domenica 8 gennaio 2012

Il comico che faceva nitrire i cavalli

Mi sono sempre appassionato ai piccoli universi che stanno dentro a dettagli di poco spessore, agli aneddoti che girano attorno alle cazzatelle, ai batuffoli di cotone dell'ombelico.
Per questo motivo ho accettato, qualche tempo fa, di andare a trovare documenti e testimonianze relative ai celebri nitriti fuori scena che echeggiano in seguito a tutti i riferimenti a Frau Blücher in quel film là.
Mi ci sono messo con la razionale consapevolezza di non saper cavare un ragno dal buco, naturalmente.
Ne è uscita quella fanfaronata qui sotto. 

La prima roba verificata è che nel 2009 Cloris Leachman (Frau Blücher nel film) ha raccontato di quando Brooks le disse che il nome del suo personaggio era la parola con cui i tedeschi definiscono la colla. Questa interpretazione sta alla base di un punto di vista secondo cui, visto che dai tendini dei cavalli si ricava la colla, il nitrito dell'equino esprime la preoccupazione della bestia stessa al sentire la pronuncia -appunto- della parola colla.

Ma "Therein, as the bard would tell us, lies the rub" (cit). Intanto perché i cavalli non sono tette, e la colla non è latte. Cioè: mica si ricava solo dai cavalli, la colla. Che poi, solo a dirla ad alta voce, uno si accorge di quanto sia strampalata l'affermazione "La colla si ricava dai cavalli". Dai. Su. E poi, oserei dire soprattutto, perché colla in tedesco non si dice Blücher. Taac

Una successiva vulgata individua una relazione significativa nell'omonimia fra la Frau del film con il generale prussiano Gebhard Leberecht von Blücher, che i libri di storia ricordano per aver fatto -insieme ad altri, soprattutto agli inglesi, God save- il culo a strisce a Napoleone Bonaparte: prima a Lipsia e poi a Waterloo. Andava a cavallo questo Blücher? Lo maltrattava? Può essere. Ma non importa.

La versione più convincente, Guglielmo di Occam non era un cretino, è stavolta la più semplice. Blücher è un frequentissimo cognome tedesco. Tipo Bianchi in Italia, o Smith in Inghilterra. Fine della storia.

Il resto è contenuto in una versione che ha a che fare con le caratteristiche metacinematografiche del film, cioè nei suoi elementi caricaturali dei canoni horror. Uno dei luoghi comuni dei film di quel genere è il fulmine improvviso o il brivido collettivo che casca addosso ai personaggi ogniqualvolta il cattivone del film compare in scena o viene nominato. Brooks prende quella roba qui e la rigira applicandola a un personaggio che non è cattivo (al limite è brutto e anonimo) e legandola non a un fenomeno spaventoso o improvviso ma al verso banale di un animale da lavoro nei campi.

Di conseguenza, dato che Brooks si è sempre rivolto a un pubblico la cui cultura cinematografica è perlomeno superiore alla media, dal contrasto che scaturisce fra la costruzione scenica e le conoscenze pregresse dello spettatore, dovrebbe saltar fuori una risata. Il meccanismo, a quel punto, può funzionare e far ridere, o non funzionare e lasciare in testa il quesito: "Ma perché il cavallo ha nitrito?" Nel primo caso, lo spettatore ha colto la finezza e ride della parodia, nel secondo lo spettatore tira dritto e pensa ad altro.

L'espediente decisivo di Brooks, tuttavia, è stato quello di ripetere costantemente lo sketch sfruttando le potenzialità comiche della cosiddetta ritualità della ripetizione. Si tratta di un processo più mentale che culturale: ha più a che fare con la struttura della nostra mente che non con il nostro punto di vista delle cose. I tormentoni funzionano all'incirca allo stesso modo. La ripetizione di una parola o di una scena, a pensarci bene, non è comica di per sè. E' comica nella misura in cui simbolizza una serie di fenomeni molto intimi alla forma della nostra mente - basti pensare ai bambini molto piccoli che fanno intenzionalmente cadere una roba dal seggiolone per una quantità di volte, ridendo sempre dell'intervento del genitore che raccoglie e restituisce - e alla nostra vita: la routine, i gesti quotidiani che si accumulano anno dopo anno.

Insomma. Del nitrito, non fa ridere tanto che è un nitrito: fa ridere che è assurdo -se non se ne coglie l'elemento parodico- o sagace -se invece lo si coglie- ma soprattutto che si ripete continuamente. Quindi la spiegazione personale di tutta 'sta fava a motore, di 'sta ricognizione filologica montata a neve è la seguente: in Frankenstein Junior, il cavallo nitrisce per fare il giro attorno ai meccanismi da cui sorge la paura negli horror classici, e per testimoniare una verità più profonda e universale. Cioè che quella roba fa ridere perché la nostra mente funziona così.

5 commenti:

Isa ha detto...

Ahahahahah a me fanno morire i nitriti in questione, é geniale. Tutto il film, del resto: "rimetti-a-posto-la-candela", "morto di giornata", "gobba? quale gobba?"... Un capolavoro di cui non occorre, a mio avviso, chiedersi i perché.

GF ha detto...

Sì, tra l'altro il post l'avrò scritto mesi fa: l'ho messo online solo oggi perché mi sono accorto di non averlo fatto mesi fa, appunto. La comicità di Brooks è mostruosa: ti consiglio qualsiasi cosa riguardi i Monty Python, se ancora non hai avuto modo di goderne. Almeno i due film, in lingua originale, sono da pisciarsi addosso.
Quanto alla serietà con cui mi sono chiesto i perché, c'è il termine "fanfaronata" a misurarne le dimensioni.

Isa ha detto...

Per quanto riguarda i Monty Pyhton, uno dei mie film preferiti é "un pesce di nome Wanda, strepitoso...

Francy ha detto...

giuro che la fanfaronata in questione è buffa, sagace e muove a più di un sorriso ...ma il link con la ritualità e i gesti che si accumulano anno dopo anno è una vera chicca!
bene, bravo..

GF ha detto...

Isa: rimedierò con il pesce brooksiano.
Francy: ogni tanto capita, grazie.