giovedì 15 novembre 2012

Io l'ho capita così

C'è la crisi, e un bel po' di persone vanno in piazza e manifestano contro la crisi. Personalmente, trovo completamente fuori luogo una manifestazione contro la crisi, perché la crisi non è un atto intenzionale, non è un progetto di legge, non è un provvedimento esecutivo. La crisi è l’effetto di una quantità di eventi: alcuni macroscopici, altri inavvertibili e un sacco che stanno nel mezzo. Si tratta di eventi che a loro volta intervengono su un fascio complesso di variabili, nel quale stanno i soldi veri delle banche e le politiche del FMI, le aste dei titoli di stato, la distruzione di un ponte, la rinascita di una comunità di montagna, le rate del mutuo, un aborto non praticato, il successo di una lavanderia aperta da un 25enne, un frigorifero acquistato. Isolare un solo elemento dal resto del fascio non serve a comprendere le cose. Qualsiasi posizione definitiva e perentoria è di per sè sbagliata: protestare contro la crisi, da questo punto di vista, oltre a prevedere l'implicazione che ci sia qualcuno a favore della crisi, è come protestare contro la città di Saragozza. O contro l'anno 2011.
Ma comunque, al di là delle mie impressioni personali, le proteste e i cortei si sono portati dietro i soliti deprimenti racconti di contorno. Vetrine sfasciate, scontri di piazza, cittadini pestati dai poliziotti.
Ho da dire cinque cose un po' sbrigative.
La prima è che c'è qualcosa che non torna nel solito racconto secondo cui il corteo è composto da tanti pacifici e pochi violenti. In mezzo, niente. Un confine netto come quello che separa due stati, due paesi, due province. Un punto di vista che separa sommariamente due modi così contrapposti di vivere e praticare una protesta non sta in piedi. Secondo me è più realistico ipotizzare che ci siano i pacifici convinti che di fronte alla vetrina sfasciata intervengono arrabbiati e dicono cazzo fai, i pacifici che di fronte alla vetrina sfasciata non intervengono e se ne vanno contrariati, i pacifici che di fronte alla vetrina sfasciata non intervengono e anzi si prendono bene, i pacifici che di fronte alla vetrina sfasciata non intervengono e propongono di sfasciarne un'altra ma poi non la sfasciano, i violenti che sfasciano la vetrina. E si ricomincia daccapo. Naturalmente la distribuzione quantitativa di questi gruppi vede la maggior parte abitata dai pacifici più convinti, ma così mi sembra più corrispondente alla realtà delle cose. Meno distanza pura, più sfumature. Poi, guardate, non so nemmeno se ci siano state davvero vetrine sfasciate. Le prendo come icona relativa al contesto. Manca, nella mia ricostruzione, l'elemento ormai sempre più trascurato del servizio d'ordine interno alla manifestazione: pacifici fidati e forzuti, pronti a intervenire con una chiave a brugola del 30 tirandola in testa al primo sfasciatore di vetrine.
La seconda è che sfasciare le vetrine è una cosa da idioti, narcisi, fascisti. 
La terza è che il discorso delle distanze e delle sfumature vale evidentemente per le forze dell'ordine, con la fondamentale differenza che le forze dell'ordine sono composte da pubblici ufficiali che in quanto tali rappresentano l'intera comunità e le istituzioni che la governano. Qualsiasi ricorso gratuito alla violenza e qualsiasi iniziativa non necessaria rispetto alla procedura sono quindi più gravi di quelli effettuati dai manifestanti: è la differenza che passa fra il rappresentare se stessi e il rappresentare lo stato.
La quarta cosa è che, per fortuna, la Diaz e Bolzaneto non c'entrano una mazza. Non si può, ogni volta che qualche poliziotto combina una cazzata, tirare fuori il jolly di Diaz e Bolzaneto. Se volete anche per ragioni di memoria storica.
La quinta cosa l'ha scritta Francesco Costa e secondo me ha ragione, come spesso gli succede: la manifestazione tradizionale è un format che si ripete uguale ogni anno, al seguito del quale il dibattito si concentra sugli scontri di piazza e sugli episodi violenti, derubricando al volo qualsiasi contenuto (eventuale) interno alla manifestazione stessa. È insomma un evento che ottiene immancabilmente e per ragioni strutturali il fallimento dell'obiettivo che si prefigge di conseguire. Forse è il caso di pensare a qualcos'altro, come hanno fatto i vari movimenti Occupy in giro per il mondo.

