mercoledì 15 febbraio 2012

Provateci voi, a guardare cosa c'è sotto il letto

Si scopre che è possibile raccontare storie di paiuia legate a elementi classici della tradizione horror senza restare intrappolati dall'impostazione stessa. Non è facile, ma non è impossibile. Si scopre che tutto sta nel come, nell'estetica di fondo, nella costruzione della scena, nell'atmosfera, nelle luci, nelle musiche, nella recitazione. Si scopre che l'azione passa in secondo piano: si riscopre che il perturbante vero, quello che ti fa socchiudere gli occhi e tirare le coperte vicine vicine al volto, benché scaturisca da atmosfere, ombre e porte chiuse, è efficace e -perdonate l'esibizione di tecnicismi- ti smuove della roba dentro. E ci riesce senza ricorrere a un intreccio drammatico e intenso, o spiazzante e violento.
Oltre alla consapevolezza critica con cui armeggia circa quattrocentosettantadue contenuti fondamentali della cultura statunitense, quello che colpisce di American Horror Story è proprio la capacità di spaventare col niente, con le attese, con i silenzi e con poco sangue. E a me il sangue piace, badate: mi piace aver paiuia di cascate di sangue, di corpi devastati, di budella che saltano fuori da tutte le parti, di mostri orripilanti e deformi, dello schifo totale, perentorio e bleahhhhh. 
Ma AHS sfrutta altri meccanismi, più convenzionali e di genere: gravidanze maledette, case infestate, terrori quotidiani e soprattutto gruppi, combriccole, comitive di morti che non vogliono saperne di riposare in pace. Tutto il repertorio celebre e frequentatissimo su cui funzionano le storie di paiuia fatte a forma di storie di paiuia, insomma. Ah, e poi c'è Jessica Lange che è brava, ma proprio tanto.
L'eleganza con cui AHS gioca con l'emisfero più cerebrale delle nostre percezioni mi ha affascinato nella misura in cui ha rievocato tutte le storie di paiuia che ho frequentato da piccolo. L'orrore americano, appunto: l'idea di un passato che ritorna dal sottosuolo -mica erano scemi, i Ramones- per assalire il presente. Si creano nuove inquietudini facendo riaffiorare quelle vecchie: arrivano, riaprono ferite e già che sono a dietro ci buttano sopra un po' di sale. 
E così, AHS tiene viva una tensione che non si esaspera in momenti di shock profondi o terrori incisivi ma si porta via un'inquietudine costante e sommessa. Guardare AHS è un po' come avere tre lineette di febbre. Continuamente, per tutti gli episodi: e le aspirine sono state scordate giù nello scantinato.

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