibili, anche quando raccontano barzellette scadenti dopo un'overdose da infarto. E poi i dialoghi straordinari, le canzoni sempre al loro posto. Insomma, Pulp Fiction e Le Iene sono due film fatti da uno che ama il cinema sopra ogni altra cosa, e non vede l'ora di poterlo dimostrare.
Sono di quelli che pensano che Jackie Brown sia un punto medio piuttosto inutile, che Kill Bill, tutto sommato, sia un po' bello e un po' tanto brutto, e che Grindhouse sia una tremenda stronzata.
Sono di quelli che non hanno mica capito perchè a un certo punto hai deciso di vendere la tua immagine promuovendo filmacci (tranne Old boy: bellissimo) attribuendo loro una cifra trasgressiva e disturbante -comunque insufficiente all'offerta di un buon prodotto- che hanno in minima parte, e solo perchè l'hanno riciclata dal cestino fuori casa tua. Oggi ricordi un po' quello che dicono i vecchi fan di Stevie Wonder dell'attuale Stevie Wonder: un grande che si è rimbecillito. Senza offesa, eh.
Insomma, Quentin, ho visto il trailer del tuo prossimo film. Mah. Sembrava interessante, rende l'idea di una roba a metà fra un fumettone ironico e Quella sporca dozzina. Ma alla fine salta fuori la sbavatura. Ti sei fatto fregare un'altra volta, mi sa. Poi magari incastrato nel film ha una ragione di esistere, non lo so, bisognerebbe vederlo. Però quell'Adolf che urla Nein! Nein! Nein! battendo i pugni sul tavolo sa un po' di cazzata. Nei primi film Adolf l'avresti illustrato durante una colazione parigina, mentre discuteva sulla bravura di un baritono nel secondo atto de I nibelunghi visto la sera prima, e contemporaneamente firmava chissà quale terrificante ordine esecutivo. O forse non l'avresti mai menzionato. Ripeto: mah.
Va beh, sono di quelli che in Inglorious Basterds ci sperano comunque, Quentin. Non dico che possa essere un altro Pulp Fiction (scemo sì, fesso no) ma almeno un film che quando finisce dici: cazzo, che bel film.
Facciamo così: io lo scarico in inglese appena posso. Poi se mi piace prometto di andare a vederlo al cinema. Se non mi piace nisba, ti rubo i soldi e ciao. Vedi di fare il bravo, quindi.

Un saluto,
Giorgio Fumagalli

PS: ma cosa diavolo c'era, nella valigetta che recuperano Jules e Vincent?


venerdì 13 febbraio 2009

Sittin' on the dock of the mess

Nel 1790, un prussiano timido, solitario e intelligente di nome Immanuel Kant pubblicò un libro intitolato La critica del giudizio. Al liceo questo è un po' il fratello perdente, del giro delle critiche kantiane, perchè si studia dopo le altre due e viene di conseguenza un po' trascurato.
Oltre a tutte le riflessioni complicate e alle eventuali rivoluzioni copernicane (il bello è nella sensibilità di chi guarda, non nella composizione dell'oggetto guardato), in questo volumazzo è tuttavia di grande rilievo l'idea del sublime.
Il sublime è diverso dal bello, diceva IK, perchè se il bello scaturisce dall'allestimento di forme armoniose e ponderate, da parti integranti di una necessaria forma di equilibrio, il sublime è frutto della catastrofe e dell'oltranza. Percepire il sublime significa prendere coscienza delle piccolezze umane rispetto alle immensità di una natura incurante delle sue disastrose potenzialità.
Il sublime è il cugino pestifero del bello, sempre pronto a ricordargli che il battito d'ali di qui ribalta il tavolo di là, e che i disastri non sono un'eccezione delle regole, ma una loro diversa interpretazione.
Per provare a fare un esempio, bella era Pompei e sublime l'eruzione che l'ha sepolta.

