venerdì 16 marzo 2012

"Science isn't something you believe in: science has to be proven, or they don't get to call it science."

Ho appena letto un'intervista fatta a Caparezza. Non sono un suo fan, ma mi è sempre stato simpatico e diverse sue canzoni mi piacciono abbastanza. Gli vorrei dire qualche cosa.

La prima è che la differenza fra agnostici e atei è una di quelle capriole linguistiche tanto eleganti quanto prive di sostanza. Dal punto di vista stilistico, non è male sostenere di essere agnostici piuttosto che atei. L'agnosticismo rievoca un'inclinazione al dubbio, e il dubbio veicola sempre prudenza intellettuale, saggezza e moderazione critica. Capita di sentirsi dire che gli atei sono come i credenti, solo al contrario. Gli agnostici invece rivendicano la pratica di una terza via più razionale e consapevole dei propri limiti. Bah. Dice Wikipedia:
La differenza sta nel fatto che, mentre l'agnostico afferma semplicemente l'impossibilità di conoscere la verità sull'esistenza di Dio o di altre forze soprannaturali, l'ateo non crede nell'esistenza di alcun Dio o qualsiasi altro tipo di entità o forza superiore.
Più ci penso, più il nodo della questione mi sembra ridursi a un gioco di parole. Mentre l'ateo dichiara di non credere in dio, l'agnostico dichiara di preferire una sospensione del giudizio, in ragione del fatto che l'esistenza di dio è ipotesi preclusa a una conoscenza verificabile. Il punto è che se gli atei sono atei, è precisamente in ragione del fatto che l'esistenza di dio è ipotesi preclusa a una conoscenza verificabile. La differenza, semmai, sta nella lucidità di procedere in modo consequenziale e raggiungere una conclusione razionale e adeguata alle premesse: se l'osservazione di un fenomeno è automaticamente interdetta dalle caratteristiche essenziali del fenomeno stesso, è logico pensare che quel fenomeno non esista, mentre è illogico crederci quanto lo è astenersi dal ragionare sulla sua esistenza. Non ci si può astenere dal porsi il problema dell'esistenza di qualcosa che non è dimostrabile empiricamente. L'astensione prevede una scelta che in questo caso è sottratta dall'oggetto stesso dell'osservazione. Se l'esistenza di dio non è dimostrabile, non è dimostrabile: da che mi astengo?
Io sono ateo, e non lo so se dio esiste. "Non lo so" significa che le prove a mia disposizione per affermare la sua esistenza sono insufficienti: e finchè non lo so, penso che non esista. Finché non lo so, resto ateo. Ma non si tratta di una posizione a priori: è invece una persuasione a posteriori, continuamente confortata dalla non-osservazione di dio. Se domattina mi sveglio e dopo aver aperto gli occhi vedo dio, e se verifico l'osservazione in virtù di elementi concreti, allora non è che ci credo: sperimento la sua esistenza. Lo conosco. Lo so che c'è. Non è un atto di fede, non è un dogma: è una roba lì da vedere.
E poi: come si comportano gli agnostici rispetto alle dottrine liturgiche delle varie fedi religiose? Ogni tanto pregano perché, vai a sapere, io mi astengo dal giudizio ma magari dio c'è? Rispettano i comandamenti pari e non quelli dispari? Ho la sensazione che anche da questo punto di vista gli agnostici si comportano esattamente alla stregua degli atei: come se dio non ci fosse. 
Insomma, la mia posizione è piuttosto drastica sul tema: penso che gli agnostici siano atei che si chiamano agnostici. 

La seconda cosa è che a me non me ne frega una mazza che Padre Pio fosse perseguitato dalla Chiesa ufficiale, come dice Caparezza. L'indipendenza di giudizio è un valore che va applicato a qualsiasi ambito di cui c'interessiamo. Posso al limite solidarizzare con uno che viene perseguitato dalla Chiesa, ma la cosa di per sè non costituisce una ragione sufficiente alla determinazione di un mio apprezzamento. A Hitler piaceva Wagner: che bisogna fare? Proibirne l'ascolto alla specie umana? Thomas Jefferson possedeva degli schiavi: devo andare in Thailandia a comprare un paio di ragazzine?
Il punto è che Padre Pio era un imbroglione fatto e finito, come peraltro ha dimostrato uno storico qualche anno fa. E a me gli imbroglioni fatti e finiti non stanno simpatici, soprattutto quando fanno leva sulla fede religiosa di una società culturalmente deprivata e arretrata come quella pugliese d'inizio Novecento. 

