venerdì 27 novembre 2009

Fermateli. Anzi, lasciateli fare

Ora, io sono appassionato della modernità architettonica un po' come lo sono di NBA: riconosco un fascino pazzesco, ma non è che la seguo più di tanto. Per interesse, accessibilità e costanza.
Il punto in più a favore dell'architettura, naturalmente, è che non si esaurisce nella sua spettacolarità, che comunque ha una sua rilevanza; ha anche moltissimo a che fare con lo spazio, con il mondo in cui viviamo, l'architettura.
Il modo in cui si pensa e progetta una città ha dirette implicazioni sul modo in cui gli uomini vivono in quella città, giorno dopo giorno.
E per pensare e progettare una città, da qualche millennio a questa parte, ci sono gli architetti. Ci sono i quattrini, certo, le élite politiche, come no, gli ingegneri, che scherziamo. Ma sotto ai quattrini e ai politici e sopra gli ingegneri ci vuole uno che ha studiato e sa come si fanno le cose. Ci vuole un architetto, o un gruppo di.

Ecco: sapere che a qualcuno sia venuto in mente di tirare in piedi una cosa come quella qui sotto, mi fa ancora sperare negli entusiasmi e nelle creatività che circolano là fuori, in grado di sfidare il senso comune e di rilanciarne gli schemi un po' più avanti.
C'è dentro tutto: opera definitiva che sembra provvisoria, impossibilità strutturale di cogliere l'insieme, frammentarietà e caducità delle cose.
Pure i pixel e Arkanoid, ci sono dentro a sta cosa.
E' il progetto del MahaNakhon, un palazzo in costruzione a Bangkok. (Che poi Bangkok non si chiama Bangkok, ma Krung Thep, ecco l'ho detto.)

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