giovedì 25 novembre 2010

We'll meet again (?)

Manca un mese a natale, e una dozzina di giorni a una tripletta di esami decisamente tosta. Quindi questo blog, insomma, ci siamo capiti.

venerdì 19 novembre 2010

Indicate precisely what you mean to say. Yours sincerely, wasting away

In questo momento, c'è Antonio Pennacchi dalla Bignardi. E lui a me sta molto simpatico.
Intanto perchè parla in romano come piace a me, e poi perchè è talvolta sobrio e talvolta elegantemente sbracone.
Infine, perchè rappresenta molto bene la figura dell'anziano signore dagli entusiasmi sbriciolati nel tempo, ma con una candida voglia di scherzare sulle cose come se avesse 20 anni.
E io non so voi, ma darei parecchio per essere un anziano del genere.
Da oggi, mi sta ancora più simpatico per la pacata e autoironica esasperazione con cui ha detto: "Io voterò Pd, qualsiasi fesso mi diranno di votare."

Ps: appena il sito di La7 carica il video dell'intervista, la pubblico qui perchè è stata strepitosa.

mercoledì 17 novembre 2010

HeFiona

Sul suo blog ospitato dal sito di Wired, Matteo Bordone dice di aver la febbre. E siccome è un tizio tanto intelligente e colto quanto stupidino e prolisso, si è avventurato in una dissertazione sul mercurio molto interessante, soprattutto per i fan di Alice.
Comunque, insomma, quelli che prendono l’antipiretico quando hanno 37,5 non hanno capito niente. Va preso quando è molto molto fastidioso avere la febbre. Se no, la febbre è un processo normale. Se uno muore di mal di testa, la frena; se no è meglio lasciarla andare. Comunque è il caso, anche solo per poter fare un po’ la vittima, di controllare se e quanto si abbia la febbre.
Per fare questo si usa il termometro. Un tempo usavano l'espansione del mercurio. Ma il mercurio è tossico, il vetro fragile, e se assumi troppo mercurio ti viene il morbo di Minamata. Minamata era un’isola in Giappone dove la gente cominciò a dare di matto. Tutti matti. Mangiavano pesce. Sull’isola c’era una fabbrica che scaricava in mare del mercurio. Il mercurio si accumulava lentamente nel grasso dei pesci, non potendo l’organismo degli stessi smaltirlo. Dopo un po’ di mesi i pesci erano delle bombe di mercurio. E il mercurio è neurotossico, dà il morbo di Minamata, appunto. Il nitrato di mercurio si usava anche per la produzione del feltro. I cappellai, a contatto con la sostanza, diventavano matti come i cittadini di Minamata. È da qui che viene il cappellaio matto di Alice. (Questa ve la rivendete che è una meraviglia, ma citate la fonte, dai!)

martedì 16 novembre 2010

Refudiate

A proposito di complessità linguistiche e neologismi, al Post raccontano la storia di uno strafalcione di Sarah Palin e dell'ingresso di questo nel New Oxford American Dictionary.

domenica 14 novembre 2010

E fu talmente pirla da scrivere un post di una riga, ma un poscritto di centonovanta

Jerry Brown (quel Jerry Brown, n'artra 'orta) ha vinto, comunque, eh.

