domenica 5 giugno 2011

I'd like to see you

Ieri pomeriggio, ho felicemente tagliato l'erba in giardino. Ci ho messo un po', perché si tratta di un giardino largamente trascurato negli ultimi anni, molto grande, e altrettanto infestato da una forma di vita vegetale a cui si rivolge tutto il più profondo, biliare e possibile disprezzo di noialtri inquilini della casa.
Mentre tagliavo l'erba, ho ascoltato un bel po' di musica con il cosino shuffle della Apple. Come mi accade spesso, a un certo punto ho interrotto l'ascolto casuale e mi sono inchiodato nell'ascolto ripetuto di un singolo brano: I'm a Cuckoo dei Belle & Sebastian.
E' uno dei pezzi più famosi e riusciti del gruppo; in effetti è una di quelle piccole canzoni perfette, cantata un po' alla Morrissey, con un andamento leggero e trascinante, un efficacissimo contributo di qualche fiato qua e là e una citazione di un gruppo duro-e-puro come i Thin Lizzy.
Dopo averla molto ascoltata anche stamattina, sono andato a leggere il testo perché non me lo ricordavo granché bene. E siccome è domenica pomeriggio e piove, la sto ascoltando anche ora mentre spippolo al computer.
I'm a Cuckoo parla di un amore che non c'è più, e ruota attorno a una serie di pensieri, ricordi, desideri e sbandi emotivi del protagonista. La cosa interessante è che nonostante a un certo punto le strofe recitino
And I loved you
You know I loved you
It's all over now
Non ci si crede nemmeno per un istante, che lui non la ami più. Se non altro perché nel passaggio successivo, oltre a rivendicare una serie di cose fatte per lei
And I was there for you
When you were lonely
I was there when you were bad
I was there when you were sad
e a ricorrere a formule simili a "Ora devo pensare a me stesso"
Now it's my time of need
Si fa scappare, sul più bello, la domanda che fa crollare il castello
I'm thinking, do I have to plead to get you by my side?
Sì. Non la ami più. Come no.
Da questo punto di vista, I'm a Cuckoo mi ha ricordato quella che probabilmente è la canzone più triste della storia della musica leggera italiana, cioè Era già tutto previsto di Riccardo Cocciante.
Perché lui ci prova anche, a fare la parte del fatalista che già sapeva sarebbe andata a finire così. Pur mettendo in piazza dolori e frustrazioni senza ritegno, Cocciante prende un po' quella strada lì, quella dell'uomo maturo ormai esperto di delusioni sentimentali e corazzato di disincanti emotivi. Quindi figurati se l'ultima delle scottature lo può bruciare più di tanto. Figurati. Però poi la confessione scappa anche a lui, sul più bello e in completa antitesi con quanto affermato dal titolo, e alla faccia di esperienze e disincanti.
E siccome è Cocciante, e non una banda di scozzesi indie e raffinati, altro che paragonarsi a un cuculo, tsé:
Non ho saputo prevedere
solo che però adesso io vorrei morire.

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