lunedì 31 gennaio 2011

Copiare, incollare, essere d'accordo anche con le virgole

In his June 2009 Cairo speech Obama said, "America respects the right of all peaceful and law-abiding voices to be heard around the world, even if we disagree with them. And we will welcome all elected, peaceful governments—provided they govern with respect for all their people."That speech really said it all. But now the moment has come when President Obama must demonstrate that his words were not just words. One way or the other, hard consequences will follow. The end of the Mubarak era will also spell an end to Egypt's cold peace with Israel. No post-Mubarak government, and certainly not one populated with Muslim Brotherhood members, will tolerate the continued blockade of their Hamas cousins in Gaza. Israel will thus be faced with additional strategic incentives to end its occupation of the West Bank, dismantle its settlements and quickly recognize a Palestinian state based largely on its 1967 borders. But as the recent leak of Palestinian-Israeli negotiating transcripts demonstrates, the detailed contours of a final settlement are all in place.Change is coming to the Arab world. It can no longer be held back. So the pragmatist and not just the idealist in Obama would be wise to make it clear that he really is on the side of the protesters in the streets of Cairo. It is time to stop hedging our bets.
Qui.

giovedì 27 gennaio 2011

lunedì 24 gennaio 2011

Ma se capirai, se li cercherai fino in fondo

Scrivo due righe per difendere, diciamo così, le prostitute che hanno frequentato la villa di Arcore da critiche, prediche e commiserazioni varie.
Soprattutto commiserazioni: inizio a non sopportare più commenti espressi sulla linea "Poverine, mi fanno pena, sono sfruttate."
E quindi, in estrema sintesi: hanno usato il loro corpo per fare soldi. Parecchi soldi. Consenzienti. Liberamente. Non hanno fatto male a nessuno. La cosa può piacerci o non piacerci. Entrambe le posizioni hanno la caratteristica di essere goffamente irrilevanti.
A differenza del Cav, qualsiasi cosa abbiano fatto, l'hanno fatta rappresentando se stesse. Nessun altro. Sta roba che ci debbano fare pena ha rotto le palle.
Stragrancazzi loro.
Fine.

domenica 23 gennaio 2011

Domandina della domenica, suscitatami da voci francesi che parlano delle proteste tunisine

Ma la finite di usare l'espressione "Società civile" ogni volta che vi riferite a un numero di persone equivalente a quello richiesto per una partita di basket?

sabato 22 gennaio 2011

And who pulls the strings

Dunque ancora una volta Signorini tenta il bersaglio di sempre, spostare l'Italia delle famiglie, traslocarla da Porta a Porta e dai giornali-istituzione nel melodramma e nel rotocalco. In quel rituale del potere berlusconiano che è sempre stata l'informazione, il Signorini che trionfa in radio e in televisione e intanto dirige con successo le corazzate "TV sorrisi e canzoni" e 'Chi?', definitivamente ha seppellito Bruno Vespa, rimasto inchiodato al nove per cento. A differenza di Vespa, che è il nome del suo cane di casa, "un cane lesbo-chic", Signorini sa infatti essere spietato, impicca D'Alema con il cappio di cachemire, ridicolizza il suo rivale Vinci facendolo ballare con Belen, cult del grottesco blob, pubblica le foto in panza e braghe di chi parla male di Berlusconi che invece è ritratto come un re, inventa il gossip, addomestica il retroscena...
Ma attenzione: mentre aggiusta Rubi aggiusta anche se stesso, si impossessa mani e piedi della fase terminale del berlusconismo. Mi raccontano di un cavaliere infuriato per un servizio di "Chi?" su Italo Bocchino e di un Signorini che gli tiene testa e invita... Bocchino a Kalispera: meglio lo serve e più si libera, più si rende necessario e meno obbedisce. Insomma ha conquistato un potere che non ha più nessuno: alla Mondadori, al Giornale di Sallusti, a Mediaset, in Rai e in quel che resta del partito del Popolo della libertà e nei conseguenti, trasversali libri paga. Ma quel che Confalonieri chiamava " il gioco mozartiano di Silvio" nelle sue mani diventa farsa grottesca, il giullare sostituisce Machiavelli, sogna di diventare l'amministratore unico dello sfascio, vuole la tutela sgargiante del fallimento politico.

martedì 18 gennaio 2011

Ambé

La qualità e la misura del dibattito recente a proposito del riemerso "puttanaio" che riguarda il Presdelcons e altra gente, stanno tutte in questa frase di Maurizio Belpietro:
Meglio un vecchio porco, di tanti giovani ipocriti tipo Fini

sabato 15 gennaio 2011

No hay banda

I've been mad for fucking years. Absolutely years.

