Titolo del post preso da questa roba che ho scritto un anno fa.
Durante la cena del veglione di Capodanno, si chiacchierava del più e del meno. Fra le tante chiacchiere, c'è stata una breve discussione sull'assegnazione del Nobel per la pace a Obama.
Durante la cena del veglione di Capodanno, si chiacchierava del più e del meno. Fra le tante chiacchiere, c'è stata una breve discussione sull'assegnazione del Nobel per la pace a Obama.
Gio diceva no, cazzata, Obama è comandante in capo di una nazione in guerra. Io ripetevo quello che più o meno avevo scritto qui: è un incoraggiamento, una buona idea, niente di più.
[Nel frattempo, Obama ha spiegato qui quello che pensa della guerra, della pace e del rapporto che c'è fra queste due condizioni. Ma non è questo il momento.]
Dopo aver ripetuto quella cosa, ho tirato fuori un'argomentazione della cui validità sono il primo a dubitare.
E cioè: e poi il Nobel per la pace l'hanno dato pure ad Arafat.
Per difendere la bontà di una decisione, ne ho chiamata in causa una precedente e simmetrica, la cui bontà è però diffusissimamente (direi universalmente, ma non me la sento di escludere che qualche sciagurato là fuori abbia condiviso, ai tempi) ritenuta pari allo zero.
Cioè: se in un contesto qualsiasi (in questo caso di riconoscimento internazionale), a un certo punto, si fa la gran cazzata suprema delle cazzate, allora poi va bene anche una cazzatina. Il grosso errore del passato diventa un po' la giustificazione di mezzi errori nel presente.
Naturalmente, nei casi in cui si verifichino danni diretti e tangibili, l'argomentazione non vale più, o perlomeno diventa assai sciocca:
-Cosa fai? Ti butti nel vuoto da 5 metri?
-Eh, l'altra volta mi sono buttato da 7 e mi sono solo rotto una caviglia.
E bravo pirla.
Una più recente versione di questa menata dialettica si ripresenta per via dell'iniziativa del comune di Milano di intitolare una via a Bettino Craxi, Presidente del Consiglio prima e latitante poi.
Nella polemica che ha seguito, e che seguirà senz'altro nei prossimi giorni, la fazione favorevole all'intestazione sta molto ricorrendo a un'argomentazione che dal punto di vista logico è decisamente simile alla mia. L'antifona, più o meno, dice: in Italia ci sono via Stalin e via Mussolini, perchè non possiamo avere via Craxi?
Al di là della mia posizione personale (che è parecchio indifferente, ma se proprio dovessi esprimermi direi perchè no, senza la minima disposizione a discuterne per più di trenta secondi) mi chiedo quanto valga una logica simile dal punto di vista retorico, e quanto il suo frequente utilizzo (o la sua frequente contestazione) possa dire dell'idea delle cose che abbiamo.[Nel frattempo, Obama ha spiegato qui quello che pensa della guerra, della pace e del rapporto che c'è fra queste due condizioni. Ma non è questo il momento.]
Dopo aver ripetuto quella cosa, ho tirato fuori un'argomentazione della cui validità sono il primo a dubitare.
E cioè: e poi il Nobel per la pace l'hanno dato pure ad Arafat.
Per difendere la bontà di una decisione, ne ho chiamata in causa una precedente e simmetrica, la cui bontà è però diffusissimamente (direi universalmente, ma non me la sento di escludere che qualche sciagurato là fuori abbia condiviso, ai tempi) ritenuta pari allo zero.
Cioè: se in un contesto qualsiasi (in questo caso di riconoscimento internazionale), a un certo punto, si fa la gran cazzata suprema delle cazzate, allora poi va bene anche una cazzatina. Il grosso errore del passato diventa un po' la giustificazione di mezzi errori nel presente.
Naturalmente, nei casi in cui si verifichino danni diretti e tangibili, l'argomentazione non vale più, o perlomeno diventa assai sciocca:
-Cosa fai? Ti butti nel vuoto da 5 metri?
-Eh, l'altra volta mi sono buttato da 7 e mi sono solo rotto una caviglia.
E bravo pirla.
Una più recente versione di questa menata dialettica si ripresenta per via dell'iniziativa del comune di Milano di intitolare una via a Bettino Craxi, Presidente del Consiglio prima e latitante poi.
Nella polemica che ha seguito, e che seguirà senz'altro nei prossimi giorni, la fazione favorevole all'intestazione sta molto ricorrendo a un'argomentazione che dal punto di vista logico è decisamente simile alla mia. L'antifona, più o meno, dice: in Italia ci sono via Stalin e via Mussolini, perchè non possiamo avere via Craxi?
Io ci trovo qualcosa di sbagliato, ma poi ci casco facilmente.
(Per dire, appunto, dell'idea delle cose)
1 commento:
Intanto diciamo che Arafat è nato a Gerusalemme e non a Ramallah.
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