lunedì 11 ottobre 2010

Everything in its Sufjan's place

E quindi domani esce l'ultimo disco di Sufjan Stevens, The age od Adz.
Intendo disco fatto a forma di disco, perchè dopo Illinoise lui ha rilasciato un botto di materiale, ma non dischi veri e propri.
La musica di Sufjan Stevens è sempre stata una roba strana.
Fa robe in generica adesione alla tradizione dei songwriter americani, scrivendo brani minimalisti con un banjo o una chitarra e la sua voce; e fa robe che in confronto erano i Genesis, a essere songwriter americani. Tutti dei pezzi strutturati sull'utilizzo di vibrafoni, campanelli, archi, fiati, pianoforti, cori femminili eccetera. Tutto con dei tempi un pochino storti, e con notevoli momenti di tensioni e poi di successive liberazioni.
Insomma è un topolone che si diverte un sacco, e si vede.
Dopo qualche anno di pausa, e dopo l'abbandono dell'insano progetto di dedicare un disco a ogni stato dell'Unione (ne ha fatti 2, ottimi) è tornato con The Age of Adz, appunto.
E i fan lì ad aspettare, a fantasticare su nuove canzonette pop piene di roba, ricche, ispirate, evocative. Uno è lì a chiedersi quanti sitar e quanti giri di oboe avrà piazzato Sufjan. Uno è lì, e si aspetta il quadretto, i pastelli a cera, le pecore e l'apprendista di Giotto che disegna sulla tavola.
E mentre uno è lì così, si accorge che l'ultimo disco di Sufjan Stevens è un disco di musica elettronica. Elettronica, porca miseria. Fatta a modo suo eh, che lui appena compra un vocabolario strappa la pagina in cui si definisce il termine "manierismo" e già che c'è anche quella in cui è consultabile il significato di "genere musicale". Per esempio, i cori femminili, vi pare che abbia smesso di usarli?
Però si è messo a fare elettronica, presente?
E oddio, niente di male. Come qualcuno ha scritto giustamente qui, anche i Radiohead a un certo punto han fatto Kid A, rivisitando la baracca a modo loro.
Il punto è che, mi rendo conto ascoltando sto disco, io di musica elettronica non so un cazzo messo in croce. (Sì, grazie, lo so pure io che i Kraftwerk, eccetera)
E quindi quando ho digerito sto disco di Sufjan, mi faccio un po' di basi di sto genere tutto tastiere, automatic beat e pacman.
Poi torno.

(A scanso di equivoci, e solo per questa volta: la foto nel post non è direttamente collegata al contenuto del post. Quello non è Sufjan, ma il fondatore dei Tangerine Dream. Questo è Sufjan.)

4 commenti:

Nich ha detto...

Io fossi in te non lo farei, non fosse altro che l'elettronica è inascoltabile. Personalmente non digerisco tanto le derive artistiche, a parte colossali eccezioni (anche i Beach Boys a un certo punto si sono messi a fare canzoni tipo "Good Vibration"...)

GF ha detto...

It's a deriva only because you call it deriva. Resto del mondo calls it genere musicale, only because it is a genere musicale.
Gotta keep those lovin good vibrations/ A happening with her.

Nich ha detto...

Ho usato il termine "deriva" convinto lo avessi citato anche tu nel tuo post. Mi sbagliavo. In realtà l'accezione non è del tutto negativa, talvolta cambiamento in un gruppo significa maturità artistica e professioanle. Penso però che ciò accada di rado, ecco.

GF ha detto...

Sì, non saprei. Di sicuro, quando un gruppo prova la svolta e ci prende, allora la goduria è assicurata, perchè mette in luce capacità precedentemente inespresse, e complementari a quelle comprovate: la cosa incredibile dei Beatles che hanno scritto "Across the universe" e "I me mine" non è tanto -non è solo- che hanno scritto "Across the Universe" e "I me mine", ma che sono gli stessi che hanno scritto "Can't buy me love" e "In my life."