In his June 2009 Cairo speech Obama said, "America respects the right of all peaceful and law-abiding voices to be heard around the world, even if we disagree with them. And we will welcome all elected, peaceful governments—provided they govern with respect for all their people."That speech really said it all. But now the moment has come when President Obama must demonstrate that his words were not just words. One way or the other, hard consequences will follow. The end of the Mubarak era will also spell an end to Egypt's cold peace with Israel. No post-Mubarak government, and certainly not one populated with Muslim Brotherhood members, will tolerate the continued blockade of their Hamas cousins in Gaza. Israel will thus be faced with additional strategic incentives to end its occupation of the West Bank, dismantle its settlements and quickly recognize a Palestinian state based largely on its 1967 borders. But as the recent leak of Palestinian-Israeli negotiating transcripts demonstrates, the detailed contours of a final settlement are all in place.Change is coming to the Arab world. It can no longer be held back. So the pragmatist and not just the idealist in Obama would be wise to make it clear that he really is on the side of the protesters in the streets of Cairo. It is time to stop hedging our bets.Qui.
lunedì 31 gennaio 2011
Copiare, incollare, essere d'accordo anche con le virgole
giovedì 27 gennaio 2011
Quantità quasi imbarazzante e senza dubbio mortificante di foto strafighe, scattate a persone strafighe
martedì 25 gennaio 2011
lunedì 24 gennaio 2011
Ma se capirai, se li cercherai fino in fondo
Scrivo due righe per difendere, diciamo così, le prostitute che hanno frequentato la villa di Arcore da critiche, prediche e commiserazioni varie.
Soprattutto commiserazioni: inizio a non sopportare più commenti espressi sulla linea "Poverine, mi fanno pena, sono sfruttate."
E quindi, in estrema sintesi: hanno usato il loro corpo per fare soldi. Parecchi soldi. Consenzienti. Liberamente. Non hanno fatto male a nessuno. La cosa può piacerci o non piacerci. Entrambe le posizioni hanno la caratteristica di essere goffamente irrilevanti.
A differenza del Cav, qualsiasi cosa abbiano fatto, l'hanno fatta rappresentando se stesse. Nessun altro. Sta roba che ci debbano fare pena ha rotto le palle.
Stragrancazzi loro.
Fine.
domenica 23 gennaio 2011
Domandina della domenica, suscitatami da voci francesi che parlano delle proteste tunisine
Ma la finite di usare l'espressione "Società civile" ogni volta che vi riferite a un numero di persone equivalente a quello richiesto per una partita di basket?
sabato 22 gennaio 2011
And who pulls the strings
Dunque ancora una volta Signorini tenta il bersaglio di sempre, spostare l'Italia delle famiglie, traslocarla da Porta a Porta e dai giornali-istituzione nel melodramma e nel rotocalco. In quel rituale del potere berlusconiano che è sempre stata l'informazione, il Signorini che trionfa in radio e in televisione e intanto dirige con successo le corazzate "TV sorrisi e canzoni" e 'Chi?', definitivamente ha seppellito Bruno Vespa, rimasto inchiodato al nove per cento. A differenza di Vespa, che è il nome del suo cane di casa, "un cane lesbo-chic", Signorini sa infatti essere spietato, impicca D'Alema con il cappio di cachemire, ridicolizza il suo rivale Vinci facendolo ballare con Belen, cult del grottesco blob, pubblica le foto in panza e braghe di chi parla male di Berlusconi che invece è ritratto come un re, inventa il gossip, addomestica il retroscena...Ma attenzione: mentre aggiusta Rubi aggiusta anche se stesso, si impossessa mani e piedi della fase terminale del berlusconismo. Mi raccontano di un cavaliere infuriato per un servizio di "Chi?" su Italo Bocchino e di un Signorini che gli tiene testa e invita... Bocchino a Kalispera: meglio lo serve e più si libera, più si rende necessario e meno obbedisce. Insomma ha conquistato un potere che non ha più nessuno: alla Mondadori, al Giornale di Sallusti, a Mediaset, in Rai e in quel che resta del partito del Popolo della libertà e nei conseguenti, trasversali libri paga. Ma quel che Confalonieri chiamava " il gioco mozartiano di Silvio" nelle sue mani diventa farsa grottesca, il giullare sostituisce Machiavelli, sogna di diventare l'amministratore unico dello sfascio, vuole la tutela sgargiante del fallimento politico.
martedì 18 gennaio 2011
Ambé
La qualità e la misura del dibattito recente a proposito del riemerso "puttanaio" che riguarda il Presdelcons e altra gente, stanno tutte in questa frase di Maurizio Belpietro:
Meglio un vecchio porco, di tanti giovani ipocriti tipo Fini
sabato 15 gennaio 2011
No hay banda
I've been mad for fucking years. Absolutely years.