Una delle cose che facevo molto da adolescente, era ascoltare musica. Ne ascolto molta anche ora, eh. Solo che da adolescente avevo un'abitudine che poi ho perso, purtroppo: ascoltare musica e nient'altro. Stravaccato sul divano, magari con i testi da leggere. Ascoltare musica. Musica. Ascoltare.
Ora, ascolto musica mentre spippolo al pc, mentre faccio i mestieri, mentre faccio la doccia, mentre guido, mentre chiacchiero con qualcuno. Per quanto sia rimasta una passione, la musica, a differenza di cinema e libri si è trasformata. Guardi i film, e non fai altro. Leggi, e non fai altro. Ascolti musica, e fai altro. La musica, da colonna sonora, si è involuta a sottofondo. Ha perso un po' rilevanza. Perché -sta qui il nocciolo- sembra un po' di perdere tempo, quando si ascolta musica senza fare altro.
Stasera, gli amici miei sono usciti. Io sono rimasto a casa. Ho messo il cd di The dark side of the moon nel lettore. Ho alzato il volume, un bel po'. E l'ho ascoltato. Al primo giro, senza fare assolutamente nient'altro. E così, la musica ha ritornato a essere quello che dovrebbe essere, autenticamente: un'esperienza individuale condivisa con meccanismi di produzione artistica. Un'esperienza intima, che assorbe il tuo tempo e lo distribuisce secondo dopo secondo, consacrandolo alla fruizione di armonie e melodie.
Il secondo giro è appena finito. Ora comincia il terzo.

There is no dark side of the moon, really. Matter of fact, it's all dark.

martedì 11 gennaio 2011

Avrebbe preferito andarci d'inverno

Invece di studiare un po' di letteratura italiana, sto guardando online pezzi e pezzettini di cose su De André. Che oggi sono diversi anni che è morto.
E io De Andrè lo conosco male, ma bene. Cioè conosco molto bene la parte più mainstream della sua produzione, il suo nutrito mucchietto di canzoni impeccabili e poderose, quelle che qualunque appassionato di musica, per un motivo o per l'altro, più o meno deve conoscere. Però conosco quelle, appunto. Di un gruppo come i Baustelle, per nominarne uno a caso, ne conosco molte di più, e conosco anche i pezzi minori. Questo giusto per chiarire un po' la mia posizione: per quanto mi inginocchi alla sua bravura, non sono un fan, di De Andrè. Non ho mai passato pomeriggi ad ascoltarlo. Sono scemo? Eccome.

E non lo so, ma rivedendo questi filmati, mettendoli insieme ai commenti che si fanno sempre su di lui, ho idea che la percezione collettiva di De Andrè lo stia trasformando in qualcosa che -immagino- De Andrè stesso non volesse diventare. Cioè un mito, un'icona. Uno di quelli che poi si impolvera e, qualche capriola dopo, diventa un intoccabile della cultura nazionale. Tipo Ungaretti, per dire.
Cosa c'è di male? Boh, forse niente.
Però mi sembra che questa imbalsamazione stia sottraendo a De Andrè una parte consistente della sua figura. E cioè quella un po' sbandata, satirica, bruciante, quella da cantastorie radicale, da rivisitatore di Cecco Angiolieri.
Perché può pure finire sui manuali di storia della letteratura italiana, De Andrè. E molti suoi fan ne sarebbero felici. Io stesso ne sarei felice, se non temessi che questo passaggio e questa consacrazione post-mortem cancellino dalle sue qualità autentiche il lato più dirompente e affascinante del suo contributo musicale.
Parlo del De Andrè delle puttane, del non avevano leggi per punire un blasfemo, del vino, dei pescatori che aiutano gli assassini e dei gorilla che scappano dalla gabbia per inculare i giudici infami. Parlo di tutto quel solido e ricorrente strato di riferimenti alla cultura profana, goliardica e dissacrante che risale al Medioevo e che lui esprimeva con una modernità, una spontaneità e una consapevolezza che nessun altro, né prima né dopo.
Mi sembra che questo lato della produzione e -più in esteso- della vita di De Andrè si sia molto sciupato, soprattutto perché sacrificato sull'altare della retorica secondo cui De Andrè è un poeta, un intellettuale, un maestro di linguaggio.
Come se i due lati fossero percepiti in rapporto d'inconciliabilità automatica, e si preferisca concentrarsi sui diamanti, abbandonando il letame.
Dal quale, però, e questa è troppo facile, nascono i fior.