Il sublime moderno è ancora più incasinato, e si basa molto sulla possibilità (offerta dai mass media) di poter assistere alle catastrofi senza doverne soffrire, al riparo anzi da ogni eventuale pericolo ed eventualmente affiancati dalla voce di un reporter che vive al nostro posto quello che vediamo. Eccetera.
Ricordo che questi discorsi si sono fatti parecchio ai tempi dello tsunami, quando chi più chi meno, chi prima chi dopo, si confessava tutti un favorevole giudizio estetico delle immagini più violente e devastanti (e intanto si mandava l'sms per i soccorsi, detto senza toni di accusa). Qualche tempo fa, inoltre, è morto un compositore tedesco (non ricordo il nome) che qualche giorno dopo gli attentati del 9/11 disse di aver assistito alla più grande opera d'arte di tutti i tempi, di fronte alle immagini degli schianti aerei.

E' un tipo di pensieri piuttosto sadico, mi rendo conto.
A me piace il fuoco, e recentemente ho timbrato il cartellino, con tutte ste menate, per via della tremenda ondata di incendi che si è abbattuta sull'Australia uccidendo quasi 200 persone. Sotto una delle immagini più innocue:


giovedì 12 febbraio 2009

We can handle the truth

Durante la sua storica campagna elettorale, Barack Obama ha fatto molte promesse e ha ripetuto più volte di voler essere considerato responsabile per tutte quelle non mantenute.
C'è stato chi l'ha preso sul serio, ha contato le promesse (510), e ha messo su un sito apposta per controllare quante ne mantiene e quante no.
Per ora siamo a sette mantenute e una no.
Sulla destra di questo blog ho incollato uno stringone che riporta la loro encomiabile attività.

Balocchi

Scrivendo due scemate su una delle più importanti serie tv degli anni '80 (Hill Street Blues), mi imbatto nel nome di uno studioso (Todd Gitlin) di cui non avevo mai sentito parlare che in un testo (Inside Prime Time) di cui non avevo mai sentito parlare propone riflessioni su rava, ceppa e fava di grande rilevanza nel dibattito sulla tv di qualità e su questo serial in particolare.
Escludo subito di comprare il libro, un po' perchè ne ho già tre in arrivo e quattro a casa, un po' perchè in fin dei conti è un capitolo solo, quello che mi interessa.
Vado su Google per scroccare qualche informazione e il primo risultato è una pagina di Google libri che mi sbatte in faccia, pagina per pagina, il capitolo del testo di cui un minuto prima ignoravo l'esistenza.
Mi chiedo quando finirò di stupirmi, di queste cose.

mercoledì 11 febbraio 2009

Balagàn

Dei risultati delle elezioni in Israele, per quel che ci ho capito io, non ci si capisce una mazza.

"Non mi pare colleghi questo il modo"

Zoro fa una specie di tributo a Blob e mette insieme il miglior pezzo di cronaca politica sulle vicende dei giorni scorsi. Bravissimo, al solito:

Arrivée

Il secondo miglior allenatore al mondo va ad allenare il Chelsea.

Gerontofilie

Quello del Cav sulla modifica della Costituzione è stato uno sproposito incredibile, e affogato nel turbine mediatico dei giorni scorsi ha fatto meno rumore di quel che disponeva potenzialmente. Detto ciò, mi dite per quale ragione al mondo "la costituzione non si tocca"? Forse per qualche forma di accanimento terapeutico ideologizzante e nostalgico?

Tocchiamola, la costituzione, e miglioriamola: se lo merita, dopotutto.

martedì 10 febbraio 2009

Su EE

Il palazzo (nel senso di establishment) italiano è impazzito a livelli che non avevo mai testimoniato, personalmente.

Mettere in fila le parole "morte degna" è una capriola che termina un passo indietro da quello iniziale: la vita può essere degna o indegna, la morte no.

La morte fa schifo, sempre. Peggio, c'è solo un ancor più schifoso modo di morire.

A differenza di chi rimesta le sue mani nei pentoloni etici del bene e del male con preoccupante sicurezza e chiama in causa l'eugenetica e le condanne a morte con delirante facilità, io mi guardo bene dall'infilare concetti assoluti tipo "quella non è vita" (non lo so, non lo so e non lo so: come fa a saperlo, chi dice di saperlo? E chi dice il contrario?).

Rivendico invece l'esercizio di una più banale e scivolosa forma di buon senso: io non sono EE, e nemmeno BE. Non vedo, quindi, in nome di cosa e in che modo tutto quello che posso pensare a proposito della loro tragedia possa anche solo pretendere di modificare la loro volontà, al netto delle bordate di sofferenza di cui sono stati bersaglio. Lo stesso criterio vale ovviamente nel senso opposto, di fronte ad un eventuale BE che vuole proseguire i nutrimento e idratazione artificiali.

