giovedì 13 ottobre 2011

L'insostenibile leggerezza degli omicidi a suon di calcagnate in ascensore

Delle vagonate di tipi umani consegnateci dalle produzioni cinematografiche negli scorsi decenni, una delle principali è senz'altro quella dell'uomo dallo sguardo triste e dalle poche parole. Si può tracciare una parabola più o meno minchiona che parte da Humphrey Bogart e John Wayne per arrivare a Russell Crowe e Jason Statham. Con evidenti e svariati gradini di capacità e consapevolezza, questi e altri attori hanno messo davanti alla macchina da presa interpretazioni tirate su con poche espressioni, battute di quattro sentenze laconiche, sguardi prolungati e un livello di fighismo imbarazzante per noi persone vagamente normali. Sotto questa corazza stratificata di sguardi struggenti, scazzo totale, passi lunghi e ben distesi cova talvolta l'animo bruciante di chi ha trasformato le sorti della sua vita in quelle di un conto in sospeso; di chi, troppo impegnato con l'universale per potersi curare dell'essenziale, altro non è che uno svergognato e incorreggibile sentimentale in borghese.
E' più o meno a questa categoria che appartiene il protagonista di Drive interpretato da Ryan Gosling, a memoria personale l'unico del quale non si riesce a conoscere il nome del personaggio durante il film. 

Io non so chi sia Nicolas Winding Refn, ma il film che ha girato ha diverse qualità:

1) Racconta la storia di uno che fa l'autista per criminali e fa lo stunt nei film: ecco, i titoli di testa sono scritti in rosa. Con un font che pare uscito da un cartone animato tipo Vola mio Mini Pony.
2) I primi dieci minuti sono belli, tutti giocati su silenzi, semafori rossi, luci di elicottero e voci radiofoniche.
3) Durante i successivi quaranta minuti vediamo Gosling andare in macchina, Gosling indossare giubbetti discutibili, Gosling guardare la protagonista, la protagonista guardare Gosling, la protagonista chiedere una roba a Gosling, Gosling rispondere quando gli capita, Gosling fare due facce, forse una e mezzo. Insomma. Non. Succede. Un. Cazzo. 
4) Dopodiché, succede un bel po' di roba e i quaranta minuti precedenti rivelano la loro funzione. Con uno scarto imprevisto, Gosling diventa una furia implacabile che indossa giubbetti discutibili e dimostra il suo amore per la protagonista tramite devastazioni, aggressioni senza quartiere, spargimenti di sangue. Ma tutto questo lo fa mantenendo silenzio, sobriamente: senza fare il giro e diventare una caricatura o una parodia di se stesso. E quando te ne accorgi, lui si è già mangiato il film. 
5) Al di là dello sviluppo, il tutto è abbastanza una cosa di genere, di maniera. E' un film di macchine e delinquenti, ambientato a Los Angeles: fine. Non ci sono grosse trovate di contenuto. Drive appassiona più per come è fatto, per le scelte controintuitive del regista, per il passo modesto e silenzioso e per l'andamento intenso delle riprese. E poi c'è una colonna sonora schiacciona, straripante di synth e di elettronico.

Avevo visto il trailer due settimane fa. Non gli avrei dato una lira. Mi è piaciuto parecchio. Raccomandata visione al cinema per le ragioni estetiche di cui sopra. Sconsigliatissimo a chi giudica un film esclusivamente a partire dalla scrittura e a chi è appassionato delle regie che vanno mille all'ora. In Drive si parla poco e si fanno cose con gran calma, perché si è in missione per conto del proprio romanticismo sanguinario.

Nessun commento: