martedì 6 novembre 2012

Ci rivedremo in tribunale, altro che via Solferino

Avete presente la palla di pelo e cotone che si forma a volte nell'ombelico? Ecco, questo post parla più o meno di quello, metaforicamente.

Un paio di settimane fa, stavo navigando fra le pagine de La lettura sul sito del Corriere. A un certo punto noto la promozione di una rubrichina della rivista. Qualcosa come "Hai scritto un romanzo? Lascia qui il tuo incipit." Un piccolo concorso perfetto per un Paese di mitomani e geni incompresi con il romanzo formidabile nel cassetto.
Così, al volo e per gioco, m'invento una cosa sul momento e la invio. Quello che avevo in mente era questo, più o meno: attaccare con una serie di cose intenzionalmente molto banali e montate fra di loro in modo stereotipato, e poi fare una capriolina nel finale e cambiare completamente scenario. Senza grandi ambizioni, volevo più o meno prendere per il culo i partecipanti al concorso, ecco.
Il titolo, poi, l'ho scelto come citazione di uno degli incipit più strepitosi di sempre: quello de Il giovane Holden. La redazione del Corriere mi ha comunicato settimana scorsa di aver scelto di pubblicare la mia idea, per mio piacere e divertimento. Qualche minuto fa, però, ho scoperto che hanno tagliato dall'incipit la capriola, lasciando dunque solamente i contenuti più poveri e intenzionalmente banali. Quanto al titolo, se ne sono inventato un altro, arido e scontato. 
Quindi facciamo che qui sotto incollo quello che ho scritto, con il titolo che ho scritto. Lascio a voi tutte le considerazioni del caso su quanto questa storia sia beffarda e al tempo stesso rivelatrice di certi gusti letterari. 
Se davvero volete saperlo 
Uccise un’altra anaconda gigante, la superò senza guardarla e impostò la combinazione esatta per aprire il cancello. Corse a perdifiato lungo un ponte traballante e quando arrivò nella sala comandi vide che c'era qualcuno ad aspettarlo. Soltanto alla fine di quella storia da cretini, si rese conto di dover ricominciare tutto dall’inizio. A quell’idea aveva fatto l’abitudine, ormai. Non aveva ancora preso confidenza, tuttavia, con la sensazione infame che ogni volta faceva capolino nella sua testa. 
Ma comunque erano le 7 del mattino. Doveva spegnere la Playstation, uscire, prendere il pullman e andare a scuola. Quella canaglia della Buratti interrogava su Seneca.

giovedì 1 novembre 2012

lunedì 22 ottobre 2012

Non siamo stato noi (cit.)

Una delle cose che mi è capitata da quando vivo ad Amsterdam è che -KABOOM!- giro molto in bicicletta. E mentre giro in bicicletta, che faccio, ascolto roba dallo sciaffolino, vale a dire l'iPod shuffle. E per colmare quel senso stupidino di distanza che sento con l'Italia, nemmeno fossi finito a predare alligatori insieme agli aborigeni australiani, sento un sacco di podcast radiofonici. Orfano del vecchio palinsesto di Radio due, ormai ribaltato e -secondo me- impoverito dal direttore insediatosi un paio di anni fa, sento talvolta Linus e Savino su Radio Deejay, quegli ottimi topoloni innamorati del cinema di Hollywood Party su Radio Tre e un sacco di cose -complice l'influenza del mio omonimo che sta qui- da Radio24. 
La ascoltavo parecchio anche in Italia, Radio24, ma senza la continuità e l'intenzione costante dell'ascoltatore fidelizzato. Da quando sto qui è a tutti gli effetti la voce principale che mi racconta le cose che accadono in Italia e nel mondo. Mi sveglio alle 7 e c'è la rassegna stampa di 24 Mattino. Poi esco e ho nelle orecchie il podcast de I magnifici destini, de La Zanzara, di La rosa purpurea e de La versione di Oscar. A I magnifici propongono lunghi racconti settimanali a episodi, quasi sempre su protagonisti della storia del rock. Sono monografie ben fatte, leggere e con un bel ritmo. Su La Zanzara c'è poco da dire, ormai: Cruciani e Parenzo lottano come leoni e vivono uno stato di grazia eccezionale. Vista da fuori, questa sembra la fase più soddisfacente della loro carriera. Chissà quanto dura. La rosa purpurea è condotta da Franco Dassisti, persona dalla colossale cultura cinematografica. Il programma non ha niente di innovativo -recensisce le nuove uscite settimanali, sostanzialmente- ma la competenza e il senso della misura del conduttore sono davvero invidiabili.
E poi c'è Oscar Giannino. Oscar Giannino è un liberale d'acciaio, per certi versi ricorda la caricatura tipica del capitalista ottocentesco con la tuba, il monocolo e il personale dipendente a spaccarsi la schiena in miniera: e per ragazzacci "di sinistra" laureati in lingue come me, le sue idee e le sue posizioni sono proprio quelle di un capitalista ottocentesco. Ho iniziato a seguirlo proprio per questo motivo, in realtà: per stare a sentire le ragioni -in ogni caso sempre argomentate e strutturate- della metà campo opposta. Da quando si è insediato il governo Monti, Giannino è incazzato come una belva. Credo che la sua incazzatura abbia molto a che fare con le sue aspettative tradite, con l'occasione a suo dire sciupata di fare la famigerata "rivoluzione liberal-fiscale" da parte di un esecutivo di accademici capaci e orientati più o meno nella sua direzione. Gente con tutte le carte in regola, che tuttavia un po' per la contingenza, un po' per scelte politiche, un po' perché le cose capitano, non ha ridotto le tasse. Anzi, le ha alzate. In un Paese in cui già erano alte, troppo alte, il governo le ha ulteriormente alzate. 
Ripeto: di economia so davvero poco, ma mi sembra di capire che la posizione di Giannino stia da queste parti. E come la esprime, questa posizione? In tanti modi. Approfondendo le notizie della giornata, commentando questo provvedimento e analizzando quella proposta di legge. Più spesso, però, dai che sto arrivando al punto, la esprime incazzandosi di brutto. Alza la voce e si scaglia contro il governo, contestandolo con una violenza retorica anche notevole. Non di rado parla di fisco criminale, di despotismo, di vessazioni, di torture economiche e cose di questo tipo. E poi c'è un'altra formuletta, la mia preferita, la numero uno di tutte quante. Il vertice assoluto.
Giannino dice spessissimo questa cosa: stato ladro. Senza scendere nel merito, io è da un po' che mi ammazzo dal ridere ogni volta che la sento. Pedalo su e giù per viuzze e ponti di una città che in quota parte ha dato vita al capitalismo come oggi come lo conosciamo, e quando sento urlare "Stato ladro", vado ai matti dal ridere. Quello che mi schianta ogni volta è la dissonanza che separa forma e contenuto della formula dalla persona che lo esprime: "Stato ladro", così come lo dice lui, risuona nella mia esperienza e nella mia memoria alla stregua della tipica accusa che si fanno i ragazzini quando giocano a calcio o a carte e pretendono di denunciare un abuso subito. Tipo "Giovanni ladro!" Ma "Stato ladro" è al tempo stesso un'accusa a suo modo devastante, una critica radicale e intransigente, una specie di marchio d'infamia sbattuto in faccia all'amministrazione tributaria. E che tutto questo mondo venga rievocato da un colto studioso accademico, da un competente e aggiornato osservatore del mondo economico e finanziario, ecco, a me fa ammazzare dal ridere. Sto anche iniziando a ripetere la formuletta, così, a mò di piccolo tormentone personale. Chissà gli olandesi cosa pensano.
Comunque fra un po' mi passa. Credo.

Update: ho cercato su google la voce "Giannino stato ladro" per linkare almeno una testimonianza dell'inno gianniniano e ho scoperto che a quella chiave di ricerca il mio blog corrisponde come secondo risultato. Vai Oscar!

mercoledì 10 ottobre 2012

Come va, qui

Ho trovato una stanza -che poi è una soffitta, non riscaldata, aiuto, me ne voglio andare- in tempo record.
Ho conosciuto un po' di gente simpatica e in gamba.
Ho pedalato come un disperato.
Ho trascorso un venerdì sera muy spassoso.
Ho cominciato a cercare lavoro seriamente. Anche da McDonald's, per dire: mi hanno risposto no grazie, sei troppo istruito.

lunedì 1 ottobre 2012

Rivolta d'Adda, via Monteverdi 21

Avrei potuto cadere nella tentazione di fare un post lungo e straboccante di trasporto emotivo, ma fortunatamente mi è venuto in mente che è meglio di no. Mi è venuto in mente che le cose cambiano, e che il tono e la misura con cui se ne parla sono del resto manifestazioni del cambiamento stesso. In fin dei conti è lo stesso spirito in base al quale ho appeso questa scritta sulla porta di camera mia, nel domicilio sconsiderato e glorioso che ho avuto la fortuna di avere negli ultimi due anni e mezzo:


Stamattina vado a vivere in Olanda. Non so per quanto tempo. Forse pochi mesi, forse molti anni, forse chi lo sa. Per certi versi, nemmeno m'interessa. Quello che m'interessa fare ora è dire ciao a tutti quanti, e poi dire ai tre amichetti con cui ho vissuto che mi mancheranno, e che li ringrazio dal più profondo del cuore.
Quanto a questo piccolo blog, cercherò di dargli una vita successiva. 

giovedì 27 settembre 2012

E così se ne vanno le settimane

Ho la sensazione che molte delle reazioni disgustosamente compiaciute della condanna comminata a Sallusti siano relative al tema di cui avevo già scritto qui

giovedì 20 settembre 2012

Lo si scarica in alta qualità ma il file occupa comunque poco spazio nella chiavetta.

Fra i siti raggiungibili dalla sezione dei link che sta là sotto, c'è da tempo quello de I 400 calci, un collettivo di topoloni innamorati del cinema che recensisce e racconta film tenendo insieme l'amore spassionato per il mezzo, la preparazione e la capacità critica necessarie alla produzione di contenuti di qualità, l'impostazione serena e divertita di chi pur di prendersi sul serio preferirebbe guardarsi film "cecoslovacchi sottotitolati in tedesco". Sono bravi, molto bravi: e sono scemi, molto scemi.
Lunedì sera mi è capitato di vedere un film insieme a un po' di gente, fra cui uno dei redattori del sito. Il post che ne ha fatto sta qui, e secondo me è molto bello.

mercoledì 19 settembre 2012

And when I say "strict adherence," I'm not kidding around

Forse è un segno di vecchiaia, ma sul tema del fanatismo islamico e dei vari livelli con cui questo entra in frizione con le società euro-occidentali pesco sempre dallo stesso repertorio. L'altro giorno, Christopher Hitchens, stavolta Aaron Sorkin un mese dopo l'Undici settembre:
GIRL 1: Why are Islamic Extremists trying to kill us?
JOSH: That's a reasonable question if ever I heard one. Why are we targets of war?
BOY 2: Because we're Americans.
JOSH: That's it?
GIRL 3: Because of our freedom?
JOSH: No other reasons?
BOY 3: Freedom and democracy.
JOSH: I'll tell you, right or wrong-and I think they're wrong-it's probably a good idea to acknowledge that they do have specific complaints. I-I hear them every day-the people we support, troops in Saudi Arabia, sanctions against Iraq, support for Egypt. It's not just that they don't like Irving Berlin.
DONNA: Yes, it is.
JOSH: No, it's not.
DONNA: No, not about Irving Berlin, but your ridiculous search for rational reasons why somebody straps a bomb to their chest is ridiculous.
JOSH: You just called me ridiculous twice in one sentence.
DONNA: Hardly a record for me.
JOSH: And you just made my list.
DONNA: [to the kids] Nothing happens on the list.
JOSH: It's a serious list. But she does have a point, albeit college girlish.
DONNA: Watch now, as he's going to put me down and make my point at the exact same time.
JOSH: Hardly a record for me. What's Islamic extremism? It's strict adherence to a particular interpretation of 7th century Islamic law as practiced by the prophet Mohammed, and when I say "strict adherence," I'm not kidding around. Men are forced to pray, weartheir beards a certain length. Among my favorites is there's only one acceptable cheer at a soccer match: Allah-uh-Akbar; God is great. If your guys are getting creamed, then you're on your own. Things are a lot less comic for women, who aren't allowed to attend school or have jobs. They're not allowed to be unaccompanied, and often times get publicly stoned to death for crimes like not wearing a veil. I don't have to tell you they don't need to shout at a soccer match because they're never going to go to one. So what bothers them about us? Well, the variety of cheers alone coming from the cheapseats at Giants stadium when they're playing the Cowboys is enough for a jihad, to say nothing of street corners lined church next to synagogue, next to mosque, newspapers that can print anything they want, women who can do anything they want including taking a rocket ship to outer space, vote, and play soccer. This is a plural society. That means we accept more than one idea. It offends them. So yes, she does have a point,but that certainly doesn't mean you should listen to her.

Se sostituiamo la parola "sanguigna" con la parola "violenta"

Chiudendo una vecchia storia della scorsa primavera, sottraendo un argomento sostanziale ("Bisogna capire il contesto, chissà cosa gli ha detto, il figlio malato") alla linea "due ceffoni", arriva Delio Rossi stesso che in un'intervista segnalata qui dice:
"Ma cosa le aveva detto Ljajic?"
"Sono state date tante versioni. Nessuna è vera. Non c’è insulto personale o parolaccia grave, non mi è andato il sangue alla testa per stupidaggini o gesti da bambino; mi sono semplicemente arrabbiato, come un allenatore fa con un proprio giocatore che non gradisce il cambio. [... ] Lì, in quel momento, in quel preciso momento c’era da ristabilire un ordine, e l’ho fatto in maniera sanguigna."

venerdì 14 settembre 2012

Now the king told the boogie men: "You have to let that raga drop."

[Sì, sto aggiornando il blog, ah, quanto tempo!]

Ho letto un po' di cose sulle "rivolte" dei paesi arabi, e ne ho pensate altre sui doppi standard ancora molto diffusi da questa parte del mondo -anche a sinistra- tramite cui si valutano e si contestualizzano e si circostanziano le più disgustose manifestazioni di fanatismo islamico. Poi ho letto un tweet di Giovanni Fontana con la citazione perfetta del gigantesco Hitchens:
It's not something that happens because people misinterpret the texts, it's because they believe in them, that's the problem.