Qui c'è una recensione dell'ultimo disco dei Rancid. Comincia così:
Probabilmente, la migliore indicazione di cosa configuri una grande punk-band è l'abilità dei suoi membri di pensare oltre alla portata del loro impeto a tre accordi.
L'ultimo disco dei Rancid non è un grande disco, ma mi porta via un parere favorevole per tre motivi.
Il primo l'ho scritto qui: ci sono canzoni semplici, dirette e melodiche. E ce ne sono un po'.
Il secondo ha molto a che fare con la mia passione per New Orleans: dentro Let the Dominoes Fall c'è un brano dedicato alla città, che a un certo punto dice: “She’s got pride like a million lions / She’s got a scar on her velvet face”, frase in cui c'è una consapevolezza letteraria che davvero non mi aspettavo da Tim e soci.
Il terzo motivo è ancora più particolare, ed è relativo alla canzone Civilian ways. Il pezzo parla di Greg Armstrong, fratello di Tim, reduce della guerra in Irak (sì, non è una famiglia drittissima, quella di Tim, a quanto pare). Questo particolare tema, quello del reducismo, i Rancid l'avevano affrontato in Travis Bickle, sul loro disco precedente a questo, in modo rabbioso e distante (non a caso, Travis Bickle è il protagonista di Taxi Driver). In Civilian Ways, la rabbia lascia il posto alla testimonianza, e la distanza sparisce per via dell'intimità della storia raccontata; il tutto funziona perfettamente, soprattutto grazie al finale, in cui l'immagine dei due fratelli che riparano vecchie auto fa ombra ai disastri della guerra.
Grandi, davvero:
I hold the cold steel of my rifle as I dream of foreign lands,
and I promise myself I will cherish every moment I can,
but there's ghosts that follow me around everywhere I am.
When i say 'goodbye' I try to be strong.
now I'm going back to the U.S. where I belong.
I am never alone, the war seems to follow me home.
no longer an active soldier when i walk down the street.
now I'm shaking hands with everyone that I meet.
And I watch everyone and I'm wondering what they see.
Civilian ways are now what's foreign to me,
I came off a long time
I left this place in two oh oh three.
May we never forget the sacrifices my friends made for me.
I live in Marysville right on the county line,
and my brother and my mother both visit me all the time,
and visions of you are always running right through my mind.
We always talked about what we're gonna do when no war is won.
We're gonna fix up them old cars and ride them into the sun.
When I heard you were no longer with us, man, i was done.
Civilian ways are now what's foreign to me,
I came off a long time
I left this place in two oh oh three.
May we never forget the sacrifices my friends made for me.
May we never forget the sacrifices my friends made for me.
May we never forget the sacrifices my friends made for me.
Qui, in un blog del più importante giornale californiano peraltro, c'è il resoconto della storia di questa canzone.
2 commenti:
Io ho solo ascoltato le prime 5 canzoni (non sono riuscito ad andare oltre).
Secondo me non sono più da considerare una band punk, saranno di un altro genere, ma non punk.
Volendo fare un discorso precisino di genere, i dischi punk dei Rancid sono i primi due. In tutti gli altri ci sono diverse contaminazioni (ska, hardcore, reggae, hip hop) che rimescolano il sound.
Non volendo fare un discorso di genere, i Rancid in questo periodo, banalmente, sono un gruppo punk che invecchia cercando di tenere dritta la barra, e riuscendoci un po' sì un po' no.
Questo disco è sicuramente più addolcito nei suoni e molle nel cantato (Lars si sente poco), e meno fantasioso nell'elaborazione dei brani. Complessivamente è meno bello di altri, anche molto meno bello di altri; ma se pensi che sono passati 14 anni da ...And out come the wolves non è nemmeno da buttare, a meno di non pretendere che domattina i Pennywise riscrivano un disco come "About Time", i NOFX un altro Punk in drublic.
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