mercoledì 21 marzo 2012

And I've been working like a dog

-Alla fine di questo post ho scritto che sarei successivamente tornato sul tema. Mentre scrivo queste righe, dice la tele che il governo proporrà al parlamento una riforma del mercato del lavoro. Riguarderà senz'altro anche l'articolo 18. Potrebbe succedere un casino dentro al Pd, o dentro ai sindacati o chi lo sa. Ma ho la sensazione che questo sia il momento più inopportuno della storia per approfondire contenuti relativi all'articolo 18. Quindi non lo farò. Però non cancello nemmeno il post, che per qualche altra riflessione viene buono. Prendetelo un po' come vi pare.-

Mettiamola così: io sono di sinistra e non so praticamente nulla della legislazione relativa al mercato del lavoro in Italia. Lasciamo per un attimo da parte i fantastiliardi di svirgoli e sfumature che si possono attribuire al mio essere "di sinistra" e concentriamoci sulla mia confessata ignoranza del tema specifico.

Precisiamo subito una cosa: non è vero che non so praticamente nulla. So un po' di cose, e molte non le so. Sono senz'altro superiori le seconde alle prime. Però so anche di non saperle, quelle che effettivamente non so. Di conseguenza, non ho opinioni solide e definitive sul tema. E anche se avessi un sacco di conoscenze molto dettagliate e specifiche, le mie opinioni sarebbero solide ma non definitive. Come sono razionale, accidenti.

Sul mercato del lavoro, so quello che sa più o meno chiunque sia decentemente aggiornato, mi oriento con sufficiente consapevolezza quando Camusso e Fornero vanno da Fazio a spiegare rava et fava, seguo le dissertazioni di Giannino su Radio24; conosco schieramenti e posizioni che ci sono dentro al dibattito politico sul tema. Fine. Per il resto, faccia il mio partito di riferimento. Non c'è niente di male a delegare al proprio partito punti di vista, istanze, proposte di legge e battaglie culturali, anzi: ricevere dai cittadini la delega relativa a punti di vista, istanze, proposte di legge e battaglie culturali è quello che deve fare un partito. Poi uno può anche dire vaffanculo schifo partiti merda hai una cartina buuuuu, ma questo è un altro discorso. A me piacciono i partiti. Mi piacciono un sacco. Credo che siano una delle idee più geniali avute dall'umanità. Certo, talvolta dentro i partiti sono nate e si sono sviluppate idee e ambizioni disastrose per le sorti dell'umanità. Ma mica è colpa dei partiti. Su.
I partiti, sul piano teorico, sono una cosa davvero intelligentissima, secondo me. Ma tanto. Tipo al livello degli autogrill, della lavatrice. E guardate che la lavatrice è una cosa da restarci secchi, tanto è geniale. 
Comunque, oggi è primavera e sono di buonumore. Quindi mi perdo via. Cambio discorso. Stavo dicendo.
Conosco sufficientemente bene il Pd, penso che sia pieno di difetti e di problemi ma che al tempo stesso sia di gran lunga il miglior partito che c'è in Italia. Per dire di come mi sembrano messi gli altri. Mi fido del Pd, mi fido delle persone che lo dirigono, di quelle che ne definiscono le posizioni e di quelle che ne declinano i termini nel dibattito politico. E non solo mi fido di loro, ma ritengo anche che siano intelligenti, preparati, capaci di fare le cose. Dite di no? Secondo me vi sbagliate. Possiamo discuterne. Ma un'altra volta. Ora volevo parlare dell'articolo 18.

Quello che mi affascina -diciamo così- della discussione sull'articolo 18 è lo status simbolico che assume per le varie parti in causa. A livello superficiale, sembra che chi lo difende lo reputi un diritto rappresentativo dell'intero bagaglio dei diritti dei lavoratori e chi lo critica lo ritiene invece responsabile principale della crisi economica. Poi ci sono sfumature e compromessi, ma i toni si accendono su questo piano: giù le mani dall'articolo 18, aboliamo l'articolo 18. 
Da tempo, ho perso molta della stima che nutrivo per Veltroni. Non me ne frega più molto di lui. (Ma come? E quello che dicevi del Pd? Vedere alla voce "pieno di difetti e di problemi") Però, ecco, prendiamo in esame i contenuti della sua dichiarazione sull'articolo 18. Ha detto, in termini concreti, che l'articolo 18 non è intoccabile. Che si può mettere in discussione.
A prenderlo alla lettera, ha detto una banalità sconcertante. Mettiamo in discussione l'articolo 18. Mettiamo in discussione. Si può dire di qualsiasi cosa riguardi la cultura umana nel senso più ampio del termine. Si può mettere in discussione qualsiasi cosa, no? Mettiamo in discussione l'equità dei prezzi delle case, la ricetta del ragù alla bolognese, la morte di Gesù Cristo, quella di Paul McCartney. Che problema c'è. 
A non prenderlo alla lettera, Veltroni ha detto una cosa intelligente e coraggiosa (Ma come? E quello che dicevi sulla stima persa? Vedere alla voce "di gran lunga il miglior partito che c'è in Italia"). Già che siamo in ballo, balliamo. Vediamo se un articolo di uno statuto approvato 42 anni fa non è riformabile, rivedibile, migliorabile, abrogabile. Le cose cambiano, la società cambia: e le leggi che la governano sono sottoposte a un cambiamento parallelo. Spesso, cambia prima la società e poi cambiano le leggi. E' un articolo di uno statuto, appunto: non è perborato d'uranio. Non appartiene all'immutabilità delle entità naturali, insomma: è una cosa che hanno scritto gli uomini. Si può ragionarci sopra? Sì. E ragioniamoci sopra, diamine.
A prenderlo dal punto di vista di un dirigente del Pd, Veltroni ha detto una cosa da andare sotto casa sua alle cinque del mattino, suonare il campanello per manciate di quarti d'ora e nel frattempo strillare: "Ma che cazzo fai?!? Ma cosa cazzo dici?!? Ma porcaputtana, ma sei scemo?!? Walter! Walteeer!! Ma che straminchia di dichiarazione è?! Cioè, arrivi tu, e ... e fine, capito?!? Sindacati, partiti, giornalisti, tesserati! Un casino infinito! Cristomadonna, dico, Walter, ma che cazzo c'hai nel cervello? Le figurine Panini?" (Vedere alla voce "ma che al tempo stesso")
Vendola, per esempio, si è molto arrabbiato per le parole di Veltroni. E, con lui, tutto il mondo legato alla CGIL e lo zoccolo duro della sinistra italiana. Perché? Perché
L'articolo 18 non si tocca.
Al che, dato il sapore vagamente dogmatico dell'affermazione, uno dovrebbe chiedersi, e chiedere: e perché non si tocca? Perché
L'articolo 18 tutela i lavoratori dai licenziamenti senza giusta causa.
A questo punto, riflettendo sul contenuto, possiamo pattuire quanto segue: nessuno dovrebbe essere licenziato senza giusta causa. 
[Poi vabbè, l'articolo 18 vale per le aziende con più di 15 dipendenti (5 se agricole). E tra l'altro ipotizzo che la maggioranza dei lavoratori italiani non lavori in aziende con più di 15 dipendenti. Facciamo che ci siamo capiti.] 
Il che ci conduce a tentare di condividere quali siano le cause giuste e quali siano le cause non giuste. La legge lo fa? No. La legge delega la decisione a un giudice del lavoro.

Mi fermo qui, intanto. Proseguo un'altra volta che sto menando il torrone da troppo tempo.

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