Ps: Talvolta, mi capita di discutere con gli amici miei di votare e non votare, di andare o non andare, di affluenza e astensione. E io a votare ci vado sempre, anche per annullare la scheda nel caso in cui mi sembri opportuno (in realtà l'ho fatto due sole volte). Ci vado sempre -anche- perchè mi piace quello che ci sta intorno: mi piace quella parte rituale che comprende, fra l'altro, sorridere e ringraziare gli scrutatori dopo aver infilato la scheda nell'urna.
Però non ho mai avuto particolare antipatia per gli astensionisti, anzi mi sono spesso trovato a difenderli, per reazione a buona parte delle critiche di cui sono oggetto.
Se un elettore ritiene che sia meglio rinunciare a un suo diritto così importante, evidentemente ha anche fatto i conti con le responsabilità implicite della sua scelta, e sui significati della rinuncia: e sono cazzi suoi.
Se non va a votare e non ha fatto quei conti, vuol dire (per farla molto schematica) che di politica gli frega poco. E si torna punto a capo.
Si possono -naturalmente- discutere molto le ragioni per cui uno non va a votare. E ce ne sono di validissime, ma pure di stupidissime, e tutte le sfumature al seguito. Con quelli che dicono "Non vado a votare perchè i politici sono tutti uguali" farei pure a testate, per dire, ma sempre ribadendo la legittimità e la dignità del Non vado a votare. Il problema, appunto, è il perchè, e quello che lo segue.
E credo che le discussioni nascano anche per via di una caratteristica di tipo nazionale: in Italia, si va molto a votare. Fra le democrazie sviluppate e moderne, siamo lo stato con le percentuali di affluenza più alte.
Esistono studi che sostengono una bizzarra ma interessante tesi, su questa tendenza: le affluenze basse possono essere interpretate come segnale di solidità del sistema politico.
Secondo questa teoria, se poche persone vanno a votare, in sintesi, è un bene.
Vuol dire che il sistema politico funziona, che è sano e operoso in misura tale da -qui sta il paradosso, apparente o meno- disincentivare la partecipazione elettorale della cittadinanza.
Vuol dire che la classe politica fa cose e le fa bene, che l'offerta amministrativa fa pari con la domanda, e che il conseguente appagamento sociale si traduce in un'astensione non di protesta, ma di soddisfazione. Quel che si potrebbe giudicare come disinteresse sarebbe invece qualcosa di più simile alla sazietà.
Poi queste teorie si possono pure contestare. Io penso che una loro logica ce l'abbiano. Ed è notevole metterle in relazione ai dati provenienti dalla California nell'ultimo giro.
In California, ci sono 36.000.000 di persone.
Jerry Brown l'hanno votato in 4.552.000. Lo sfidante in 3.571.000.
Hanno vinto gli astenuti, a far due conti, e nemmeno di poco.

venerdì 12 novembre 2010

-"Your best friend is suing you for 600 millions dollars." -"I didn't know that. Tell me more."