Una delle cose che facevo molto da adolescente, era ascoltare musica. Ne ascolto molta anche ora, eh. Solo che da adolescente avevo un'abitudine che poi ho perso, purtroppo: ascoltare musica e nient'altro. Stravaccato sul divano, magari con i testi da leggere. Ascoltare musica. Musica. Ascoltare.
Ora, ascolto musica mentre spippolo al pc, mentre faccio i mestieri, mentre faccio la doccia, mentre guido, mentre chiacchiero con qualcuno. Per quanto sia rimasta una passione, la musica, a differenza di cinema e libri si è trasformata. Guardi i film, e non fai altro. Leggi, e non fai altro. Ascolti musica, e fai altro. La musica, da colonna sonora, si è involuta a sottofondo. Ha perso un po' rilevanza. Perché -sta qui il nocciolo- sembra un po' di perdere tempo, quando si ascolta musica senza fare altro.
Stasera, gli amici miei sono usciti. Io sono rimasto a casa. Ho messo il cd di The dark side of the moon nel lettore. Ho alzato il volume, un bel po'. E l'ho ascoltato. Al primo giro, senza fare assolutamente nient'altro. E così, la musica ha ritornato a essere quello che dovrebbe essere, autenticamente: un'esperienza individuale condivisa con meccanismi di produzione artistica. Un'esperienza intima, che assorbe il tuo tempo e lo distribuisce secondo dopo secondo, consacrandolo alla fruizione di armonie e melodie.
Il secondo giro è appena finito. Ora comincia il terzo.
There is no dark side of the moon, really. Matter of fact, it's all dark.
martedì 11 gennaio 2011
Avrebbe preferito andarci d'inverno
Invece di studiare un po' di letteratura italiana, sto guardando online pezzi e pezzettini di cose su De André. Che oggi sono diversi anni che è morto.
E io De Andrè lo conosco male, ma bene. Cioè conosco molto bene la parte più mainstream della sua produzione, il suo nutrito mucchietto di canzoni impeccabili e poderose, quelle che qualunque appassionato di musica, per un motivo o per l'altro, più o meno deve conoscere. Però conosco quelle, appunto. Di un gruppo come i Baustelle, per nominarne uno a caso, ne conosco molte di più, e conosco anche i pezzi minori. Questo giusto per chiarire un po' la mia posizione: per quanto mi inginocchi alla sua bravura, non sono un fan, di De Andrè. Non ho mai passato pomeriggi ad ascoltarlo. Sono scemo? Eccome.
E non lo so, ma rivedendo questi filmati, mettendoli insieme ai commenti che si fanno sempre su di lui, ho idea che la percezione collettiva di De Andrè lo stia trasformando in qualcosa che -immagino- De Andrè stesso non volesse diventare. Cioè un mito, un'icona. Uno di quelli che poi si impolvera e, qualche capriola dopo, diventa un intoccabile della cultura nazionale. Tipo Ungaretti, per dire.
Cosa c'è di male? Boh, forse niente.
Però mi sembra che questa imbalsamazione stia sottraendo a De Andrè una parte consistente della sua figura. E cioè quella un po' sbandata, satirica, bruciante, quella da cantastorie radicale, da rivisitatore di Cecco Angiolieri.
Perché può pure finire sui manuali di storia della letteratura italiana, De Andrè. E molti suoi fan ne sarebbero felici. Io stesso ne sarei felice, se non temessi che questo passaggio e questa consacrazione post-mortem cancellino dalle sue qualità autentiche il lato più dirompente e affascinante del suo contributo musicale.
Parlo del De Andrè delle puttane, del non avevano leggi per punire un blasfemo, del vino, dei pescatori che aiutano gli assassini e dei gorilla che scappano dalla gabbia per inculare i giudici infami. Parlo di tutto quel solido e ricorrente strato di riferimenti alla cultura profana, goliardica e dissacrante che risale al Medioevo e che lui esprimeva con una modernità, una spontaneità e una consapevolezza che nessun altro, né prima né dopo.
Mi sembra che questo lato della produzione e -più in esteso- della vita di De Andrè si sia molto sciupato, soprattutto perché sacrificato sull'altare della retorica secondo cui De Andrè è un poeta, un intellettuale, un maestro di linguaggio.
