mercoledì 1 dicembre 2010

Se non cambierà, sbobba dura sarà

C'è che sono in università a studiare (certo: studiare Hitchcock è sempre meglio che lavorare) e già che ci sono a discutere (per quanto sia possibile farlo su FB) della riforma Gelmini, approvata ieri dalla Camera.
In tutto ciò, ho letto il parere scritto da Michele Salvati a proposito, e mi sembra interessante. Non lo condivido del tutto. Mi sembra che chi cerca (o cerchi? Ci va il congiuntivo? Eh?) di evidenziare le cose buone (e ci sono) di questa riforma, trascuri eccessivamente un vizio strutturale e storico che nemmeno questa riforma ripara: la carenza di fondi destinati all'istruzione. (Eppoi ci sarebbe la mancata abolizione del valore legale del titolo di studio)
Comunque, Salvati comincia l'articolo con una breve e sacrosanta premessa, che purtroppo rischia di suscitare accuse di banalità retorica, le quali non farebbero che confermarne la validità.
Perché è proprio questo il punto: sembra retorica perchè è sempre razionale, adeguata, giusta.
Come sarebbe facile la vita se si potesse sempre seguire il precetto evangelico: la tua parola sia «sì/no». Se di un comportamento si potesse sempre dire: giusto/sbagliato. Se di una legge si potesse sempre affermare: da approvare/da respingere. Le cose, purtroppo, sono quasi sempre più complicate di così.
Poi continua, entra nel merito e dice che secondo lui la legge non è complessivamente buona, ma anche che si augura venga approvata definitivamente in Parlamento. E' almeno un punto di partenza, dice, è qualcosa su cui lavorare, è qualcosa che si può migliorare e quindi è meglio che niente. E' meglio di adesso, rispetto al futuro.
E il suo articolo mi ha fatto un po' pensare al riformismo, al cambiamento delle cose, ai piccoli compromessi, all'accettare il brodino oggi per la carnina domani e al saper pensare a lungo termine.
E quasi mi convince, maledizione.
E allora torno a studiare.
Il resto è qui, ma l'ho trovato qui.

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