Non ho molte argomentazioni a sostegno di BE e del capo dello Stato, quindi.

Solo due: primo, se fossi stato su quel letto lì e in quelle condizioni lì, mai avrei voluto sapere delle straordinarie mancanze di rispetto e dimostrazioni di meschinità di cui BE è stato vittima. Secondo, qualche sillaba: autodeterminazione, finalmente.

venerdì 6 febbraio 2009

Frost/Nixon

Stasera nelle sale esce Frost/Nixon - Il duello, il film di Ron Howard che ricostruisce la storia dell'intervista al presidente dell'impeachment. L'ho visto in inglese, e mi è piaciuto molto. Ho trovato bravissimi i due attori protagonisti, lodevole la cura per i dettagli e molto scorrevole l'andamento, incastrato alla perfezione fra sviluppo dell'intreccio e i fittizi contributi in ricordo dell'intervista. Nixon è tanto spiritoso quanto orgoglioso, e sul caso Watergate fa la figura del politico-iena con parecchi peli sullo stomaco, che se deve fare una cosa la fa, regole o non regole, e quella è la fine del discorso. L'umanizzazione attraverso cui passa nell'ultima sequenza ha più il sapore di riabilitazione compassionevole dell'uomo che di osservazione distaccata del politico: alla lunga sta simpatico.
Ma la cosa migliore, nel film, è la riflessione sulle potenzialità della tv come mezzo di inchiesta politica, e della sua efficacia nel rappresentare elementi altrimenti invisibili e nascosti. Infatti sarebbe bello vederla, l'intervista reale.

giovedì 5 febbraio 2009

Divulgazione per il nichilista

Il video c'entra anche poco col pezzo, che però merita molto secondo me.

Per capire

Tutti d'accordo (vero?): l'emendamento promosso dalla Lega è una porcheria.
Tutti d'accordo (vero?): è ben più dannoso questo, del lodo Alfano
Se sì, mi spiegate perchè per il secondo si è tirato in piedi un vespaio e per il primo si lascia la palla al caro, vecchio, inutile e impagabile iter di proteste?
Se no, mi spiegate dove siamo finiti, noi che dovremmo essere d'accordo?

Update: dopo aver pubblicato questo post, trovo la seguente dichiarazione nel blog di Francesco Costa:

"L’emendamento della Lega è una misura raccapricciante. La Lega Nord non riesce a far valere le proprie già misere proposte sulla sicurezza e quindi promuove un emendamento che oltre ad essere inutile, odora di vendetta. Non è obbligando i medici a tradire il giuramento di Ippocrate che l’immigrazione si potrà contrastare."
Paolo Caratossidis, coordinatore nazionale di Forza Nuova.

mercoledì 4 febbraio 2009

Every song is a comeback

Al Times hanno deciso di riempire qualche pagina mettendo insieme un'enciclopedia-della-musica-moderna-genere-per-genere. Qualche giorno fa è stato il turno dell'alt-country, cioè di quel genere che mescola il country a quel che capita per confezionare canzoni da classifica -ma anche no- che sembrano uno strano tipo di country e che invece sono alt-country.
Comunque il pezzo cita i Wilco come principali rappresentanti dell'alt-country, e anche se non è così vero, fa un gran bene, e colgo la palla al balzo: qualche giorno fa ho comprato la maglietta visibile nella foto.
I Wilco sono Jeff Tweedy, il suo bassista e altri passanti che dopo un po' mollano la band e vengono sostituiti.
Jeff Tweedy è un tizio dell'Illinois che dopo essere uscito da una sbronza di ascolti punk giovanili ha iniziato a prendere sul serio il cantautorato americano più tradizionale (Billy Bragg, Woody Guthrie) e rivisitarne gli schemi.
Con i Wilco ha fatto diversi dischi; quello della svolta è il loro quarto: Yankee Hotel Foxtrot, album dalla storia biblica.
Per cominciare, doveva uscire l'11 settembre 2001, ma l'etichetta del gruppo, la Reprise, (leggi Warner) mandò tutto a monte perchè non credeva nelle potenzialità del lavoro. Tweedy s'infiammò, comprò i diritti del disco per due lire dalla Reprise e lo pubblicò online sul sito della band, offrendo l'ascolto gratuito. Fu un successo: dopo due mesi, una trentina di etichette facevano la fila offrendo gruzzoloni ai Wilco per i diritti di vendita.
In tutto ciò, decisero di mollare l'album alla Nonesuch (leggi Warner).
La Warner (leggi Warner) quindi pagò i Wilco per fare l'album su Reprise, poi cambiò idea, liquidò il disco ai suoi stessi creatori per ricomprarglielo più avanti via Nonesuch.
Ufficialmente, Yankee Hotel Foxtrot uscì il 23 aprile 2002. Si portò via valanghe di elogi critici e vendette quasi 600.000 copie. Una delle sue canzoni più belle secondo me è Pot kettle black, che si conclude con parole molto significative, rispetto alla storia del disco: "Every moment's a little bit later."
Una cosa che mi diverte molto, infine, è che qui ci sono ancora tutti i pezzi in streaming, di Yankee Hotel Foxtrot.