The Social Network esce stasera nelle sale, e spero molto che riesca a sopravvivere alla superficiale etichetta "film su Facebook".
Perchè di Facebook come tutti lo frequentiamo, nel film, non c'è nemmeno l'ombra. Come ha detto Aaron Sorkin, il film, per come è fatto, avrebbe potuto raccontare pure l'invenzione di un tostapane.
TSN è basato sul contenuto di un libro che, rispettivamente agli scontri giudiziari superati da Zuckerberg, racconta la versione dei fatti del querelante, il co-fondatore di Facebook: Eduardo Saverin.
E insomma a me è piaciuto molto.
Di carne al fuoco ce n'è parecchia, l'alternanza fra ricostruzioni del passato e deposizioni giudiziarie funziona snella, i dialoghi son fighi, veloci e incalzanti e il risultato è che esclami "E' già finito?" quando ti accorgi che il cursorino del mediaplayer è ormai al capolinea.
Direi che poi si può discutere di quanta corrispondenza ci sia fra lo Zuckerberg reale e quello fittizio; ma sappiate che quello fittizio è un grandissimo stronzo.
Poi sì, ci sarebbero riflessioni addirittura generazionali da fare (Zuckerberg ha un anno in meno di me, ed è miliardario. Miliardario in dollari, if you know what I mean) e si potrebbe chiamare in causa il vecchio tema dei nerd universitari che nella loro stanzetta buia inventano meraviglie tecnologiche spinti da quella rancorosa fame di affermazione sociale che alcuni coetanei riescono invece a soddisfare più serenamente in contesti più tradizionali e riconosciuti (football, calcio, feste alcoliche, ragazze, scherzi pesanti e repertorio al seguito), e di come poi riescano effettivamente a fare un sacco di soldi, i nerd, con quell'idea.
Ma quanto all'affermazione sociale, beh, quella... beh.
Però il film non parla solo di questo. Parla soprattutto di amicizia e tradimento. Lo so che scritta così sembra detta da un professore incapace che cerca di introdurre un dramma di Shakespeare, però mi sembra che dalla questione non si possa svicolare.
Il film parla di un'amicizia e di un tradimento.
Poi che intorno ci stiano tutte le menate sopracitate e che nel fiume dell'amicizia scorrano anche i 600 milioni di dollari segnalati nel titolo, sì, effettivamente rende il tutto più interessante e appetitoso.
E Facebook è un pezzo delle nostre vite, è un'azienda in cui lavorano 1700 persone ed è capace di fatturare, nel solo 2009, 800 milioni di dollari.
Nella speranza che i dialoghi tengano pure in italiano, il consiglio è di vederlo.
Per tutto il resto, incollo parti di un commento scritto da una grande esperta e cultrice di Aaron Sorkin:
A ventisei anni, nonostante possieda il 24% del sito più desiderato del mondo, nonostante sia il più giovane miliardario e l'imprenditore più di successo cui sia possibile pensare, Zuckerberg resta uno sfigato, nel senso adolescenziale del termine. Quello che non ha mai imparato quale sia la maglietta davvero cool, quello che non sa far colpo sulle ragazze. Non importa se sia davvero così: la sua percezione pubblica è questa, aiutata dal fatto che nelle (rare) interviste il ragazzo non è certo un mostro di dialettica e brillantezza. Se rifiutare un miliardo di dollari a 22 anni non riesce a renderti cool, cosa può farlo?
ll tizio che l'ha intervistato per il New Yorker ha riportato che Zuckerberg, sulla propria pagina Facebook, aveva indicato tra i telefilm preferiti The West Wing. E che, dopo che lui gliel'aveva fatto notare, aveva cancellato dalle proprie preferenze la serie tv scritta dall'uomo responsabile della sua prossima demolizione cinematografica. Poco dopo l'uscita nelle edicole del New Yorker, come un dilettante che non sappia che su Facebook resta traccia temporale di tutto, Zuckerberg ha riaggiunto The West Wing alle proprie preferenze.
C'era una volta un ragazzino insicuro e permaloso, ma capace di essere il migliore in tutto ciò cui si applicava. Compreso il fornire a chi doveva scrivere di lui una pubblica dimostrazione di goffaggine sociale che neanche il più bravo degli sceneggiatori avrebbe saputo inventare.

giovedì 11 novembre 2010

lunedì 8 novembre 2010

Vidi il fiume Congo scavare con la testa, e una lingua d'oro tagliare la foresta

E' un paio di giorni che mi ronza per la testa un pensiero relativo alle discussioni, agli scambi di idee e ai motivi più o meno impercettibili per cui possano andare in vacca senza nemmeno passare dal via. Gli impliciti linguistici, per esempio, sono il mostro degli abissi delle incomprensioni. E le incomprensioni buttano a mare qualsiasi dialogo, quando ci si mettono. E da lì a imbufalirsi con l'interlocutore, alle teste che si mordono le code e al decidere chi porta i tarallucci e chi il vino, si fa un giro più o meno lungo. Dipende dai casi.
E come diceva quello, le parole sono importanti. Parecchio importanti.

Ieri pomeriggio, stavo perdendo tempo in chat. E la persona titolare dell'account che stava dall'altra parte, in risposta a un mio messaggio con cui evidentemente era d'accordo (si parlava di cibo, diete e perdere peso) ha scritto la seguente esclamazione: "CONGA!"
E io quell'esclamazione l'avevo notata altre volte, soprattutto online, soprattutto su FB. Ma non ne avevo mai capito il senso. L'avevo sempre liquidata come parte di un codice frequentato da ragazzi che spippolano in rete. Niente di più normale.
Epperò, visto che i pensieri sulle incomprensioni mi stavano già fastidiosamente girando per la testa, mi sono impegnato in un'attività che mi riesce particolarmente bene: spaccare i coglioni su cose poco importanti. Qui c'è la trascrizione, curiosoni.