Come se i due lati fossero percepiti in rapporto d'inconciliabilità automatica, e si preferisca concentrarsi sui diamanti, abbandonando il letame.
Dal quale, però, e questa è troppo facile, nascono i fior.
mercoledì 5 gennaio 2011
Take these chances/2
Vai a sapere per quali motivi, ma nel multiforme mondo del mercato musicale esistono band molto cagate in USA e molto poco cagate in Europa.
La Dave Matthews Band è una di quelle band, come mi ha confermato anche un loro fan americano qualche anno fa. Per capirci, la scorsa estate la DMB ha messo insieme 62 date in 50 città diverse. Una media davvero notevole, considerando che non avevano nemmeno un disco da promuovere.
A me piace abbastanza, la DMB. Non solo perché il loro leader ha recitato una parte dentro a una puntata di Doctor House, ma soprattutto perché è gente che suona un rock piuttosto elaborato, che si appoggia molto su influenze jazz, senza però rinunciare all'efficacia melodica dei brani composti.
Ho ascoltato un bel po' di volte Remember two things, anni fa, e ne ho conservato un bel ricordo. Mi è sempre piaciuta molto la prima traccia di quel disco: Ants marching, anche perché, trasferendola sull'esperienza umana, cerca di sovvertire la convenzionale metafora di apprezzamento dell'esistenza alacre e operosa delle formiche.
Sia chiaro che a me stanno molto simpatiche le formiche, come quasi tutti gli insetti. Però mi piace lo sforzo di considerare il tutto da un punto di vista diverso: Ants marching parla di esistenze concitate e tuttavia molto statiche, vissute col fiato corto e sgretolate dalla routine, settimana dopo settimana. Parla di uomini che vivono come formichine, e parla alla formichina che respira in ciascuno di noi, senza cedere a fastidiosi e ipocriti toni snobistici da rockstar inconsapevole delle sue grasse fortune.
E quello è Central Park. New York City. Pieno zeppo di gente.
E ho appena letto un articolo su Slate che mi ha molto colpito.
Stando alle cifre pubblicate dalla rivista Billboard, negli ultimi 10 anni la DMB ha venduto più biglietti di qualsiasi altra band del pianeta: 11.230.696. Il dato ancora più incredibile è la cifra di denaro complessivamente incassata: 500.000.000 di dollari.
Cinquecentomilioni di dollari. Una band che in Europa è conosciuta poco e male.
Oltre all'afflusso oceanico di fan, uno dei segreti del successo, spiega il pezzo di Slate, è il basso costo dei concerti della DMB: anche Lady Gaga raccoglie cifre altissime, ma i suoi concerti coinvolgono uno staff molto più esteso e pretenzioso. Quindi le esibizioni costano molto di più: i suoi primi pezzi di tour mondiale, addirittura, andarono in perdita.
Ai concerti della DMB i fan vanno perché adorano le canzoni. Non ci vanno per godersi coreografie spettacolari e balletti trascinanti. Ma soprattutto, ci vanno per gustare le spiccate doti di improvvisatori dei componenti del gruppo, peculiarità che esalta l'elemento d'imprevedibilità di ogni show e accende ogni volta gli entusiasmi dei cultori, sempre -legittimamente- speranzosi di assistere a spettacoli mai uguali ai precedenti.
Quindi il valore aggiunto dei concerti è connaturato al valore della band, e non comporta investimenti ulteriori.
E l'amore per la musica fine a se stessa, per il ricamo armonico e per la concessione di spazio all'estro del momento tornano a casa tranquilli, sazi e sereni. Per la felicità di noialtri.
Poi il pezzo si conclude con un parallelo -in riferimento alle strategie con cui si conducono i tour- a una delle band più influenti degli anni '60, i Grateful Dead.
Però lo copincollo e poi vado a letto. Ascoltando Ants marching, naturalmente.
If that sounds familiar—not the music, the strategy—it's because DMB is pulling an old trick, one pioneered by the Grateful Dead, a band beloved of business school professors and folk-lovers alike. As described in the delightful Marketing Lessons From the Grateful Dead, the famed jam band produced only a few well-known albums and songs. But they toured constantly—playing about 200 shows a year from 1965 to 1995. And they courted their fans, treating the concert like a service rather than a commodity, and their fans like members of a community rather purchasers of a product. Lo and behold, the Dead became one of the most successful bands of all time.
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