martedì 3 febbraio 2009

Killing me softly with this song

Poi è diventato uno slogan retorico utilizzato ad minchiam anche per un brutto raffreddore venuto ai turnisti di Anna Oxa, ma in origine "The day the music died" aveva una data sua, sul calendario: 3 febbraio 1959.
Quel giorno, Buddy Holly, Ritchie Valens e The Big Bopper salirono sullo stesso aereo in seguito ad una serie di strambi eventi, gufate reciproche e lanci di monetine. L'aereo ebbe un guasto, precipitò, e i tre morirono. Erano celebri musicisti rock che se ne andarono in un'epoca in cui a quelle forme di musica nuova e tutta per giovani non si associava ancora l'idea di morte prematura. Filtrata attraverso gli anni '70 e la conseguente mitologia di dannati del rock morti nel loro vomito, con l'ago ancora nel braccio o ammazzati dal loro padre, ormai quella roba qui è una sciocchezza. Ma nel '59 fece il botto e si ritagliò una mezza pagina di storia e di costume pop, col suo seguito di citazioni che ne perpetua la fama.

E appunto: nel 1971 Don McLean scrisse una canzone di grande e piccolo culto, su questa triste storia, che si chiama American pie.
Che diavolo significhi, il testo di American pie, non si è mai capito bene. E in che modo i riferimenti di McLean al giorno-in-cui-morì-la-musica abbiano a che fare con le altre parti della canzone, è ancora oggetto di studio e discussione rockettara. Probabilmente è tutto un gran gioco di suggestioni lasciate lì, pronte per essere divorate da schiere di nostalgici e incistati del rock. Per dirne una, cercando su Google informazioni su una canzone citata nel pezzo (Dinges in the dark) il primo risultato è una pagina che si chiama "The American Pie FAQ" in cui si tenta di ricostruire strofa per strofa il senso del testo.

Per quel che ci ho capito io, American pie parla dei bei tempi andati e di come il vecchio cuore degli States sia sempre pulsante là fuori. Nonostante l'inesorabile cambiamento delle cose, e un affetto duro a morire per quelle passate.
Qui sotto ho messo un video fatto da un tizio pieno di buona volontà che, oltre a spiegare perchè il titolo di questo post non è buttato lì a caso, cerca di prendere in mano i più diversi elementi della faccenda e di ricostruirli allestendo un documento filologico, a modo suo.
Prima però vorrei dire un'altra cosa che spesso si tace, di questo brano rovinato da Madonna qualche anno fa: è molto lungo e molto bello, cantato benissimo e con un ritornello fantastico.



lunedì 2 febbraio 2009

Tanto prevedibile da essere reale

Michael Steele è il nuovo leader del partito repubblicano. Segni particolari: fratello nero.


Peggio la pezza del buco

Dopo Steve Jobs, i due capoccia di Google e l'amministratore delegato di Capital One, anche Howard Schultz, il loro collega di Starbucks, ha deciso di ridursi lo stipendio a 1 dollaro mensile. Simbologie in tempo di crisi.
Qui si dice che potevano anche risparmiarsela, e che i dipendenti di queste aziende ora capiscono ancora meglio quanti soldi guadagnassero tradizionalmente i manager: troppi.

Una domanda: perchè?


Bancomat per tizi altissimi. Visto qui.