Ps: la premessa è un po' indebolita dal fatto che alcune delle proteste erano rivolte anche contro le misure di austerity del governo. Se non altro si tratta di cose più circostanziate e contro cui è più plausibile l'idea di protestare.

5 commenti:

david ha detto...

Buongiorno,
mi pare tu dica una serie di cose scontate. Che la verita' non e' una ma molteplice quasi te lo insegnano a scuola.

La vetrina sfasciata. Per quanto non condivida, penso sia almeno piu' romantico che discutere se sia meglio Renzi o Bersani, come forse direbbe la Ardant.

Alex Fagiuolo ha detto...

Condivido qualcosa e qualcosa no.
Non condivido per esempio che si debba scendere in piazza per manifestare contro qualcosa di concreto.
Se a me sta sui coglioni la città di Saragozza io scendo in piazza e lo dico.

Nella fattispecie delle manifestazioni di questi giorni, la protesta è frutto di uno stato di malessere crescente dei cittadini, per cui "la crisi" è diventata meno soldi in tasca e non solo fantomatiche parole sentite in tv.

Sono assolutamente contrario alle vetrine sfasciate e alle auto in fiamme, ma penso anche che le rivoluzioni necessitino per forza di una certa misura di violenza per essere efficaci, e aggiungo "purtroppo", come personale commento.

Al tizio in foto hanno sparato, ad esempio.

Però sono pienamente d'accordo quando si ricorda che Diaz e Bolzaneto non possono e non devono essere accostate ad ogni puttanata di un poliziotto.
E' anche vero che ad ogni manifestazione si assistono a scene di abusi da parte delle forze dell'ordine, e che quindi bisognerebbe se non altro mettere in discussione i metodi di "isolamento dei violenti".

E' altrettanto vero, e David tu sei stato in varie manifestazioni e lo sai, che i violenti stanno la e fanno quello che fanno perchè trovano terreno fertile ovvero, incazzatura, un nemico fisico (lo sbirro che rappresenta lo Stato), e "protezione".
Io sono stato in poche manifestazioni ma quando ci sono stato non sono mai andato con casco e scudo, ne tanto meno con i bastoni.

Quello che voglio dire è che se qualcuno intende fare la rivoluzione con le armi, e mi auguro di no, poi non si lamenti se il nemico gli fa la bua.

Infine, trovo forse più romantico parlare di vetrine sfasciate se vuoi, ma trovo molto più produttivo discutere di chi vorrei mi rappresentasse in parlamento, dal momento che credo più alla democrazia che alla violenza.


david ha detto...

Caro Nico,
ho stentato un po' a riconoscerti, quale piacere sentirti ! Meglio: leggerti.

Un paio di precisazioni. Credo che Giorgio volesse intendere, o magari lasciare ad intendere , qualcosa di piu' articolato riguardo la concretezza del (nel) manifesrtare, del tipo: ricordiamoci che al debito pubblico sono anche legati i conti correnti di molti italiani.
Se ne esce pero' con un canovaccio scivolando sulla metonimia insita nello slogan(cioe': si dice crisi, ma si intende banche). Su Giorgio, alza quel sedere da terra.

In merito alla boutade, ho scritto piu' romantico di Bersani & Renzi ( + etc..), non del discutere di chi mandare in parlamento, sono due insiemi ben distinti.

Conosci Nico la storiella della farfalla che provocherebbe un tornado dall'altra parte del mondo? Certo che la conosci. Ebbene: una grossa cacata, trattandosi di dinamica NON lineare.
D'altra parte, quando il Pd va in televisione parlando di bilanci certificati quando certificati non sono, come indicai a Giorgio qualche mese fa, qual effetto alla lunga ne consegue ? Rimane piu' violenta e dannosa la distruzione della vetrina ?

Saluti.

GF ha detto...

David, che palle che sei.

david ha detto...

Su Giorgio... semel in anno licet insanire !