Geffe: ma mi spieghi una cosa?

Persona titolare dell'account: dica!

Geffe: Che diavolo significa "Conga"? CIoè: cosa vuol dire e in che contesti si usa e perchè si usa. Insomma, che cazzo è? :)

PTDA: è tipo una danza

no cioè

Trenino danzante, hai presente?

Geffe: sì

PTDA: una cosa così

è nato tutta da una vignetta

in cui c'erano questi omini

che si menavano dibbestia

intervengono altri omini, a loro volta coinvolti

rissa generale

e alla fine arriva un omino col cappello di paglia in testa gridando: CONGA! e tutti si mettono a fare il trenino col sorriso

Geffe: ah ok

quindi è una roba tipo "Evviva" ma più festaiola e scema

?

PTDA: si

circa

:)

Geffe: ma se tipo tu mi dici: "ho preso 9 in tedesco!" se io rispondessi "Conga" avrebbe senso, non ce l'avrebbe o solo in parte?

PTDA: non ne avrebbe

in ogni caso

però sarebbe un espressione di mh.. gaiezza!

Geffe: lo so che sono un rompicoglioni, sono nato così e non posso che peggiorare. Però il tuo conga precedente (quello relativo al perdere peso, ndGeffe) che significato aveva, allora?

PTDA: "esatto"

Geffe: ah

PTDA: circa

Geffe: quindi è diverso anche dalla vignetta che ha originato il tutto

PTDA: a volte sì

:)

[...]



Per capire che diavolo sia sto conga, ci ho messo un po'. E ci sono delle sfumature che ancora rimangono lì a scassare le balle. E ci sono usi concreti che si sono spostati dall'origine, diciamo così, semantica del termine. E non me ne voglia la PTDA, ma dal punto di vista teorico potrebbe pure essere che la sua ricostruzione sia errata, incompleta o poco precisa. E a seguire tutto il resto. E porcoilcazzo stiamo parlando di una paroletta che circola su FB.

E insomma, io ripeto spesso -perchè ne sono molto convinto, ma non è che sia una posizione così originale, la mia- che le parole sono importanti, le cose complicate e le persone di più ancora. Però fra il ripetere e il ricordare, come diceva il mio prof del liceo quando spiegava Dante, c'è di mezzo parecchia roba. E fra il ricordare e il mettere in pratica, fiuuuuuuu. E' faticoso e stancante, e quando non soddisfa deprime un pochino.

E comunque conga.

Was it worth it?

Cerco di prevenire eventuali e pruriginosi commenti sulle mid-term di settimana scorsa, anche alla luce del post del nichilista.
Don't worry baby, ne scriverò.
Sto collezionando un po' di articoli e commenti scritti di là dall'oceano (e già noto diversi sfondoni della stampa italiana: tipo l'ammissione di colpa da parte di Obama descritta da Repubblica: una cosa non vera) negli ultimi giorni, poi quando ci capisco qualcosa e trovo la voglia, ne tiro fuori una sintesi.
Intanto, si parte dal constatare che è stata una sconfitta molto grave, o, come ha detto oggi Matteo Renzi, una tronata storica.

sabato 6 novembre 2010

Ho le mani che sanno di ammorbidente, e poche idee per titolar questo post

E' sabato pomeriggio, e se come me avete poco da fare oltre ai mestieri, qui c'è lo streaming di una bella iniziativa messa su da Matteo Renzi e Pippo Civati.

Siamo quelli che si troveranno a vivere nella Prossima Italia, e per questo vorremmo dire la nostra, prima che qualcuno decida di organizzarla al posto nostro. Siamo i prossimi, nel senso di vicini, e da buoni vicini mettiamo a disposizione di tutti la nostra voglia di partecipare, e anche un po’ di buone idee. Siamo quelli che non si sentono rappresentati, e siamo stanchi di aspettare che le cose a cui teniamo trovino posto nel dibattito pubblico, impegnato a parlar d’altro e sempre più incomprensibile.

