lunedì 12 marzo 2012

"Let me ask you something: how is my marriage, your marriage, or anyone else's marriage even marginally affected by the gay couple two doors down from them also getting married? And if it does, how is that their problem?"

Poi io voglio bene al Pd. 
Gli voglio bene come se ne vuole a un gruppo di persone cui si riconosce bravura, dedizione, voglia di fare e senso delle cose. Certo: è un gruppo di persone che ha messo insieme un suo capitale di errori, di orientamenti fallimentari e di mediocrità assortite ma sono abbastanza persuaso del fatto che un bel pezzo delle potenzialità di ricostruzione dell'Italia (questo bisogna fare, in estrema sintesi: ricostruire l'Italia, e Berlusconi c'entra sì e no) passi attraverso le potenzialità stesse del Pd. Magari mi sbaglio, ma penso che le sorti del Paese in cui viviamo siano legate alle sorti del Pd molto più di quanto non siano legate alle sorti di qualsiasi altro partito italiano.  
Per queste ragioni, trovo utile evidenziare che le parole di Rosy Bindi sul matrimonio sono espressione emblematica di un dogma vero e proprio. 
Lo so: viviamo in Italia, c'è il Vaticano, i Patti Lateranensi eccetera. E sono d'accordo: le cose si cambiano gradualmente, un pezzo alla volta, lungo una curva temporale e culturale che sta su un orizzonte lungo. Ci sarebbe da festeggiare anche solo per il raggiungimento delle unioni civili, altro che il matrimonio. Il riformismo funziona così. Va bene. Sono d'accordo.
Ma una dichiarazione vale per una dichiarazione: e non si può girare attorno a quella rilasciata da Rosy Bindi senza concludere che l'amore omosessuale sia meno degno di quello eterosessuale. E non esiste risposta razionale, dal punto di vista etico, che possa soddisfare chiunque chieda "E perché?" all'attuale presidente del Pd. 

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