mercoledì 5 gennaio 2011

Take these chances/2

Vai a sapere per quali motivi, ma nel multiforme mondo del mercato musicale esistono band molto cagate in USA e molto poco cagate in Europa.
La Dave Matthews Band è una di quelle band, come mi ha confermato anche un loro fan americano qualche anno fa. Per capirci, la scorsa estate la DMB ha messo insieme 62 date in 50 città diverse. Una media davvero notevole, considerando che non avevano nemmeno un disco da promuovere.
A me piace abbastanza, la DMB. Non solo perché il loro leader ha recitato una parte dentro a una puntata di Doctor House, ma soprattutto perché è gente che suona un rock piuttosto elaborato, che si appoggia molto su influenze jazz, senza però rinunciare all'efficacia melodica dei brani composti.
Ho ascoltato un bel po' di volte Remember two things, anni fa, e ne ho conservato un bel ricordo. Mi è sempre piaciuta molto la prima traccia di quel disco: Ants marching, anche perché, trasferendola sull'esperienza umana, cerca di sovvertire la convenzionale metafora di apprezzamento dell'esistenza alacre e operosa delle formiche.
Sia chiaro che a me stanno molto simpatiche le formiche, come quasi tutti gli insetti. Però mi piace lo sforzo di considerare il tutto da un punto di vista diverso: Ants marching parla di esistenze concitate e tuttavia molto statiche, vissute col fiato corto e sgretolate dalla routine, settimana dopo settimana. Parla di uomini che vivono come formichine, e parla alla formichina che respira in ciascuno di noi, senza cedere a fastidiosi e ipocriti toni snobistici da rockstar inconsapevole delle sue grasse fortune.


E quello è Central Park. New York City. Pieno zeppo di gente.
E ho appena letto un articolo su Slate che mi ha molto colpito.
Stando alle cifre pubblicate dalla rivista Billboard, negli ultimi 10 anni la DMB ha venduto più biglietti di qualsiasi altra band del pianeta: 11.230.696. Il dato ancora più incredibile è la cifra di denaro complessivamente incassata: 500.000.000 di dollari.
Cinquecentomilioni di dollari. Una band che in Europa è conosciuta poco e male.
Oltre all'afflusso oceanico di fan, uno dei segreti del successo, spiega il pezzo di Slate, è il basso costo dei concerti della DMB: anche Lady Gaga raccoglie cifre altissime, ma i suoi concerti coinvolgono uno staff molto più esteso e pretenzioso. Quindi le esibizioni costano molto di più: i suoi primi pezzi di tour mondiale, addirittura, andarono in perdita.
Ai concerti della DMB i fan vanno perché adorano le canzoni. Non ci vanno per godersi coreografie spettacolari e balletti trascinanti. Ma soprattutto, ci vanno per gustare le spiccate doti di improvvisatori dei componenti del gruppo, peculiarità che esalta l'elemento d'imprevedibilità di ogni show e accende ogni volta gli entusiasmi dei cultori, sempre -legittimamente- speranzosi di assistere a spettacoli mai uguali ai precedenti.
Quindi il valore aggiunto dei concerti è connaturato al valore della band, e non comporta investimenti ulteriori.
E l'amore per la musica fine a se stessa, per il ricamo armonico e per la concessione di spazio all'estro del momento tornano a casa tranquilli, sazi e sereni. Per la felicità di noialtri.

Poi il pezzo si conclude con un parallelo -in riferimento alle strategie con cui si conducono i tour- a una delle band più influenti degli anni '60, i Grateful Dead.
Però lo copincollo e poi vado a letto. Ascoltando Ants marching, naturalmente.
If that sounds familiar—not the music, the strategy—it's because DMB is pulling an old trick, one pioneered by the Grateful Dead, a band beloved of business school professors and folk-lovers alike. As described in the delightful Marketing Lessons From the Grateful Dead, the famed jam band produced only a few well-known albums and songs. But they toured constantly—playing about 200 shows a year from 1965 to 1995. And they courted their fans, treating the concert like a service rather than a commodity, and their fans like members of a community rather purchasers of a product. Lo and behold, the Dead became one of the most successful bands of all time.