mercoledì 3 novembre 2010

Salta con noi, Pippo Civati

E vabbè, uno sta su fino a tardi, scrive il post che c'è scritto qui sotto e poi il giorno dopo scopre che uno dei suoi politici preferiti ne ha scritto uno più breve, più efficace ma sostanzialmente in sintonia:

Se B dice una cosa, c’è sempre gente pronta con un cartello che si precipita in piazza, alla disperata ricerca di un fotografo che immortali l’indimenticabile replica. Ieri B ha detto: «meglio donnaioli che gay». E allora tutti a rispondere: «meglio gay che B». Ora, va bene tutto, ma vorrei che fosse chiaro che dire «meglio gay che B» è altrettanto stronzo (come lo sarebbero altre declinazioni, del tipo «meglio neri che B», «meglio ebrei che B», ecc.). Spero che Quelli Dei Cartelli se ne rendano conto. E che prima di cercare il flash e l’inquadratura migliore pensino a che cosa scrivere, sul loro inseparabile cartello.

Meglio meglio che peggio

Io lo scriverei anche, il post in cui polemizzo con tutti voialtri (no beh, magari tu no. Però ci siamo capiti) che su FB vi siete avventurati nel sostegno e nella celebrazione di slogan come "Meglio gay che Berlusconi" o "Meglio gay che mafiosi e piduisti".
Cercherei anche di far notare come il problema di quella brutta dichiarazione non stia nel termine "gay", ma nel termine "meglio" e che quindi riproporre lo schema cambiandone gli elementi è una sciocchezza. Una sciocchezza che la dice lunga.
Proverei anche a scrivere che la strategia migliore per opporsi al Cav, come a chiunque altro, sia fare le cose bene, e invece questa mi sembra fatta male, con tanta bile e molta pigrizia.
Vi assicuro che lo scriverei, il post, ma poi mi ripeterei e attirerei le critiche di chi commenterebbe: "Certo, bravo, sta a vedere che il problema non è il Cav ma sono i messaggi su Facebook."
A questa critica io saprei cosa rispondere, eh. Risponderei che in quei messaggi è rappresentata una linea di opposizione al Cav che io disprezzo abbastanza. Che nei miei interessi c'è soprattutto quello della costruzione di un'opposizione moderna, misurata e capace di fare le cose in un altro modo. Invece questa -specificamente rappresentata dagli slogan in questione- mi sembra poco moderna, molto urlata e capace semmai di fare le cose con fini opposti a quelli del Cav, ma -in casi come questo- con gli stessi discutibili mezzi.
Aggiungerei che i mezzi a cui si ricorre non sono mai, mai e poi mai, un problema secondario. Argomenterei dicendo che Berlusconi lo conosco bene, mentre mi sembra di non (ri)conoscere un pezzo di società che a Berlusconi si oppone. Concluderei dicendo che ho molto a cuore la fazione che sta di qua perchè di qua ci sto anch'io, e di conseguenza quando di qua combiniamo quella che mi sembra una cazzata, mi viene da farlo notare. Perchè non mi piace la logica secondo cui il nemico del mio nemico è un mio amico, e perchè le cose hanno un valore indipendente dalla casacca di chi le sostiene.

Ma poi è notte fonda, è il mio compleanno, sto seguendo le midterm USA dove i miei amici democratici stanno prendendo legnate; quindi non ce n'è. Non ce n'è davvero.
Quindi facciamo che voialtri continuate a cavalcare l'onda. Facciamo che andate avanti a metterla sul personale alla stregua di una classe di quinta ginnasio devastata dai rancori personali e dal prof che fa le preferenze, aderendo alla stessa logica contro cui fate la vostra battaglia anti-Cav.
Tanto è un'adesione che non costa niente, e magari dà anche una certa soddisfazione.
Io quel post lo scrivo un'altra volta, invece.

martedì 2 novembre 2010

E da domani c'è un 27enne in più

Non so chi ci sia dietro al progetto. Loro si presentano qui, comunque.
Però come stiamo messi in Italia, ricorrendo all'estrema sintesi propria dei numeri, lo dicono qui.