La terza cosa è che questo libro è uscito nel 2008, e questa sua canzone nel 2012. Eh.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Non sono d’accordo. Di fatto nel tuo post riduci l’argomento sull’esistenza di Dio alla fede, ed in questo modo arrivi a concludere che l’agnostico, che dice che le prove non ci sono, e l’ateo, che dice che dio non esiste, si riducono allo stessa figura in quanto entrambi non credono in Dio. Però, in questo modo dimentichi Anselmo, Cartesio, Leibniz e le loro dimostrazioni ontologiche, Aristotele e Newton e la loro dimostrazione fisico-teologica, Tommaso e la dimostrazione cosmologica, ma anche Kant e il suo postulato etico-pratico. Di rimando, siccome nel tuo post l’esistenza di Dio non è dimostrabile, per te, nemmeno la sua inesistenza è dimostrabile, dimenticando però la totalità dei sofisti greci e la loro dimostrazione della relatività di tutte le cause finali, d’Holbach e il suo materialismo, Feuerbach e Marx e la dimostrazione dell’inesistenza dello spirito assoluto di Hegel; Nietzche con la morte di Dio e l’epifania del super uomo e, per limitarci ai nomi più importanti, Sarte con la contraddizione tra essere in sé e essere per sé. Negando la possibilità di una dimostrazione logica e ontologica dell’esistenza o dell’inesistenza di Dio ti posizioni evidentemente nel campo degli agnostici, ma così facendo non riduci gli agnostici ad atei, ma gli atei ad agnostici. Tuttavia gli atei non si limitano a dire non ci credo o non lo so, ma cercano di dimostrare logicamente che dio non esiste, esattamente come i deisti non si riducono ad essere dei credenti.

GF ha detto...

La mia formazione filosofica non è approfondita e si limita al triennio del liceo. Sono però consapevole del fatto che nel corso della storia del pensiero ci sia stato un dibattito, di cui non voglio ridicolizzare l'importanza. Ma l'impostazione del mio post è evidentemente meno strutturata e più spontanea: a me sembra che la differenza sostanziale fra atei e agonistici è che i primi tirano le conclusioni logiche di cui i secondi condividono le premesse.

"Di fatto nel tuo post riduci l’argomento sull’esistenza di Dio alla fede" Ti prego di non percepire la mia domanda come polemica: mi spieghi, essenzialmente, di che altro si tratterebbe?

"Di rimando, siccome nel tuo post l’esistenza di Dio non è dimostrabile, per te, nemmeno la sua inesistenza è dimostrabile" No. Io credo che l'inesistenza sia continuamente dimostrata, giorno dopo giorno, dal fatto che non risultano evidenze dell'esistenza. Ricordo abbastanza bene la differenza spiegata da Kant fra conoscenza fenomenica e conoscenza noumenica: il mio scetticismo deriva da lì. Io penso che le "cose in sè" non esistano finché non si manifestano sensibilmente. E se la loro caratteristica sostanziale è quella di sottrarsi alla manifestazioni sensibili, non vedo perché mi dovrei fermare alla sospensione del giudizio.

E poi non si capisce per quale motivo spetti agli scettici l'onere di dimostrare la non-esistenza di dio: polemica fatta sua da Russell e risolta formidabilmente con la metafora della teiera, che sicuramente conoscerai.

"Tuttavia gli atei non si limitano a dire non ci credo o non lo so, ma cercano di dimostrare logicamente che dio non esiste" Credo che il loro tentativo di dimostrazione sia ispirato dalla stessa predisposizione condivisa dagli agnostici: l'insufficienza di prove che confortano l'esistenza, e il procedimento logico consequenziale in base a cui finché non ci sono prove verificate dell'esistenza di un'entità, è logico affermare che quell'entità non esiste. Gli agnostici non lo fanno, hai ragione: e non capisco che cosa li ostacoli.

Ps: in tutto ciò, prendo anche in considerazione l'ipotesi di essere testardo io, ma ti assicuro che partecipo alla discussione con tutta la predisposizione a essere persuaso di cui sono capace.