martedì 4 gennaio 2011

Se prima eravamo in due

Qualche tempo fa, ho scritto un post a proposito di menate linguistiche, con un riferimento a una paroletta di cui volevo conoscere il significato: conga.
Fino a un minuto fa, stavo finendo di leggere Homer e Langley, bel romanzo di Doctorow ispirato alla storia di due fratelli disposofobi.
La cosa particolare del libro è che dedica una sostanziosissima parte alla vita che i fratelli hanno condiviso prima di venir travolti dal disturbo, e prima che questo travolgesse la loro vita.
Uno dei primi brani (a pagina 166) in cui l'autore descrive il disordine totale e labirintico (nonchè preziosissimo: pare che la quantità di roba recuperata nelle loro case sia stata valutata 91.000 dollari, e siamo negli anni '40) della loro abitazione, a quel punto spartita con manciate di hippy, è relativo a un episodio di blackout. Casa ricolma di roba, e buio pesto. Il caso -e forse anche il caos- vuole che uno dei due fratelli, Homer, fosse cieco, e che quindi fosse già abituato a orientarsi al buio.
Durante il recupero degli inquilini della casa, Homer ha la fantastica idea di trasformare il dramma in un gioco: si fa chiamare a voce e chiede a ciascuno di attaccarsi a lui come carrozze a una locomotiva.
Insomma fa un trenino. La prima ragazza che si attacca al trenino, Lissy, a un certo punto decide che il numero di persone trainate è sufficiente per dare inizio alle danze vere e proprie.
A questo punto, visto che siete lettori attenti, avrete capito che il segnale lanciato è una parola di cinque lettere. Conga.
Poi decise che eravamo nella formazione adatta per ballare la conga. Come facesse a conoscere una danza passata di moda prima ancora che lei nascesse, proprio non lo so, ma ecco che cominciò a insegnare i passi a me e a tutti quelli che la seguivano: "Muovi-il-fianco- un-due-tre gamba-in-fuori BAM!"

lunedì 3 gennaio 2011

Black holes and revelations

Non so voi, ma io ho non mai avuto grandi e particolari ricordi dei veglioni di capodanno. Ho trascorso veglioni divertenti, veglioni sfasciati, veglioni storti e veglioni piacevoli. Veglioni un po' di tutti i tipi, ma difficilmente veglioni memorabili di per sè.
Questo veglione appena trascorso, nonostante una mia personale insofferenza per feste ufficiali e piene di piccole e barbose tradizioni, ha avuto un paio di momenti onestamente spassosi, incredibili.
La cosa ancora più incredibile è che questi momenti si sono concretizzati nella fase di parabola decrescente della festa, quando solitamente sonno e stanchezza iniziano ad avere la meglio. Stavolta, invece, anche grazie a un benvenuto mega-spuntino a base di polpette di carne, patate al forno e bevande varie, dopo le 4 del mattino ha preso piede un pezzo di festa nuovo, e in qualche modo autonomo da quello precedente.
Un pezzo di festa nuovo e assai, assai gustoso.
Buona parte del merito, impossibile negarlo, è della prova del nichilista, la cui inclinazione alla trasgressione e alla goliardia ha prodotto situazioni di notevole euforia collettiva.
Per dirla più facile, lui faceva l'asino a livelli fiammeggianti e noi -i soliti encomiabili giapponesi, i sopravvissuti delle 7 del mattino- ridevamo fino al mal di pancia. Era davvero molto tempo che non mi divertivo così tanto.
Una delle parentesi -non la più divertente, ma la più rilevante compatibilmente a questo post- e forse l'ultima appartenente a un contesto di chiacchierata fra amici, è stata quella relativa allo sbiancamento anale. Inutile ricorrere a introduzioni e premesse: sappiate che fra di noi c'è un amichetto appassionato di (si dirà così?) cultura porno, e che ogni tanto divulga a noialtri profani parte del materiale che frequenta online. L'altra sera, è stata la volta dello sbiancamento anale, pratica a cui ricorrono soprattutto attrici porno, principalmente per ragioni di tipo estetico.
Nel corso della chiacchierata, si è posta una questione che non siamo più riusciti a dirimere. Un tema di dibattito scivoloso ed enigmatico, alla risoluzione del quale, a causa delle nostre compromesse facoltà mentali, eravamo automaticamente sottratti. Tema di dibattito che riassumerei con le seguenti parole: ma perché la pelle attorno al buco del culo è così scura?
Subito, si sono formate due scuole di pensiero schematizzabili in questo modo:
1. Per via del fatto che ci passano chili e chili di merda, nel corso degli anni.
2. Non necessariamente ed esclusivamente per via del fatto che ci passano chili e chili di merda, nel corso degli anni.
Io ho da subito parteggiato per la seconda scuola, proponendo anche una discreta argomentazione: pure lo scroto è mediamente più scuro del resto della pelle, ma mica ci passano chili e chili di merda (vero?). Ci saranno altre cause, vai a sapere quali, ma ci saranno. E comunque l'idea che chiunque -chiunque- si porti addosso un accumulato e irrimosso residuo di feci, tutti i giorni e come se niente fosse, mi sembra decisamente strampalata oltre che poco lusinghiera nei confronti della specie umana.
L'altro giorno, un primo tentativo di risolvere il problema è stato il ricorso al voto per alzata di mano. Il criterio adottato era effettivamente ineccepibile: dato che non c'era modo di rispondere alla domanda sulla base di verifiche o conoscenze consolidate, abbiamo pensato di sceglierlo noi, quel motivo. Per alzata di mano.
In quel momento, tuttavia, noialtri giapponesi eravamo dieci, e votando ci siamo scoperti divisi in due metà identiche.
Poi la faccenda si è spenta nello stesso modo in cui è nata, e noi ci siamo messi a fare altro.
Io però sono il solito rompipalle e ho cercato un po' d'informazioni online.
Difficile venire a capo della cosa in modo definitivo, ma abbastanza facile affermare che la teoria numero 1 è metaforicamente molto simile alla causa materiale che individua nel tentativo di spiegare la pigmentazione della pelle dalle parti dell'ano. Insomma è una cagata.
Come dicevo però, online non si trovano documentazioni solide e diffusamente argomentate. Da quel che ho letto, penso di poter mettere insieme i pezzi di informazioni e sintetizzare quanto segue.
Punto di partenza: dalle parti dell'ano si concentra una maggiore percentuale di melanociti, le cellule epidermiche che contengono melanina.
Effetto: pelle più scura. E fin qui ci siamo. Ora rimane da capire per quali motivi ci siano più melanociti.
Intanto, c'è da dire che quelle parti del corpo umano presentano un'alta densità di vasi sanguigni e quindi d'innervazioni nervose, che si sono avvicinate alla superficie dermica, assottigliandola per incrementarne la sensibilità. Al di là dei significati di questa caratteristica nelle logiche di riproduzione della specie, più melanociti e meno pelle provocano una più intensa pigmentazione dei lembi di pelle umana circostanti.
A proposito di riproduzione della specie, pare che Darwin spiegasse la colorazione del büs del gnao appoggiandosi alla sua teoria evoluzionista. Quando si camminava con la schiena storta, alla zona pelvica -maggiormente visibile ed esposta di quanto sia oggi, scusate l'ovvietà- era delegato il compito di attrarre individui dell'altro sesso. E naturalmente si attrae in modo più efficace, per mezzo di un contrasto di colorazione.
Di natura analoga sono le idee di un altro testo in cui mi sono imbattuto durante le ricerche. La scimmia nuda di Desmond Morris, un etologo che ha studiato l'uomo enfatizzando le sopravvissute analogie che presenta con il mondo degli animali in generale e quello dei primati in particolare. E Morris ipotizza che l'ingrandimento delle dimensioni del seno femminile nel corso del processo evolutivo sia spiegabile proprio in ragione della conquista della posizione eretta, che tra le altre cose ha tolto al bacino l'importanza relazionale di cui prima disponeva. A quel punto, per via della posizione eretta, la maggior parte dei rapporti personali s'intratteneva faccia a faccia. Da qui la necessità -che in questi ambiti è sempre accompagnata al caso- di evidenziare forma e struttura del petto.
Insomma, se tanto mi dà tanto fra qualche dozzina di migliaia d'anni, grazie all'adattamento evolutivo, avremo tutti il culetto di un bel rosa in tinta col resto del nostro corpo.
Nel frattempo, per chi vuole, c'è lo sbiancamento anale, appunto.
Ora scusate ma devo eliminare dalla cronologia del browser una considerevole quantità di link ammassatisi durante la ricerca, altrimenti rischio di rimediare una quantità epica di figuracce e imbarazzi difficilmente risolvibili.